E' una partita persa, ma non dispero. Noto con curiosità come ormai la commozione per il mondo animale e persino vegetale abbia preso il sopravvento per quella nei confronti del mondo umano, cui io stesso appartengo - almeno credo - altrimenti non sarei in grado di scrivere... Esempi? Se domani ci fosse in mezzo al mar Mediterraneo una nave in rotta verso le coste italiane con 150 cani a bordo nessuno porrebbe problemi per il loro sbarco e ci sarebbe una straordinaria mobilitazione per il loro salvataggio. Se si dovesse scegliere fra i lupi e qualche abbattimento in casi particolari e l'allevamento ovino e caprino sulle montagne una larga maggioranza sceglierebbe il lupo al posto dei pastori e delle loro greggi. Se si dovesse scegliere fra un taglio di piante malate in un viale e una mensa che accolga i barboni per strada la mobilitazione sceglierebbe le piante. Guardate le pubblicità per i dentifrici per cani, per le crocchette dietetiche, i giocattolini per i quattrozampe, gli studi veterinari con attrezzature inesistenti in piccoli ospedali.
Quando si leggono notizie terrificanti sulla crisi della biodiversità con la scomparsa imminente di specie animali e vegetali, mi indigno com'è giusto che sia, ma non noto eguale compartecipazione per la strage in atto della diversità culturale, delle lingue tagliate, delle tradizioni che muoiono, delle zone montane e rurali che perdono presenze umane. Sembra quasi che tutto quel che riguarda noi stessi - specie umana - sia considerata da noi stessi con spirito autodistruttivo inutile e dannoso. C'è un ambientalismo che stranisce. L'esempio sono i parchi che si moltiplicano sulle Alpi per combattere - termine orribile - l'antropizzazione e sopportabili sono solo i turisti che vanno e vengono, mentre chi abita da millenni in certe zone diventa un estraneo di cui disfarsi nel nome di un animalismo escludente. Esiste un fenomeno più generale applicabile al caso ed è quando un movimento d'opinione, un idem sentire popolare, un patrimonio d'idee viene imprigionato nelle logiche ferree di un ideologismo fideistico che diventa chiuso e irragionevole. Si tratta di estremismi che sfociano in oltranzismo e fanatismo e da lì in poi cessa la discussione con chi crede di avere la verità in tasca e imporre come indiscutibili comandamenti scritti sulla pietra. Anni fa uscì un libro molto interessante, "Il fanatismo dell'Apocalisse: Salvare la Terra, punire l'Uomo" di Pascal Bruckner, da cui vorrei trarre alcuni pensieri a completamento: «Esistono almeno due tipi di ambientalismo: uno della ragione, l'altro della divagazione, uno di ampliamento, l'altro di restrizione, uno democratico e l'altro totalitario. Il primo vuole mostrarci i danni della civiltà industriale, il secondo vuole dedurne la colpevolezza del genere umano, individuando nella natura nient'altro che un bastone per picchiare meglio l'umanità». E ancora con buona pace di chi esagera: «Accordare il dono del linguaggio alle mucche, ai maiali, agli orsi, agli alberi come hanno fatto gli antichi e più di recente Jean de La Fontaine, Rudyard Kipling, Jules Renard o Marcel Aymé, significa proiettare su di loro i nostri sentimenti: "I giardini parlano poco, tranne che nel mio libro" ha detto La Fontaine. Poiché la natura, come Dio, è muta o troppo chiacchierona, dobbiamo farle da interpreti, come Leibniz si fece avvocato dell'Altissimo nella Teodicea, per giustificare l'ordine delle cose. "Bisogna restituire la parola al mondo del silenzio". L'esercizio è delicato e richiede molto talento: quali discorsi si possono mettere in bocca al plancton, alle barriere coralline, alle fosse oceaniche, a parte fargli spiegare con le parole giuste la loro funzione, la loro complessità, il loro splendore? Chiamare ogni cosa col nome corretto significa darle il diritto di esistere. Il sociologo Bruno Latour propone, ad esempio, d'istituire un "Senato dei Non Viventi" per estendere il campo politico all'intero pianeta. In tal caso, chi parlerà a nome del mondo? Vedremo comparire una casta di chierici, traduttori delle volontà rocciose, argillose e vegetali, adattatori di segnali cosmici così come esistono esperti di Ufo?». E aggiungo, per chiarezza: «Gli esseri naturali, gli animali, hanno il diritto di avere diritti? Senza dubbio, poiché soffrono esattamente come noi e vogliono godersi la propria vita. Si tratta però di diritti derivati di cui solo l'umanità è garante: la caratteristica di un soggetto legale è innanzitutto la capacità di difendere i propri diritti. Non è il caso né degli animali, né delle piante: possono impietosirci, commuoverci, ma non sono in grado far valere la loro causa senza il tramite di uomini sensibili alla loro condizione». Infine contro la deriva di un pauperismo penitenziale "anti-umanista": «Ascoltate la lunga schiera di ipocriti che ci predicano in tutte le solfe l'urgenza della povertà. Criticano l'incoscienza di chi parte per le vacanze, disperdendo emissioni di carbonio in giro per il mondo, di chi naviga in rete o guida fuoristrada anziché cospargersi il capo di cenere per dedicarsi al pentimento e al risparmio. Di cosa si tratta? Di stendere un velo pietoso su ogni gioia umana! Vi piace trasferirvi lontano da casa ogni estate? Dobbiamo porre fine a questa brutta abitudine perché il turismo viola la dignità delle persone, distrugge la diversità culturale e danneggia l'ambiente! Vi piace andare a sciare sulle Alpi o sui Pirenei d'inverno? I nostri carcerieri fremono per l'indignazione: sapete quanto costa alla natura questo divertimento superfluo? I soli cannoni da neve provocano l'emissione di otto tonnellate di CO2 per ettaro. Basta con gli sci, gli snowboard, il free style, lo slittino, i quad e gli sport motorizzati lungo le spiagge. Bisogna mollare tutto. Bici e biologico, oppure niente. Un tempo eravate felici? Ora espiate le vostre colpe! Come negli ordini monastici, povertà significa scegliere l'essenziale e rinunciare al superfluo e ai miraggi del mondo». Insomma: ci dovrebbe essere in tutto il buonsenso e la misura. Merce rara.