Quello che stiamo vivendo anche in Valle d'Aosta non è certo un Carnevale gioioso e sbarazzino come gli altri. Il diffondersi del "coronavirus" nel Nord Italia crea un evidente nervosismo in questa festa fatta naturalmente di un allegro caos e di grandi assembramenti di folla. Lo avevano detto i più accorti, come il virologo Roberto Burioni, uno dei paladini contro le stupidaggini dei "noVax", che non bisognava prendere sottogamba questa epidemia che ha avuto come epicentro la Cina. Ma proprio la straordinaria mobilità dei cinesi e la moderna e rapida interconnessione per via aerea ha diffuso il pericoloso virus negli altri Continenti. Nel caso valdostano abbiamo già visto giorni fa un focolaio in Alta Savoia, a due passi da noi e ora in quella Lombardia piuttosto vicina e da cui proviene una parte dei nostri villeggianti più affezionati. Per i trafori alpini, con transiti ininterrotti di persone, sono tante le possibilità reali che il contagio a possa arrivare in qualche modo anche qui a sconvolgere la nostra vita.
Per questo mi permetto di dire che - dato per scontato che si sia elaborato uno scenario di emergenza in caso di necessità - bisognerebbe in modo capillare informare sulle esatte procedure la popolazione. Il primo morto in Veneto ha mostrato da una parte alcune inefficienze nella sanità, perché nessuno per giorni ha controllato un paziente, mentre d'altra parte il caso lombardo ha purtroppo chiarito come le persone nelle prime ore fossero smarrite e lo saranno per giorni con questa sorta di coprifuoco che blocca ogni attività in interi paesi in un ambiente da film millenaristico. Per questo in una realtà piccola come la nostra io cittadino devo sapere che fare con i miei figli, la mia mamma anziana, l'intera famiglia se, ad esempio, nascessero sospetti per evitare di intasare il Pronto soccorso dell'ospedale di Aosta o - scenario inquietante - se mai dovesse crearsi una situazione di blocco nella propria casa per la famosa quarantena. Pare che mentre scrivo qualcosa si stia muovendo e ne sono lieto. Fatemi tornare al problema nel panorama più vasto. L'impatto sul sistema sanitario e di Protezione civile è evidente e ci sono zone d'Italia dove non ci sarebbe l'immediata efficienza nella reazione lombarda, veneta e ora piemontese anche grazie ad un volontariato generoso e organizzato. Ma vi è anche un problema serio nel ruolo importante del giornalismo. Fornire notizie dettagliate è doveroso in una democrazia e certe omissioni cinesi nella prima parte della vicenda "coronavirus" sono impensabili in una democrazia con libera informazione. Tuttavia mi pare che si rischi da noi l'esatto opposto: una crescente drammatizzazione degli eventi di certo giornalismo cozza con la necessità di mantenere i nervi saldi senza omissioni ma evitando toni da tragedia in corso che alimentano paure e paranoie. So bene quanto sia difficile mantenere l'equilibrio necessario, ma si sa quanto le epidemie siano una prova difficile, cui reagire tutti con disciplina, giornalisti compresi, per evitare panico e terrore.