Nessuno è depositario di verità assolute e chi, in politica, è convinto del contrario mi fa paura, perché in quel caso esiste un germe che può svilupparsi in forme blande di autoritarismo sino ad arrivare al capolinea con sistemi totalitari più o meno duri. La Democrazia ha dimostrato più volte di essere un sistema fragile e non c'è bisogno di "golpe" per abbindolare i popoli, talvolta come punto di partenza bastano ed avanzano "libere elezioni". Talvolta rileggo quel testo cinquecentesco, che scava ancora con freschezza nelle debolezze dell'animo umano. Si tratta del "Discours de la servitude volontaire" di Étienne de La Boétie: «...vorrei soltanto riuscire a comprendere come sia possibile che tanti uomini, tanti paesi, tante città e tante nazioni talvolta sopportino un tiranno solo, che non ha altro potere se non quello che essi stessi gli accordano, che ha la capacità di nuocere loro solo finché sono disposti a tollerarlo, e che non potrebbe fare loro alcun male se essi non preferissero sopportarlo anziché opporglisi».
Ma esiste un altro pericolo, che vedo nella politica valdostana in questi anni di incertezza politica e di ribaltoni e contro-ribaltoni. Si tratta, grattata la crosta di nobili motivi e mirabolanti promesse di cambiamento, di una realtà di vero e proprio "tran tran", voce onomatopeica imitativa del movimento lento e regolare di un veicolo, di una macchina, ad indicare un andamento di vita, un ritmo di lavoro lento e monotono Si può usare anche il francese "routine", cioè "Habitude d'agir ou de penser devenue mécanique" o meglio nel caso in esame "La routine est l'ensemble des habitudes et des préjugés considérés comme faisant obstacle au progrès". Nulla di offensivo verso chi se ne fa interprete, scegliendo le formule più bislacche, superando modi di vedere le cose diverse con storie politiche differenti ed intrise persino di inimicizie profonde superate nella logica nobilissima della riconciliazione per il bene pubblico, ma poi si scopre che il motore fa "tran tran". Questo - lo scrivo non a caso nel primo giorno dell'anno - la Valle d'Aosta non può più permetterselo, perché qualunque valdostano (intendendo l'accezione più vasta e coinvolgente del termine) avverte che l'Autonomia speciale esprime oggi una situazione di stallo, anzi di arretramento. Non sono qui a assumere un ruolo di giudice verso chicchessia: ho un semplice ruolo di osservatore di una realtà che conosco bene, avendo - ritengo - i titoli per farlo. Il mondo autonomista non finisce più di esprimere le sue contraddizioni, facendo e disfacendo, di fronte a larga parte di popolazione che prende vieppiù le distanze e questo svilisce l'ordinamento autonomista. Quello stesso ordinamento che conta più delle legittime ambizioni personali e dei disegni a sfondo elettoralistico perché alla fine ci si trova ad essere presidenti ed assessori, spesso parenti-serpenti, senza più una popolazione valdostana coesa su alcuni valori di fondo a difesa e per lo sviluppo di questa nostra piccola Regione alpina. Esiste di conseguenza un clima di sfiducia generale degli uni verso gli altri e chi dovrebbe dare esempi non lo fa, creando sconcerto e danneggiando il senso di comunità. Non è un "j'accuse" da cui mi tolgo con ipocrisia. Anche io fatico alla ricerca di strade nuove, fra errori e ingenuità, ma così facendo ho conosciuto gente valida che comprende queste mie preoccupazioni. Spero che anche per questo il 2019 possa essere una tappa importante: una resa dei conti in favore della nostra Autonomia per capire se vivacchiare ha senso o se, invece, si può guardare avanti non per cambiamento da masticare come si fa con semplici slogan, ma progetti con voglia di fare per non piangerci addosso su di una Valle che non va più. Treinadan, Buon anno con tutto il cuore!