Da bambino, in spiaggia, giocavo con i miei coetanei a costruire una piccola montagnola di sabbia alla cui sommità si piantava lo stecco in legno del gelato. Poi a turno si toglieva dalle pendici un pochino di sabbia, sino a quando il legnetto cadeva e il colpevole dell'ultimo letale scavo perdeva la sfida. Mi pare che questo gioco somigli terribilmente al destino in corso dell'Autonomia speciale della Valle d'Aosta e il presente che stiamo vivendo mostra una perdita di efficacia che si sposa con l'assenza di valori e di idee, con grandi "scavatori" in azione. Di conseguenza la costruzione autonomista datata 1945 rischia di crollare. E non avviene questa volta per i molti agenti esterni che son dagli esordi in poi - ad ogni piè sospinto - hanno messo in discussione le sue fondamenta ed i suoi contenuti, ma per azioni interne che sono come quelle manate che fanno crollare lo stecchetto nel gioco da spiaggia.
Questo progressivo logoramento per chi ha vissuto e contribuito a tempi d'oro dell'Autonomia contemporanea, pur con limiti e storture di ogni costruzione umana, non solo fa soffrire, ma pone l'evidente interrogativo se ci si debba rassegnare a questa deriva morale e politica o si debba, invece, reagire con forza e determinazione. L'alternativa è brusca e ben visibile: non è più solo l'arretramento da Speciale ad Ordinaria della nostra Regione, ma il quadro montante di anti-regionalismo che sortirà dalla pandemia diventa gioco facile e con destinazione finale si intravvede un ritorno nell'alveo del vicino Piemonte o di chissà quale macroregione in cui annegarci. Tutto filerà liscio, in negativo, se noi stessi al nostro interno facciamo dei nostri poteri e competenze un uso sbagliato o maldestro o peggio ancora se si entra nella logica imperante di applicare tout court quanto viene da Roma senza spinte di originalità e di ingegno, come dev'essere l'esercizio delle proprie prerogative. L'ordinamento valdostano, se diventa fotocopia, si scioglie come neve al sole ed il particolarismo politico sparisce e cessa un segno distintivo che fa di noi "i valdostani". L'instabilità politica crescente, certa mediocrità fra i politici, amministrazioni sempre più deboli, una perdita di identità culturale progressiva, le inchieste giudiziarie di vario genere con ruberie e 'ndrangheta, l'invasione di campo di certi poteri dello Stato, la sfiducia popolare verso le Istituzioni: tutto concorre a questa corsa verso il baratro ed alla necessità di un salvataggio in extremis che manca ancora di un suo costrutto, visto che "chi ci crede" viaggia in ordine sparso e senza un cemento che unifichi, come sarebbe necessario. Si pensa ormai in modo ossessivo alle elezioni ed ai voti necessari per svettare ed intanto, in una mesta marcia dalle tinte fosche, l'Autonomia, già invecchiata per la difficoltà giuridica di una riscrittura dello Statuto del 1948 in assenza del principio dell'intesa con lo Stato, prima si paralizza e poi persino arretra, come si vede di questi tempi con la pandemia affrontata in modo pavido e balbettante. Incapacità delle persone e stato pre-comatoso di un sistema che da efficace è diventato lento, macchinoso e non più votato all'autogoverno come chiave di volta della ragione stessa di un'Autonomia speciale non più vissuta, non più difesa. Personalmente non mi rassegno a questa deriva per senso della Storia e senso del dovere. Non potrebbe mai essere una battaglia solitaria per evitarmi di diventare una sorta di caricatura di chi rimpiange un passato che non tornerà. Non si tratta di questo: nessuna autocelebrazione o frasi nostalgiche su un passato dorato. Ma non si può neppure accettare grigiore e decadenza. La Storia dimostra bene il saliscendi della nostra Valle nel contesto più vasto di cui ha sempre fatto parte, perché non siamo una luna che vive per conto proprio. Facciamo sempre più parte di sistemi complessi e integrati, che interagiscono e chi pensa che l'Autonomia sia autarchia o chiusura in sé stessi sbaglia di grosso. Bisogna essere consci del proprio valore, fiduciosi nelle proprie forze, autocentrati il giusto, senza però pensare di poter fare da soli, senza confronti con il mondo in cui siamo, che sia il rapporto dialettico con Roma o la necessità della casa comune europea. Autonomia non è provincialismo o inseguire sogni illusori e senza costrutto con fughe in avanti fantasiose. E' una logica in punta di Diritto, che deve tuttavia corrispondere ad un idem sentire, ad un progetto condiviso, senza il quale tutto si svuota, perché mancherebbero le basi su cui costruire il futuro, che è fatto di un dinamismo continuo, perché tutto cambia attorno a noi e la nostra stessa comunità cambia nel tempo. Giusto avere sempre figure nobili e punti di riferimento in chi ci precedette, ma il rinnovamento continuo è necessario per evitare che le nostre Istituzioni diventino come uno dei castelli ormai ruderi presenti sul nostro territorio e che la rappresentazione del nostro modo di essere risultasse fasulla come i villaggi dei film western. Chi resta convinto, invece, di recitare una visione passatista e polverosa, chi si sente investito di superpoteri e non sa allacciarsi le scarpe, chi è convinto che certi principi morali siano carabattole, chi è disposto a vendere l'anima per un pugno di voti, chi entra in politica per sbarcare il lunario e molti altri esemplari degni del bar spaziale di "Guerre stellari" vanno accompagnati garbatamente all'uscita. Prima che sia troppo tardi.