Ogni tanto questo benedetto mondo autonomista, diventato un arcipelago troppo vasto e con alcune isole che appartengono a continenti politici che non c'entrano nulla, avrebbe bisogno - come si fa con le auto - di un bel tagliando che ci dia elementi sul funzionamento delle sue componenti. Non so chi dovrebbe compiere l'ispezione: potrebbe essere opera collettiva di chi possa vantare titoli e background e non si avvalga solo di flebili e talvolta risibili autocertificazioni. Specie d'estate, quando si incontrano turisti meno affaccendati nelle discese sciistiche, capita di trovare qualcuno, in ambiente ameno, che chieda che cosa sia in fondo questo Autonomismo valdostano e quali caratteristiche dare ad un pensiero di questo genere che non sia solo rifarsi ai grandi Padri del passato, perché sarebbe anacronistico, visto che viviamo nell'oggi e non nel passato e chi si ferma è perduto. Una pianta senza gemme è morta.
Ognuno risponde per sé - e così faccio con chi, come dicevo, me lo chiede - nel ragionare sul tema e ribadisco come ormai ci sia un "Arlecchino autonomista" con toppe di troppi colori. Non si tratta di mettere in discussione il necessario pluralismo di idee, che feconda le discussioni a vantaggio delle soluzioni migliori necessarie per risolvere problemi politici e amministrativi. Si tratta semmai di contestare infiltrazioni e fraintendimenti che finiscono per avvelenare i pozzi. Un aspetto che mi pare essenziali riguarda se si può essere autonomisti valdostani e nel contempo militare per il sovranismo italiano. Ognuno naturalmente fa quello che vuole per il fondamentale principio della libertà di pensiero. Tuttavia non si può tenere il piede in due scarpe o - come si dice in francese - "on ne peut pas être tout le temps au four et au moulin". L'Autonomismo federalista è un nazionalismo buono e non ha nulla a che fare con diversi "-ismi", tipo nazionalismo (giacobino e dunque centralista e rissoso), sovranismo (contro l'Europa e gli altri Paesi), suprematismo (bianco o di qualunque colore), integralismo (religioso e non solo), totalitarismi (nero o rosso) ed aggiungerei i vari ideologismi e pure l'orrendo benaltrismo (parlo di una cosa e si risponde con altre storie). Per questo vorrei ribadire, in questa epoca di chiusure, quanto sia bene e quanto sia salutare per chi crede in valori Autonomisti, specie nel filone del salutare federalismo personalista, considerarsi - senza alcuna contraddizione - un valdostano che crede e si impegna per il futuro della Valle e nel contempo un cittadino curioso e attento a quanto avviene altrove senza confini geografici e barriere mentali. Esiste questo termine che immagino sia considerato impolverato e pieno di ragnatele: "cosmopolitismo". Ma per chi abbia studiato l'Illuminismo non può non riconoscere quello scatto esistente nella parola che ci consente di sentirci cittadini del mondo. Questo non vuol dire affatto cadere in una caricatura della globalizzazione ma esattamente il contrario: nel confronto con gli altri l'interesse sta nel confronto con le identità altrui e ciò funziona se si è consci della propria. Ha scritto su questo confronto Claude Lévi-Strauss: «Mais aucune culture n'est seule, elle est toujours donnée en coalition avec d'autres cultures, et c'est cela qui permet d'édifier des séries cumulatives […]. La chance qu'a une culture de totaliser cet ensemble complexe d'inventions de tous ordres que nous appelons une civilisation est fonction du nombre et de la diversité des cultures avec lesquelles elle participe à l'élaboration - le plus souvent involontaire - d'une commune stratégie». Per questo bisogna essere fieri di sé stessi e in contemporanea - come osservava l'antropologo francese - mai cedere alla facile e rassicurante idea dell'infruttuosa chiusura a riccio contenuta appunto nell'espressione «l'enfer, c'est les autres». Lévi-Strauss conclude in modo plastico: «L'exclusive fatalité, l'unique tare qui puissent affliger un groupe humain et l'empêcher de réaliser pleinement sa nature, c'est d'être seul».