Basta leggere una poesia, "Il Presepe" di Salvatore Quasimodo, per evocare in alcuni versi la logica di questo simbolo della natalità: Natale. Guardo il presepe scolpito, dove sono i pastori appena giunti alla povera stalla di Betlemme. Anche i Re Magi nelle lunghe vesti salutano il potente Re del mondo. Pace nella finzione e nel silenzio delle figure di legno: ecco i vecchi del villaggio e la stella che risplende, e l'asinello di colore azzurro. Pace nel cuore di Cristo in eterno; ma non v'è pace nel cuore dell'uomo. Anche con Cristo e sono venti secoli il fratello si scaglia sul fratello. Ma c'è chi ascolta il pianto del bambino che morirà poi in croce fra due ladri?».
Capisco come la questione del Presepe continui a fare notizia per la scelta di considerarlo un simbolo confessionale dei cristiani che può turbare i bimbi di altra religione, specialmente gli islamici, anche se poi la figura di Gesù - ovviamente con un peso diverso - esiste pure nel "Corano". Ma credo che quel che conti, anche per chi non crede al ruolo del Messia, sia rappresentato dal messaggio complessivo legato alla sua nascita. Per cui credo si non comprensibile ogni scelta di cancellare i Presepi laddove sino ad oggi venivano allestiti. Mi è capitato di raccontare come in Valle Aurina, a Luttach, nel Tirolo del Sud, ci sia un museo, il "Maranatha" (dall'Antico Testamento nel significato «Signore nostro, vieni!»), considerato la più grande esposizione di presepi in Europa. Sul sito c'è una spiegazione della nascita del Presepe, che qui riporto, scritta da Steger Conrad: «In tutto il mondo durante il periodo natalizio, laddove i cristiani festeggiano l'incarnazione di Dio, esiste l'usanza di erigere presepi nelle case e nelle chiese. I presepi sono rappresentazioni artistico-figurative della nascita di Gesù nella mangiatoia di una stalla a Betlemme. Nella capanna vediamo la Sacra Famiglia e i pastori, sullo sfondo l'asino e il bue. L'adorazione dei saggi d'Oriente, i tre Re Magi, viene inclusa nel paesaggio il 6 gennaio. Gli evangelisti Luca e Matteo furono i primi a descrivere la storia dell'incarnazione di Cristo. E' famoso il Vangelo di Natale di Luca, apparso nel secondo secolo dopo Cristo e poi divulgato nelle prime comunità cristiane. Già nel Quarto secolo troviamo a Roma (nelle catacombe) immagini della natività. L'origine esatta del presepio è difficile da definire, in quanto è il prodotto di un lungo processo. E' storicamente documentato che già in tempo paleocristiano, il giorno di Natale nelle chiese venivano esposte immagini religiose, che dal decimo secolo assunsero un carattere sempre più popolare, estendendosi poi in tutta l'Europa». Poi l'autore riporta un fatto noto: «Comunemente il "padre del presepio" viene considerato San Francesco d'Assisi, poiché a Natale del 1223 fece il primo presepio in un bosco. Allora, Papa Onorio III, gli permise di uscire dal convento di Greggio, così egli eresse una mangiatoia all'interno di una caverna in un bosco, vi portò un asino ed un bue viventi, ma senza la Sacra Famiglia. Poi tenne la sua famosa predica di Natale davanti ad una grande folla di persone, rendendo così accessibile e comprensibile la storia di Natale a tutti coloro che non sapevano leggere». Si aggiungono altri particolari interessanti nella creazione di queste immagini e figure: «Nella Cappella Sistina della Chiesa di Santa Maria Maggiore a Roma, si può ammirare uno dei più antichi presepi natalizi. Fu realizzato in alabastro nel 1289 da Arnolfo da Cambio e donato a questa chiesa. Il presepio ha la forma di una casetta, in cui è rappresentata l'adorazione dei Re Magi. Si considerano precursori del presepio anche gli altari gotici intagliati con immagini della natività, che non fu possibile rimuovere». Insomma una storia sufficientemente antica perché una tradizione si radichi, come si vede in molte località valdostane e cito fra le altre l'esposizione nel Borgo di Bard. Da bambino costruivo il Presepe, riposto com'era da un anno all'altro in apposita scatola ed era un interessante gioco di pazienza. Forse ho già raccontato che mi capitò, mentre allestivo le luci, di prendere la scossa, con il rischio di rimanerci e mi creò, nel mio piccolissimo, una sorta di crisi. Avrò avuto una dozzina d'anni e fu per un rovello il fatto di aver rischiato la ghirba proprio mentre compivo un gesto affettuoso verso l'Altissimo.