Vorrei occuparmi di una storia minore, anzi più che di storia proprio di... geografia! Partendo da un assunto, perché come diceva Italo Calvino: «La carta geografica, insomma, anche se statica, presuppone un'idea narrativa, è concepita in funzione d'un itinerario, è un'Odissea». Le carte geografiche e gli atlanti mi sono sempre piaciuti. Chissà che non ci sia una particella di eredità di quel Nicolò Caveri dell'antichità che all'inizio del 1500 disegnò quanto così descritto dalla "Treccani": «Si tratta di un planisfero a colori su pergamena di ampie dimensioni (cm 115×225), del tipo nord-sud, disegnato secondo il metodo delle "rose dei venti", caratteristico delle carte tardomedievali e rinascimentali, con l'indicazione dei gradi di latitudine (da 71° lat. Nord a 57° lat. Sud). A sinistra in basso si legge la dicitura "opus Nicolay de Caverio ianuensis"».
«Sino a trent'anni fa si leggeva "Canerio" - si legge ancora sull'enciclopedia - e gli studiosi moderni di geografia e cartografia credevano all'esistenza di un Nicolò Canerio (o Caneiro). Il merito di aver individuato l'errore e ristabilito l'esatta lettura del nome del Caveri, cercando di ricostruirne anche la vita e la personalità, spetta a Paolo Revelli, che nel 1947 annunciò di aver riconosciuto nel cartografo un amico e collaboratore di Cristoforo Colombo». Ma se quello era un tentativo di descrivere il mondo, che oggi conosciamo bene in barba ai terrapiattisti, molto più modestamente vorrei - come dicevo all'inizio - parlare del locale, inteso come un determinato luogo circoscritto. Negli anni della mia infanzia in moltissime case c'era una carta in rilievo della Valle d'Aosta, distribuita dalla Regione Autonoma, quando sempre in qualunque documento o materiale si calcava la mano su questo prezioso aggettivo "Autonoma", mentre oggi troppo spesso - chissà inventato da chi - si usa l'agghiacciante acronimo "RAVA", che dovrebbe essere "Regione Autonoma Valle d'Aosta". Ebbene, devo dire che quella carta mi ha insegnato prima fra tutti gli strumenti, compresa la conoscenza del territorio da giornalista e da politico degli anni adulti, a capire come anche una piccola realtà in termini di dimensione sia piena di cose da conoscere. Ancora oggi mi capita di stupirmi di uno scenario, di un panorama, di un alpeggio, di un pianoro, di una montagna, di un villaggio, di una vigna, di un chiesetta e fermo un elenco grande come la mia curiosità. Sarà per questo, per contrappasso, che mi dispiace l'ignoranza del nostro territorio che hanno molte persone che qui ci abitano. Mi spiace per loro e ammiro quelli che ci tengono e vogliono conoscere il posto dove vivono. Non chiedo a chi ignora di conoscere chissà quali particolari minuti (ad esempio per conoscere montagne di cui non conosco il nome uso la app "PeakFinder"!) nella quotidianità mi accorgo quanti - anche nel lavoro giornalistico che pratico - prendano lucciole per lanterne. Ciò può avvenire - che so! - per la collocazione spaziale dei Comuni o delle vallate laterali e lo trovo imbarazzante. Non ero mai più riuscito a trovare - da mettere nella cameretta del mio figlio più piccola - questa carta in rilievo e finalmente qualche giorno fa ne ho trovata e comprata una presso la libreria "Aubert" ad Aosta. E' un prodotto molto carino, con l'unico appunto che la dizione "Valle d'Aosta" va sempre accompagnata da "Vallée d'Aoste" e dunque la dizione bilingue, in ossequio alla norma costituzionale che fonda la specialità valdostana. Certo, viviamo in un'epoca in cui sofisticati sistemi digitali in auto o sui telefoni ci fanno spaziare sul territorio senza più problemi e dunque le carte segnano il passo, ma per l'apprendimento e l'alfabetizzazione geografica quella carta in rilievo mi pare ancora - antesignana dei sistemi di tridimensionalità - un oggetto bello da possedere e da adoperare, magari da regalare come Autorità regionale ad ogni bambino in prima elementare.