Già anni fa raccontai il caso di Vincent Lambert e senza indugio adopero il riassunto chiaro e cronologico di "Wikipedia France": "Est une affaire judiciaire liée au débat sur l'acharnement thérapeutique et l'euthanasie en France dans les années 2010. À la suite d'un accident de la route survenu en 2008, Vincent Lambert, né le 20 septembre 1976 (42 ans), plonge dans un état de conscience minimal, dit "pauci-relationnel", ou plus encore de "conscience minimale plus". Le 10 avril 2013, après plusieurs années passées à essayer sans succès d'améliorer cet état, l'équipe médicale chargée de son cas décide - après avoir consulté sa femme, mais sans l'avis de ses parents ni de ses frères et sœurs - de cesser de l'alimenter et de l'hydrater".
"Cette première procédure est par la suite annulée sur la forme - continua la "Wikipedia" francese - En septembre 2013, le "Chu" entame une nouvelle procédure sur la fin de vie de Vincent Lambert, en convoquant cette fois l'ensemble de la famille par lettre recommandée. Cette nouvelle procédure aboutit également à une décision d'arrêt de le nourrir et de l'hydrater, le 11 janvier 2014. Une longue bataille judiciaire s'engage alors entre deux parties respectivement favorable et opposée à l'arrêt de l'alimentation et de l'hydratation de Vincent Lambert: l'équipe médicale, la femme de Vincent Lambert, son neveu et six de ses huit frères et sœurs d'une part; ses parents et deux de ses frères et sœurs d'autre part. La "Cour européenne des droits de l'homme - Cedh" rend une décision le 5 juin 2015. Cet arrêt, le premier sur ce sujet à être pris en "grande chambre", prend de ce fait une importance exceptionnelle. La Cour y déclare se limiter à constater que la procédure retenue par la France pour cesser de maintenir Vincent Lambert en vie est bien conforme à l'article 2 de la Convention européenne des droits de l'homme. Cet avis de la Cour est important en ce qu'il valide (et montre potentiellement en exemple) le cadre réglementaire français sur la manière d'aborder les malades en fin de vie. Suite au départ de la première équipe médicale s'occupant de Vincent Lambert, une nouvelle procédure est engagée en 2018, concluant à nouveau à l'arrêt des soins. Les nouveaux recours devant le Conseil d'État puis la "Cedh" sont rejetés, et alors que le recours devant le "Comité des droits des personnes handicapées - Cdph" de l'ONU (non suspensif juridiquement) est en cours, le médecin traitant de Vincent Lambert commence l'arrêt de sa nutrition et de son hydratation au matin du 20 mai 2019. Au soir du 20 mai 2019, la Cour d'appel de Paris ordonne la reprise des traitements". "France 24" spiega meglio quest'ultimo passaggio, che considero davvero incredibile e che dimostra come la giurisprudenza possa dire tutto e il suo contrario nel breve volgere di pochi anni e nelle diverse istanze: "La cour d'appel "ordonne à l'État français de prendre toutes mesures aux fins de faire respecter les mesures provisoires demandées par le "Cdph" le 3 mai 2019 tendant au maintien de l'alimentation et l'hydratation" de Vincent Lambert. Le "Cdph", comité de l'ONU, avait demandé à la France de surseoir à l'arrêt des traitements dans l'attente d'un examen du dossier sur le fond. Vendredi, en première instance, le tribunal de Paris s'était déclaré incompétent pour faire appliquer cette demande. La cour d'appel a elle jugé qu'indépendamment du caractère obligatoire ou contraignant de la mesure de suspension demandée par le Comité, l'État français s'est engagé à respecter ce pacte international". Questo conferma la necessità di avere leggi che consentano al malato di evitare che certe vicende finiscano nelle mani di beghe fra parenti, come sta avvenendo in questo caso, sapendo oltretutto che Lambert aveva detto - quando stava bene - di essere contrario ad ogni costrizione di restare in vita senza più vita, come nel suo caso. Per quel che mi riguarda, se i medici in scienza e coscienza dicessero che nulla c'è più di fattibile per riportarmi ad una vita reale, sarei contro ogni forma di vita artificiale ed ogni accanimento terapeutico sarebbe una violenza nei confronti miei e dei miei cari, che dovrebbero sempre e comunque rispettare quelle volontà da me espresse in un periodo precedente e con cognizione delle loro conseguenze. Non vorrei mai diventare un pacco postale in mano alla Giustizia