Chi è europeista per formazione e per convinzione soffre come un cane, quando dall'Unione europea nelle decisioni concrete e da assumere in questa crisi epocale non arrivano, per via della necessaria unanimità dei Paesi membri, messaggi solidali in favore dell'Italia, il Paese più colpito dalla pandemia che pure accomuna ormai tutto il vecchio Continente. Intendiamoci bene: non è la prima volta che Paesi del Nord Europa - in questo caso l'Olanda per fare da rompighiaccio per la Germania - assumono atteggiamenti da primi della classe nei confronti dell'Italia trattata come un cattivo allievo e questo non è accettabile di fronte al dramma in corso con un esito terribile ed ancora pieno di incognite.
Bisogna essere onesti: una cattiva fama in parte è giustificata dai torti accumulati dalla politica italiana. Tante volte nella esperienza al Parlamento europeo e al "Comitato delle Regioni", quando ebbi ruoli di responsabilità, ma questo avvenne in un cerchio ben più largo al "Consiglio d'Europa", mi resi conto dell'esistenza di pregiudizi, con cui si coloravano gli italiani - facendo di tutta un'erba un fascio - come inguaribili istrioni, pizza e mandolino e gioia di vivere senza troppo pensare al domani come nella favola della cicala e della formica, per non dire del luogo comune dei «tutti mafiosi», sino al «intelligenti ma scostanti», insomma un giudizio fatto di pregiudizi, ma con qualche triste verità. Certo che ce ne sono tanti così a rappresentare l'Italia in Europa, ma trattandosi di luoghi in cui si discute con chiarezza, per nostra fortuna quando si dimostrano serietà e competenza i pregiudizi svaniscono dopo poco tempo. Tuttavia va riconosciuto come in questi ultimi anni le tentazioni antieuropeiste si siano viste nelle dichiarazioni di troppo leader italiani, cui si è reso in cambio in certe occasione, com'era prevedibile, pan per focaccia. Ma questa necessità di piantarla con la generalizzazione dell'italiano caricaturale, che si ottiene solo mostrando che sono più le virtù che i vizi, non ha a che fare con la posta in gioco in questo frangente, che diventa davvero essenziale per evitare una rottura irreversibile nel processo d'integrazione europea. Ci sarà nella politica interna italiana (e valdostana) il tempo per capire le responsabilità di chi ha ha sottostimato il virus e le sue conseguenze tragiche sotto il profilo umano e disastrose per la tenuta dell'economia, ma nel frattempo è scandaloso che l'Europa abbia stentato a capire il nostro grido d'allarme e lo hanno fatto sia la Commissione che la "Bce" con dichiarazioni gravi, poi opportunamente corrette (essenziale è stata, da non dimenticare, la decisione di sospendere il "Patto di stabilità" che avrebbe impedito all'Italia di fare debiti per reagire all'emergenza!). Però la prima impressione sgradevole è rimasta. Anzi è stata confermata dalla paralisi del Consiglio europeo, che rappresenta gli Stati membri, che ha di fatto non ancora deciso su aspetti cruciali come gli "Eurobond" per finanziare la ricostruzione post virus, ammesso tra l'altro che il virus venga sconfitto in tempi rapidi e su questo non abbiamo ancora certezze. Chi è europeista - e ormai nei discorsi con gli amici mi sembra di essere una mosca bianca e di questo mi dolgo - mai come ora spera che ci sia un sussulto per evitare che l'Unione europea, unica garanzia di pace e di sviluppo per il futuro in un'epoca in cui nessuno può pensare di competere in una dimensione statuale, riprenda il cammino in comune. E lo faccia - come unico modo per aggiustare il tiro attraverso riforme sostanziali - con la leva del federalismo, quello vero, che può conciliare la minuscola dimensione della Valle d'Aosta e la gigantesca dimensione continentale, lasciando a tutti quel pezzo di sovranità che è garanzia di democrazia. Nel frattempo ha fatto bene a prendere in mano la questione contingente il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che - come il comandante di una nave con troppi mozzi imbranati che vanno a Bruxelles senza autorevolezza - è sceso in campo e ha detto nel suo recente messaggio televisivo cos'è importante, come aveva già fatto l'autorevole, ex "Bce", Mario Draghi, vera riserva dello Stato. Questo il passaggio più significativo sul punto che arriva dal Quirinale: «Sono indispensabili ulteriori iniziative comuni, superando vecchi schemi ormai fuori dalla realtà delle drammatiche condizioni in cui si trova il nostro Continente. Mi auguro che tutti comprendano appieno, prima che sia troppo tardi, la gravità della minaccia per l'Europa. La solidarietà non è soltanto richiesta dai valori dell'Unione ma è anche nel comune interesse». Speriamo che queste parole, a difesa dell'Italia Paese fondatore, contrastino la grettezza di chi in Europa risolve tutto con un atteggiamento sprezzante e incomprensibile in questo tempi così difficili, in cui - di fronte al virus che gira ancora - c'è sempre il rischio che chi la fa, l'aspetti.