Il cittadino-elettore è qualcosa di estremamente complesso da capire nella sua mutevolezza e, mentre in passato esistevano scelte di fedeltà che rendevano i votanti piuttosto stabili sulle loro posizioni, oggi non è più così. Ci sono cambiamenti rapidi e persino contraddittori che spostano velocemente masse di elettori da una parte all'altra dello scacchiere con un sorta di bradisismo che cambia scenari in un batter d'occhio con clamorosi rovesciamenti di fronte e fortune politiche sempre più corte. Dalle stelle alle stalle e viceversa, senza la rassicurante continuità del passato e senza alcun complesso da parte di chi si muove e di qua e di là (e non torno sul peso dell'astensionismo).
Una delle ragioni della capricciosità è il frutto del sistema informativo, nell'incrocio fra televisione e "social", che indirizza in modo decisivo l'opinione pubblica che sia quella più avvertita o quella meno consapevole. E' questa una sfida importante per i nuovi orizzonti della democrazia, visto il rischio incombente di influenza e di manipolazione di una parte di opinione pubblica. Per molti anni questo impatto in Valle d'Aosta era stato relativizzato anzitutto da una forte coesione sociale e da una sorta di consapevolezza di una "diversità" della politica e delle sue espressioni organizzate, legata proprio alla singolare storia culturale ed istituzionale, trattandosi di un'eccezione anche rispetto allo scenario politico italiano contemporaneo. Era poi presente un discreto sistema informativo radiotelevisivo in ambito locale che fungeva da contraltare a questa "invasione" informativa che deborda annacquando temi e problemi locali. Oggi, sparite le televisioni private e ridimensionata sempre più l'emittenza radiofonica privata, specie sotto il profilo informativo, resta la "Rai", che fa i conti con la rigidità della par condicio e con gli spazi ristretti che non prevedono - per normative nazionali - veri e propri dibattiti e confronti. Oltretutto la cronaca nera e giudiziaria - ciò vale per l'intero comparto dell'informazione - rischia di rappresentare in toto la politica valdostana come accozzaglia di persone losche, perché così funzionano i meccanismi psicologici che tendono a non distinguere più le "mele marce" da quelle sane, di cui rivendico la presenza e non solo a titolo personale. Spesso mi trovo a difendere in certe occasioni sociali il complesso della nostra storia autonomistica in cui i lati oscuri sono infinitamente meno di quelli chiari. Mentre si diffonde la vulgata di una settantina d'anni di chissà quali affari loschi a detrimento della larga parte di politici che hanno svolto con competenza e correttezza il loro ruolo. Sapendo - penso all'"affaire Casinò" degli anni Ottanta - come sia pure capitato che terribili disegni accusatori si siano rivelati poca cosa alla fine dei processi. Intanto, i talk show e trasmissioni di intrattenimento nazionali e la forza di "social" dei big, spesso pagati dal contribuente, irrompono nelle case e sui computer anche dei valdostani e nessuna forza politica locale ha spazi e risorse per contrattaste un flusso continuo che "pilota" gli elettori. Questa forma di abbacinamento ha una capacità irresistibile di penetrazione e distoglie dal ruolo, anche elettorale, delle espressioni politiche della democrazia locale. Assieme si è indebolito il concetto di "autonomismo", una moneta adoperata da tutti e svilita nei suoi contenuti nel momento in cui si è generalizzato il suo uso in modo strumentale e posticcio. Per cui la crisi delle forze politiche autonomiste deriva anche dal proprio indebolimento identitario e dallo svuotamento avvenuto a causa di chi si è impadronito di tematiche non proprie nella semplice ricopiatura di posizioni che si ritenevano attrattive nei confronti degli elettori. Nulla di semplice, purtroppo, ma se si vuole mantenere un'identità politica singolare e non finire nel calderone della politica italiana qualche contromisura seria va assunta. Poi - ça va sans dire - sento anche chi, stolidamente, finge che queste elezioni siano state un nonnulla. Incassatori senza eguali! A questo come autonomista storico mi ribello proprio nel nome di un autonomismo sano, che ha attraversato le epoche sino all'attuale ordinamento. Ma valga come ammonimento la conclusione di un editoriale di "Le Monde" sulle elezioni europee in Francia, che mi pare perfetto anche per noi: «C'est au fond la grande leçon de cette élection: l'avenir appartient à ceux qui ont fait ou feront l'effort de se réinventer, les autres disparaîtront».