Era da tempo che, nella piccola sala cinematografica che si trova nell'auditorium delle scuole superiori di Saint-Vincent, non vedevo un pubblico così numeroso. Il successo clamoroso e internazionale con incassi da capogiro de "Il Re Leone" è così confermato anche nel piccolo. Fa impressione come fenomeni mondiali investano ormai tutti i mercati, uniformando mode e costumi come non mai e forse l'unico elemento consolatorio è che poi ognuno filtra messaggi globali con la propria cultura. Si tratta in questo caso del rifacimento con incredibili animazioni computerizzate del film precedente, che risaliva al 1994 ed è ormai un "classico" dei film d'animazione "tradizionali".
La storia è nota: il Re Leone Mufasa muore per mano del fratello invidioso Scar, alleato con le perfide iene, e il suo piccolo erede al trono, Simba, fugge e finisce in una famiglia composta da un facocero e un lemure per poi tornare a riprendersi il trono e la sua savana rovinata dallo zio cattivone. Nulla di particolare se non che l'insistenza sul concetto del "ciclo della vita" crea oggettive situazioni di commozione anche nel più arido degli spettatori: si piange ma si ride anche molto, come dovrebbe essere ogni buon spettacolo ed il successo del film vecchio e del remake attuale conferma questa tesi. Personalmente devo dire che questa versione digitale, pur bellissima e patinata, l'ho trovata meno emozionante del film di venticinque anni fa. Direi, ma capisco quanto sia soggettivo, che nella favolistica per storie con immagini quel distacco realtà/fantasia si giochi molto meglio con tecniche tradizionali rispetto a rappresentazioni troppo corrispondenti alla realtà, che ingessano tutto e creano una specie di sfasamento. Mi spiego meglio: è del tutto evidente, anche per il bambino più piccolo, come questi animali parlanti siano fantasia, perché lo verificano nella vita comune. Ma è altrettanto vero che si crea un certo disorientamento se, al posto di vedere animali disegnati, ci si trova con riproduzioni esatte e puntuali degli animali stessi, quasi più viventi di quelli viventi. Poi magari nell'infanzia questo non si nota ed è una mia impressione da adulto, ma il bambino a fianco a me - mio figlio piccolo - senza sollecitazione alcuna ad un certo punto mi ha spifferato «Sono troppo realistici!» e dunque l'interpretazione non può essere così sbagliata. D'altra parte questi sono gli sviluppi tecnologici, che si rifanno però ad una tradizione antichissima, prima orale e poi scritta, che riguarda il filone narrativo favolistico con animali parlanti con atteggiamenti umani nel solco dell'antropomorfismo, cioè nel dare agli animali caratteristiche umane. Ciò è sempre avvenuto anche con autori famosi: da Esopo a Fedro, da Jean de la Fontaine a Charles Perrault per non dire dei fratelli Grimm. Nei fumetti, precursori dei disegni animati, ci sono animali di tutti i generi. E proprio per i cartoni animati appartengo ad una generazione cresciuta a pane e animali di fantasia con Duffy Duck, Bugs Bunny, Tom & Jerry, Titti e Silvestro, Braccobaldo Bau e - da papà - mi sono sorbito e mi sorbisco un'infinità di altri personaggi "animaleschi". Al cinema mi sono visto, in veste di bambino, gli animali di "Alice nel Paese delle meraviglie", "Lilli e il vagabondo", gli "Aristogatti" e via di questo passo ed anche in questo caso - sino ad oggi - seguendo poi da papà spettatore la crescita dei miei tre eroi, Laurent, Eugénie ed Alexis. Trovo che questa invasione di cartoni fantastici, specie quelli mirabolanti dell'ultima generazione, influenzi la società, creando sempre più un'immagine di un mondo animale sostanzialmente "buono" contrapposto al mondo umano "cattivo" ed abbiamo anche - altro fenomeno - aiutato molti a trasformare gli animali di compagnia in umani a tutti gli effetti con effetti comici se non paradossali. Aggiungerei che c'è stata anche questa medesima influenza in parte del mondo animalista, che ormai confonde "umanità" e "mondo animale", raggiungendo vette di estremismo che lasciano esterrefatti e si sostanziano anche in atteggiamenti aggressivi ad esempio in alcuni che abbracciano il veganismo e manifestano persino odio per la propria specie se onnivora. Sono, per fortuna, mie elucubrazioni mentali, ma certi bombardamenti giovanili finiscono per imprimersi nelle teste e fissare idee preconcette, che differiscono da un mondo animale feroce e competitivo, che nulla ha che fare con il mondo della fantasia, dove tutto è possibile, come dimostra Dumbo, l'elefantino che vola, film che ho visto di recente e che in fondo mi ha messo una profonda tristezza.