Noto con crescente preoccupazione di come certe decisioni su come schierarsi su di un certo argomento vengano assunte dal politico di turno sulla base delle reazioni che sui "social" emergono su di un certo tema. Non mi riferisco al lavoro scientifico dei sondaggisti, che comunicano a chi lo vuole gli umori della popolazione, ma a qualcosa di più artigianale o casereccio. Mi sono sentito dire certe volte in riunioni politiche «ma ci conviene dire certe cose? Ho letto i commenti su "Facebook"...». Che poi quando vai a vedere questi "commenti" sono quattro "like" neanche argomentati di persone che spesso non vanno oltre l'immagine di un post. Mi spiace, ma non condivido questo modus operandi. Credo che le posizioni, fatto salvo il dibattito e il confronto, debbano avvenire senza sempre pensare ossessivamente al risultato elettorale e alle elezioni vicine o lontane.
Questa del barcamenarsi tra il cerchio e la botte per compiacere "follower" o seguire "hashtag" di tendenza è una stortura della politica da correggere e un mania da placare. Sacrificare le proprie convinzioni o una linea programmatica di lungo periodo in nome di un effimero successo sui "social" è un atteggiamento da adolescente insicuro, non da coloro che pretendono di amministrare la cosa pubblica. La politica non dev'essere piaggeria né reale né virtuale. Paradossalmente, poi, i più camaleonti, pronti a cambiare colore a seconda di scelte opportuniste, le bandierine al vento sono poi quelli che i "social" non li sanno utilizzare, interpretare, e che consci forse delle loro lacune, cercano di colmarle compiacendo proprio un target che non appartiene loro e che non fidelizzeranno mai. Per questo apprezzo il lato ispido di mia moglie Mara, che malgrado non sia più una ragazzina, non riesce a trattenersi quando crede in qualcosa. Ha pagato per questa sua intransigenza più volte e sulla sua pelle. Nonostante questo rimane convinta che l'unico modo per raggiungere uno scopo sia la via retta, la distanza tra due punti. Le ellissi dei compromessi non fanno per lei, nonostante abbia sposato un politico di lungo corso. Lo ha fatto anche sulla scuola con una petizione, che si può firmare su change.it. Riporto qui il testo indirizzato al presidente del Consiglio e, di conseguenza, giù per li rami, a tutte le autorità che fanno parte di un sistema, capitanate dal ministro dell'Istruzione Lucia Azzolina, siciliana trapiantata a Biella, che da mesi ripete all'infinito che la scuola riprenderà solo a settembre. "L'emergenza sanitaria causata dal "covid" ha imposto a tutti i cittadini misure restrittive di contenimento che hanno causato conseguenze importanti a livello sociale, economico e culturale. Arrestata la curva di crescita della malattia, il Governo si appresta a varare le misure per la cosiddetta "fase 2". Un gruppo di esperti sta lavorando sulla riapertura delle attività economiche, si parla addirittura di far ripartire il campionato di calcio. Purtroppo la scuola sembra non essere una priorità del nostro Paese, a differenza di quanto avviene nel resto d'Europa. L'obbligo scolastico, previsto in Italia dai sei ai sedici anni, non è un servizio accessorio, un bene di lusso e neanche un regalo ai contribuenti. La scuola è la prima fabbrica che bisogna riaprire, perché è quella che produce il bene più importante che esista: la formazione che è cultura, ma anche crescita, autonomia, solidarietà. E' necessario che in queste settimane, con l'adeguata applicazione del principio di sussidiarietà, si lavori per trovare delle soluzioni che consentano di riaprire le scuole dell'obbligo a maggio in sicurezza per gli alunni, gli insegnanti e tutto il personale scolastico. Bisogna farlo:
- per giustizia sociale, perché i bambini non sono in grado - a differenza dei ragazzi - di studiare autonomamente;
- perché non tutti i genitori hanno i mezzi e le possibilità per sostituirsi agli insegnanti;
