L'interrogativo, ormai sospeso per aria da tempo, è diventato persino noioso nella sua ripetitività e nelle more di un parto che sembrava infinito, tanto da far temere che si fosse trattato di una grottesca gravidanza isterica. Nascerà o non nascerà il Governo fra Lega e "Cinque Stelle"? Se qualcuno su un'isola deserta, senza collegamenti esterni, ricevesse con un giorno di ritardo un solo quotidiano - come unico cordone ombelicale con il mondo - sarebbe nella curiosa situazione di essere regolarmente disinformato. Ciò avverrebbe per le alterne vicende che uccidono i poveri titolisti sull'orlo di una crisi di nervi, poiché la vicenda somiglia davvero alle fatiche di Sisifo con il masso che spinto in cima ricadeva - in un supplizio infinito - verso il basso. Quanto avvenuto in questi giorni, quando si è arrivati vicini al risultato, vale a dire alla formazione di un Governo, ritornando poi al nulla di fatto per poi invece - così pare - virare al sereno (per loro, non per noi). Magari il miracolo avverrà ad horas con una corsa dal ritmo dei cento metri piani, perché raggiungere il Potere non è un fatto secondario ed i "Cinque Stelle" sono impazienti e pronti a tutto, mentre la Lega lo fece già senza scrupoli nei Governi del passato con Silvio Berlusconi.
Ma oggi - contando sulla smemoratezza degli elettori - cavalcano la tigre della protesta, come se mai avessero avuto responsabilità di governo e lo stesso vale per i reciproci insulti fra leghisti e grillini archiviati in tutta fretta in una pace improvvisa fatta di convergenze e moine. A meno che non risulti essere un "gioco del cerino" in cui si vogliono far bruciare le dita del proprio avversario. Questo "volemose bene" dopo mille liti muscolari è quanto di più insopportabile possa avvenire e ricorda, in salsa valdostana, la storia fra Union Valdôtaine e Union Valdôtaine Progressiste e quel rapporto di odio e amore a fasi alterne che ancora oggi fa rimanere di sasso buona parte degli elettori valdostani. E - detto incidentalmente - ciò rende la vita difficile nei rapporti con gli elettori che non si fidano più dei politici, quando nel nome dei massimi sistemi cambiano molto semplicemente posizione, rompendo quel legame pattizio che è alla base del rapporto di fiducia reciproca al momento del voto. Soprattutto quando le giustificazioni di certi cambi di strategia e di posizione non sono per nulla convincenti e resta il retrogusto di qualcosa di non detto, di non svelato, che forse un giorno apparirà nella sua cruda nudità. Nessuno pretende che la politica sia attività da verginelle pudibonde, ma non va bene neppure il suo esatto opposto. In questi anni in troppi, nell'area autonomista, hanno digerito l'indigeribile, spesso accettando supinamente le abborracciate spiegazioni di certi leader o per un fideismo cieco o per la paura di contraddire chi comanda. Ho partecipato in passato a riunioni e assemblee in cui il silenzio era considerato oro colato ed ogni richiesta di avere notizie e di capire meglio le situazioni rappresentava una sorta di lesa maestà da spurgare. Questo svilimento del dibattito pubblico, con persone contente di farsi mettere se non mettersi la museruola e di scodinzolare a comando, non ha solo riguardato le riunioni di partito ma anche le riunioni del Consiglio Valle con troppi silenti pronti alla sola obbedienza. Questo svilimento delle funzioni parlamentari è assurto a livelli mai visti con interventi di maniera e votazioni a scatola chiusa, che poi si sono trasformate in problemi seri per chi non avesse approfondito dossier delicati con in ballo un sacco di soldi. E la legge non ammette ignoranza, specie per chi eserciti funzioni pubbliche di elevato rilievo e non può fare finta che se c'era dormiva oppure che non a ben capito di che cosa si parlasse... La politica è una cosa seria e lo ricordava uno dei fondatori di MOUV', prematuramente scomparso, Claudio Brédy: «Questa idea della politica come connessa alla felicità umana, di cui crea le pre-condizioni materiali, è ben lontana da quella che ne hanno oggi i cittadini. I sentimenti più diffusi sono invece il cinismo, la disillusione, l'indifferenza, l'insofferenza, sfocianti spesso in un qualunquismo che esprime lontananza e disprezzo verso la politica e i politici. Questi sentimenti sono comprensibili se si pensa ai tanti fallimenti, delusioni e scandali che la politica, anche in Valle d'Aosta, ha prodotto. Tuttavia, l'ondata dell'antipolitica generata da tali sentimenti, porta con sé i germi dell'antidemocrazia, della svalutazione del "pubblico" e del "politico", insita nella visione "mercantilistica" dominante. Che fare quindi? Innanzitutto non rassegnarsi ma partecipare, e in Valle è importante farlo per contrastare la concentrazione di potere, il sistema opaco delle clientele, per riaffermare una politica in cui tornino a prevalere le capacità, l'onestà, la legalità, la coerenza e l'equilibrio». Altro che ribaltoni, controribaltoni, inciuci, trasformismi, opportunismi e scandali giudiziari che non possono generare indifferenza che diventi null'altro che complicità.