Le novità non mi hanno mai spaventato. Ci sono stati cambiamenti improvvisi nella mia vita e mi ci sono sempre buttato dentro non per sconsideratezza, ma nella convinzione che se si vogliono fare esperienze nuove bisogna osare e scrollarsi di dosso abitudini che ti possono rassicurare ma in molti casi ti spengono. Se poi, come nel caso del "coronavirus", le scelte le devi subire e le tue libertà sono limitate nel nome legittimo di un bene comune come la salute, allora è necessario rispondere ai cambiamenti con un «obbedisco!». Altra cosa, naturalmente, è osservare con curiosità le cose e chiedersi il perché di certe scelte che mi obbligano a determinati cambiamenti ed a vigilare in qualche modo sulla loro possibile evoluzione.
Certo, non è agevole, ma penso sia una reazione naturale che abbiamo nella memoria dei nostri geni e non solo frutto di comportamenti culturali, dover vivere negli scenari di una pandemia e con novità importanti nel quotidiano e anche nella proiezione prospettica della nostra vita. Siamo in un perenne fibrillazione e mi è venuta in mente l'espressione «stare sul chi vive» e, come spesso capita, mi sono chiesto da dove venisse questo modo di dire usuale, che calza a pennello. La "Treccani" così si esprime sulla locuzione «chi vive?»: «Grido delle sentinelle (analogo al "chi va là", e modellato sul francese "qui vive?", dove "vive" è congiuntivo, e perciò propriamente "chi viva?", espressione variamente spiegata), adoperata anche come locuzione sostantivata, al maschile nella frase "stare sul chi vive", "stare all'erta"».; Espressione francese "scava di più": "Cette expression date de la fin du XVIIe siècle sous cette forme, mais c'est à partir du début du XVe qu'elle est utilisée sous sa forme latine "qui vivat?" pour demander à une autre personne de quel parti (au sens de "groupe organisé, association de personnes unies pour la défense d'intérêts, de buts communs") elle est. Plus tard, une sentinelle qui entendait un bruit à proximité de son lieu de garde demandait "qui vive?" ou sous une forme un peu moins concise "qui est vivant ici? faites-vous connaître!". Mais l'interjection s'employait aussi pour demander à quelqu'un approchant, parfaitement visible, de décliner son identité. C'est au début du XVIIe siècle qu'elle s'est substantivée en "qui-vive", mot qu'on ne trouve presque plus maintenant que dans notre expression dont le sens est aisément compréhensible, puisque le rôle de la sentinelle est justement d'être vigilante, de parer à tout danger pouvant survenir". Sono, come tutti, sul "chi vive" di fronte al contagio e alla conseguente malattia, che dimostra di essere perniciosa e che ha mietuto già vittime fra amici e conoscenti, sofferenze e paure per chi patisce là malattie e dolori e apprensioni nelle famiglie ed in tutta la comunità. Le regole di confinamento e di distanziamento pesano e ci fanno stare sul "chi vive": lo fa chi lavora (ovviamente il più a rischio è il meritevole personale sanitario), ma quando ci si trova al supermercato e capita di camminare per strada per spostamenti obbligati si guardano gli altri proprio con la medesima sospettosità di una sentinella. In fondo siamo anche sentinelle di noi stessi, scrutando quel mal di gola, misurando la febbre, ascoltando il nostro respiro alla ricerca di un qualche sintomo che ci faccia scattare l'allarme. Lo stare sul "chi vive" è seguire, sotto quel profilo giuridico che ho praticato per anni, la risposta delle Autorità pubbliche alle emergenze, quella sanitaria e quella economica, preoccupato da tempi lunghi e risposte troppo burocratiche in un clima, che allarma, di una comunicazione confusa e contraddittoria. Ci sono aspetti concernenti i diritti civili, tipo l'ipotesi di tracciamento delle persone per arginare la malattia, che necessitano chiarezza e limiti e essere sul "chi vive" per chi è autonomista significa evitare che lo Stato comprima la democrazia locale e come europeista sono sul "chi vive" affinché questo scenario drammatico non implichi un'epocale interruzione del processo di integrazione europea. Poi ci sono altre vicende che mi fanno stare sul "chi vive", come ad esempio, per i miei figli, quelle della scuola e dell'Università, che mi pare siano state colta impreparate - con diversi livelli e tempi di reazione - dalla chiusura delle aule e dalla cessazione della normale attività didattica. Ma tutto è un po' così e quanto avvenuto potrà in parte evitarci in futuro situazioni analoghe e solo in parte prevedibili e per la parte di prevedibilità forse qualcuno risponderà di gravi ritardi e errori grossolani, non sempre in buona fede. E chi persevera è peggio ancora sulle misure sanitarie e quelle economiche.