- perché ci sono bambini chiusi in casa da quasi due mesi che non hanno avuto nemmeno la possibilità di passeggiare che è stata data ai cani. I bambini hanno bisogno di socialità;
- perché i genitori non possono tornare al lavoro con i bambini a casa e lo Stato, cioè noi contribuenti, non possiamo permetterci di sostenere un'economia che non sia produttiva". Reazioni? Positive e negative: chi l'ha lodata e sostenuta, chi l'ha tacciata di voler sterminare bambini ed insegnanti alla stregua del peggiore criminale di guerra. I migliori? Coloro che hanno condiviso la petizione pur non sostenendola o non essendone interessati. I peggiori? Quelli che non hanno letto ma hanno criticato e, non attribuendo all'istruzione nel senso più ampio del termine un grande valore, ritengono che i loro figli «avranno tutta la vita per andare a scuola». La libertà di pensiero è legittima e coloro che hanno avuto il coraggio di dire a mia moglie «io ho paura per mio figlio» sono persone ammirevoli. Meno quelle che hanno aggiunto il loro "like" di facciata e poi hanno iniziato con la solita macchina del fango omertosa ad insabbiare l'iniziativa con «ma questa ci fa o ci è?» o «dice di averlo scritto lei ma dietro chissà cosa c'è». Concludo riportando un testo anonimo ricevuto tramite quelle catena senza fine che si sono moltiplicate in questi giorni: «caro ministro Azzolina, sono una mamma di due figli. Uno di terza elementare, uno di quinta. Noi non ci conosciamo. Anche se, pur non sapendo della sua esistenza, il giorno che hanno chiuso la scuola dei miei figli ho detto esattamente "Azzolina! E adesso?". Poi hanno chiuso anche il mio lavoro, ci hanno confinato un casa e ho smesso di dire "Azzolina" e ho incominciato ad usare espressioni un po' meno vetuste. Cara Azzolina. Adesso il problema è che il padre dei miei figli, che è molto più furbo di me la mattina non c'è. E quindi i compiti, annessi e connessi toccano a me. Ministro, abbia pazienza azzolina! Io non ne posso più. Ho ristudiato il neolitico, il paleolitico, le frazioni, il corsivo minuscolo, il ciclo delle stagioni (che già lo sapevo) e due e dico due poesie di Pasqua a memoria. Che tra l'altro tanto chi cazzo vuole che venga a pranzo a Pasqua? La casa ormai è un cumulo di macerie. Il bagno credo stia in fondo a destra dopo il terzo mucchio panni-giocattoli-pongo-pittura-mare-diesel-merda-morte-vitaaaa. La camera dei miei figli pare il covo del professore... Non un suo dipendente. Quello della "Casa di carta". Mi aspetto che inizino a chiamarmi per trattare da un momento all'altro. I miei figli stanno lentamente regredendo a livelli precedenti appunto il paleolitico. Sono perfettamente in grado di fabbricare armi per la caccia, accendere un fuoco (in salotto), cacciare gatti per pranzo (ha mai mangiato il gatto cucinato al falò?). Ma convincerli a studiare diventa sempre più opera da delegato delle Nazioni unite. […] Tutto ciò mentre le maestre indossando camicie caraibiche e bevendo molti mojito mandano compiti col ghigno sadico di chi gusta la propria vendetta. Le maestre fanno anche il trenino collegate tra loro via "Skype". Sulle lezioni on line inutile dire nulla. Dovrò scrivere un post dedicato, azzolina! Ministro Azzolina, azzolina! Lei deve fare qualcosa. La salute prima di tutto. Ma anche la salute mentale di tutti noi è salute. Io glielo chiedo col cuore in mano. Trovi una soluzione per riaprire le scuole. E lasciarle aperte fino ad agosto. Tutto un ciclo unico senza interruzione estiva. Neanche a Ferragosto. Glieli mando coi guanti. Con la mascherina. Sotto vuoto. Impacchettati. Faccia lei... Ma faccia in fretta. Azzolina!». E con questo sorriso vi invito a firmare la petizione. Non perché l'ha scritta mia moglie, ma perché, come ha detto il Presidente francese Emmanuel Macron, riaprire le scuole è una questione di giustizia sociale.