Raramente sulla pagina locale de "La Stampa" viene pubblicato un editoriale ed oggi il fatto che ne sia uno indirizzato al presidente della Regione, Renzo Testolin, appare come un messaggio forte, che mette in gioco due cose: il diritto dei valdostani di sapere e il diritto-dovere dei giornalisti di svolgere a pieno il proprio lavoro di informare. Una posta in gioco essenziale in una democrazia e par di capire che i silenzi del presidente, che si sommano a sconcertanti atteggiamenti che l'editoria ricorda bene, abbiano raggiunto un livello tale da obbligare ad una presa di posizione senza peli sulla lingua e mi auguro che Ordine dei Giornalisti e Sindacato Stampa Valdostana facciano sentire la propria voce a tutela della libertà di stampa. Nessuno può essere sordo o tirare dritto quando una crisi come quella del "coronavirus" colpisce una comunità, perché questa situazione, che già ha sospeso molte libertà, non mi risulta abbia sospeso la libera informazione e gli obblighi di rispondere alle domande poste. Già i meccanismi delle conferenze stampa mi avevano lasciato perplesso, ma la fotografia definita dall'editoriale della pagina valdostana del quotidiano torinese, diretta da Stefano Sergi, non lascia ombre o dubbi sul giudizio da dare.
Eccone il testo: «Il 25 aprile, nel pieno dell'emergenza coronavirus, abbiamo inoltrato una formale richiesta di intervista al presidente della Regione, Renzo Testolin, attraverso i canali istituzionali, ossia l'Ufficio stampa della Giunta. Nel giro di poche ore ci è arrivata, dallo stesso ufficio, la risposta affermativa, ma con la specifica richiesta, voluta dallo stesso presidente, di avere le domande in forma scritta. Non è nostra abitudine acconsentire a richieste simili, perché impediscono il normale e doveroso incalzare di un giornalista nei confronti dell'interlocutore, chiunque esso sia, sulla base delle sue risposte. Tuttavia, vista l'eccezionalità della situazione, abbiamo acconsentito e , in data 27 aprile, abbiamo trasmesso 14 domande al presidente Testolin. In 19 giorni non abbiamo mai ricevuto risposta, né spiegazioni. Chi governa una Regione, attraverso una concentrazione di cariche e potere che non ha eguali in Italia e ancor di più nel pieno di una pandemia devastante e epocale, ha il dovere di dare risposte ai cittadini. Sottrarsi alle domande non è un problema di scarsa educazione, ma di democrazia. Abbiamo quindi ritenuto opportuno, a beneficio dei lettori, elencare qui sotto le principali domande alle quali il presidente Testolin non ha voluto rispondere.
- "Non le sembra impossibile poter svolgere al meglio tutti i suoi incarichi, durante la peggior emergenza dalla Seconda Guerra mondiale? L'elenco: lei è presidente della Regione, prefetto, assessore alle finanze attività produttive e artigianato, assessore alle opere pubbliche, territorio ed edilizia residenziale pubblica e pure assessore al turismo, sport, commercio, agricoltura e beni culturali. Ci dica, lei è "Superman" oppure i suoi predecessori su quelle poltrone erano semplici figuranti?".
- "La Valle d'Aosta ha conquistato il triste primato di maggior numero di contagi rispetto alla popolazione. Crede sia stata una buona idea fare quell'appello pubblico ai turisti, peraltro condiviso dalle vostre autorità sanitarie, a venire in Valle d'Aosta «perché è un luogo sicuro» quando la pandemia stava dilagando in Lombardia con risultati drammatici?".
- "Presidente, tornando al triste primato valdostano in termini di contagi, sembra evidente che qualcosa non abbia funzionato in una sanità locale che ha sempre fatto vanto di standard qualitativi altissimi. Che cosa, secondo lei?".
- "L'autonomia valdostana sembra essere passata in secondo piano, in questa pandemia. La sanità è competenza della Regione, che però in questo ambito ha sempre seguito scrupolosamente ogni dettame arrivato da Roma. Il Veneto, che autonomo non è, è andato per un'altra strada e, risultati alla mano, ha imboccato la strada giusta. Perché, pur avendone la possibilità, avete aspettato tanto a introdurre controlli a tappeto e blocchi stradali? E perché non avete pensato fin dal primo momento a fare tamponi al personale sanitario preservando l'unico ospedale disponibile sul territorio?".
- "A proposito di ospedale, siete intenzionati a creare nella clinica di Saint-Pierre un "ospedale covid", ma la Dirigenza della clinica non sembra dello stesso avviso. Li convincerete o avete alternative e, se ne avete, quali sono?".
- "Ha ancora senso parlare di ampliamento dell'ospedale "Parini", o l'idea sta tramontando e lascia spazio alla realizzazione di un nuovo nosocomio?".
- "L'emergenza sta bloccando l'intera economia ma, in particolare, il turismo: bar, ristoranti, alberghi, rifugi. Gli operatori chiedono un interlocutore, ossia un assessore, che però è Lei. Come e quando pensa che si possa sbloccare questa anomala situazione politica? Tradotto, fino a quando pensa di mantenere tutte queste cariche?".
- "L'impressione, da parte dei valdostani, è che la politica stia affrontando questa emergenza con i soliti tempi della politica italiana, tra proclami, commissioni, task-force, dichiarazioni d'intenti, analisi, discussioni eccetera con, sullo sfondo, la perenne campagna elettorale. Ma all'atto pratico, ancora poco o nulla, a parte due spiccioli del governo. Cosa risponde?".
- "A proposito di task force, quella che avete nominato è formata sostanzialmente da coordinatori, e tra l'altro manca stranamente quello delle finanze. Sembra l'ennesimo apparato burocratico. Sbagliamo?".
- "Guardando al futuro, non crede che un progetto serio della Regione in tema di tecnologia e politiche del lavoro possa portare a uno sviluppo su ampia scala del telelavoro, anche come freno allo spopolamento dei piccoli paesi?". L'intervista si concludeva con "Ci dica tre cose che non rifarebbe". Anche in questo caso non conosciamo la risposta ma, nel caso il presidente ritenga di aver commesso qualche sbaglio, auspichiamo che inserisca tra questi la decisione di rifiutarsi di rispondere a domande che riguardano la salute e il destino economico di decine di migliaia di valdostani».