e vorrei che finalmente ci fosse una legislazione europea seria, rigorosa e omogenea, che eviti quella "fuga" contro il dolore e la disperazione per avere una morte dignitosa. Ciò sta avvenendo da anni verso la Svizzera, dove l'eutanasia non è un tabù e ormai lì vanno a morire tre italiani al mese e penso che sia pure una stima per difetto. Intanto e per fortuna in Italia è arrivata la legge sul "testamento biologico - dichiarazione anticipata di trattamento, Dat" (numero 219/2017), approvata il 14 dicembre 2017, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 16 gennaio 2018, è in vigore dal 31 gennaio 2018. Il ministro dell'Interno Marco Minniti, in data 8 febbraio 2018, ha emanato la Circolare 1/2018 per fornire alcune prime istruzioni operative ai Comuni per l'attuazione della Legge numero 219/2017. In particolare, la circolare fornisce alcuni chiarimenti circa ruolo e specifiche attività in capo all'ufficiale di stato civile del Comune di residenza del disponente, indicando che non sussiste l'obbligo di istituzione di un nuovo Registro, ma solo di registrazione delle "Dat" ricevute in un apposito elenco, dopo averne verificato i presupposti di consegna. Io ho già compilato i moduli e li presenterò al più presto, anche se so bene come ci sia in ognuno di noi una specie di timore - non dico di superstizione, perché non mi appartiene - a mettere nero su bianco lo scenario drammatico in cui ci si può trovare. Ma sono importanti queste nostre volontà in materia di assistenza sanitaria in previsione di una futura incapacità a decidere o comunicare. La legge prevede che ogni maggiorenne indichi le preferenze sanitarie e possa nominare un fiduciario che parli e lo rappresenti col medico quando non potrà o non vorrà farlo. Le "Dat" sono inserite nella legge che parla di consenso informato alle cure, di rifiuto all'accanimento terapeutico. Tratto da un sito metto domande e risposte sul tema per chi fosse interessate e invito a cercare materiale nelle pagine Internet della "Associazione Luca Coscioni".
Cosa tutela la legge? La legge tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e soprattutto alla autodeterminazione della persona e stabilisce che nessun trattamento sanitario può essere iniziato e proseguito senza il consenso libero e informato del malato. In caso di impossibilità a comunicare, la sua scelta medica verrà rappresentata dalle "Dat" e difesa dal suo fiduciario. Cosa si può accettare o rifiutare? Quando si è lucidi e coscienti si è liberi di scegliere o rifiutare cure o accertamenti. Così nelle "Dat" la persona può accettare di sottoporsi in futuro a qualsiasi cura, chiedere di essere assistita a oltranza oppure rifiutare qualsiasi accertamento o terapia. Può entrare nel dettaglio: non voglio essere rianimato, intubato, voglio antidolorifici, oppiacei, rianimazione meccanica. Voglio o non voglio che siano iniziati trattamenti anche se il loro risultato fosse uno stato di demenza, uno stato di incoscienza senza possibilità di recupero. Oppure restare sul vago: non voglio essere rianimato. Idratazione e nutrizione si possono rifiutare? Sì. Sono considerate somministrazioni su prescrizione medica di nutrienti mediante dispositivo medico, come il sondino nella pancia, e quindi terapie alle quali si può decidere di rinunciare. Si può cambiare idea, revocare le scelte? La revoca è sempre possibile in ogni momento, e come l'accettazione o il rifiuto delle cure, va annotata nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico. Il medico è obbligato ad ubbidire al malato? Nessun medico può violare la volontà dei malati, non è prevista a chiare lettere nella legge l'obiezione (come invece nella legge 40) ma al medico, richiamandosi il resto della legge al codice deontologico, è e riconosciuto il diritto di astenersi dall'eseguire le decisioni del paziente. Quindi chi ha l'ultima parola? Il paziente. Se il dottore si rifiuta per motivi personali di seguire le sue indicazioni, la struttura ospedaliera ha il dovere di trovare un sostituto che garantisca il rispetto delle volontà del malato.
Certo, le disposizioni vanno lette bene e bisogna scegliere i livelli diversi che si possono graduare, ma è sempre meglio che avere - come nel caso Lambert - un'agonia "giudiziaria" con colpi di scena che si somma a quella umana fatta di dolore di chi la vita la vive davvero.