Non ho esattamente idea - forse ci vorrebbe un sondaggio, ma si sa che purtroppo costano cari - di come impatterà sul turismo valdostano questa storia del ghiacciaio che minaccia di scivolare a valle sul Monte Bianco, che ormai è diventato una specie di tormentone. Non so neppure bene chi abbia gestito in loco la "cabina di regia", ammesso che ce ne sia stata una, che dovrebbe occuparsi della comunicazione di emergenza in casi come questi. Si tratta di materia delicata, che va manovrata con oculatezza per evitare che si ingenerino situazioni di incomprensione nell'opinione pubblica. Ogni dichiarazione, ogni intervista, ogni comunicato stampa va inserito in un Piano vero e proprio, non per occultare qualcosa, ma per evitare fenomeni di distorsione o di strumentalizzazione. Ricordo che nel 2002 a Cogne, sotto la supervisione di una persona di grande qualità e esperienza nella comunicazione pubblica come Stefano Rolando, si svolse proprio un seminario sulla comunicazione di crisi e di emergenza, che prevede come disciplina ormai molto sviluppata procedure e competenze precise.
Va detto che da allora, a ragionarci bene, la situazione è ancora più difficile, nel contenere "fake news" o baggianate, per la semplice ragione che il mondo di Internet e soprattutto dei "social" ha un tam tam difficilmente controllabile e verificabile, ed è indubbia la tendenza, come nel gioco del telefono senza fili, ad una logica di enfatizzazione per avere contatti e "mi piace".
Quando nasce un hashtag che scala le classifiche, tutti si sentono esperti e pronti a dare proprie interpretazioni, benché siano distanti dai fatti che si stanno succedendo in una determinata situazione: una specie di vortice che non si ferma neppure di fronte alla realtà, anzi si allontana progressivamente.
Ho sentito in queste settimane molte informazioni imprecise ed una rappresentazione dell'avvenimento nudo e crudo assai differente dai fatti. In futuro bisognerà fornire sempre e solo notizie chiare e definite, senza nulla nascondere perché sarebbe sbagliato e stupido, e ciò serve nella concretezza di scelte strategiche ben delineate ad evitare quelle già citate drammatizzazioni che possano ingenerare chissà quali paure di fronte alle conseguenze del cambiamento climatico.
Ho scritto da tempo, sino ad esaurimento, che sono emergenze di cui prendere atto e preoccuparsi, controbattendo per quanto possibile, esagerazioni o imprecisioni allarmanti che possano risultare letali per la Valle e quel settore turistico che oggi è una specie di salvagente in una crisi economica ancora incombente.
Purtroppo il caso Monte Bianco è solo un evento macroscopico, che di sicuro si ripeterà altrove sul nostro territorio e su tutte le Alpi per l'evidenza del riscaldamento globale e delle conseguenze sulla Natura alpina. Ma c'è un altro substrato già visibile nel corso degli anni. In modo ripetuto gli operatori turistici hanno segnalato come le previsioni meteorologiche, spesso per altro sbagliate, abbiano durante gli inverni condizionato le presenze nel fine settimana, quando normali nevicate vengono presentate come "fenomeni da tregenda" e questo spinge le persone a non muoversi. Con la considerazione che poi spesso, al posto del maltempo, spunta il sole e questo dovrebbe invitare chi prevede ad essere più cauto rispetto a certe "sparate" nocive.
Questo vale anche per certe notizie di valanghe, magari cadute davvero in un luogo ben circostanziato e persino usuali nella ripetitività stagionale, che finiscono per essere interpretate, perché non spiegate nella loro puntualità, come un fenomeno che interessi l'intera Valle. Ciò crea allarme e evita che certi frequentatori si spostino per i loro soggiorni.
Molto spesso questa disinformazione è frutto della numerosità di siti meteo ed informativi che hanno bassa qualità e scarsa professionalità, ma questo non impedisce loro di fare danni, facendo eco a notizie non verificate e nessuno, allo stato, è in grado di prevedere formule risarcitorie.
Certo, non è facile dare ordine al disordine, ma almeno le fonti da cui emanano le notizie verificate e certificate non devono a loro volta essere prive di organizzazione e di autorevolezza, altrimenti questa immagine di una montagna valdostana che cade a pezzi, di un posto che quando fa brutto diventa il Polo Nord, di un'alta montagna ovunque insicura rischia di dare un colpo mortale al turismo, specie se ci si confronta con altre zone delle Alpi dove sul tema si sono già attrezzati proprio cogliendo con prontezza la delicatezza della questione e la posta in gioco.