Se mai ce ne fosse stato bisogno, è risultato chiaro come la pandemia sia stata una "livella", dimostrando che - accanto alle mille minacce già incombenti - ci mancava solo che si aggiungesse questo virus killer a incombere sulla nostra esistenza. So bene come l'affaticamento da confinamento e poi le diverse restrizioni, nonché la crisi economica conseguente a quella sanitaria, facciano emergere in superficie un certo scetticismo di chi adombra che la malattia sia stata esasperata. Ho letto, in questo filone, raffronti fra i morti "covid-19" ed altre patologie, come i deceduti per tumore o malattie cardiovascolari. Ma sia chiaro come se non ci fossero state misure di profilassi, di precauzione sociale ed anche protocolli medici sempre migliorati per contrastare una malattia senza cure risolutive, allora saremmo qui a contare molti più morti.
Ciò premesso, resta chiaro che, sino a quando non ci sarà un vaccino, vivremo in una specie di preoccupante bolla, le cui dimensioni dipendono però in modo rilevante anche dalle nostre scelte. Confesso che pensavo che il progressivo allentamento di molti degli obblighi cui siano stati sottoposti avrebbe avuto una risposta pressoché immediata delle persone. Ed invece regna ancora una cappa di diffidenza, frutto probabilmente del bombardamento mediatico, che ha avuto un suo ruolo importante, ma ha esercitato una formidabile pressione su tutti noi. Ci vorrebbe un clima di crescente rassicurazione, pur nella prudenza, ma la verità è che i decisori sono balbettanti. Come si vede dalle decisioni governative con provvedimenti monstre - di cui i "Dpcm" ancora in produzione sono esempio lampante - drammatizzati con effettui annuncio, poi smentiti o rettificati. Intanto i "social" si riempiono di commenti inutili e soprattutto di notizie false o contraddittorie e ciascuno di noi è chiamato a perdere tempo per discernere le cose per regolare la propria vita. Ma tutto deve andare avanti e conviene metterselo in testa e provare a tornare alla normalità, pur con la gradualità dettata anzitutto dal buonsenso e non solo dalle norme. Intanto, viviamo con inquietudine, sentendoci sulla testa una spada di Damocle. Ricordate l'origine di questa espressione comune? Damocle era amico e uomo di corte di Dionisio II detto "Il Vecchio", tiranno di Siracusa; il primo non nascondeva d'invidiare molto la condizione ed i privilegi del potere regale, anche se il sovrano cercava di fargli capire il peso e la precarietà della sua posizione. Per convincerlo, Dionisio II invitò l'amico a prendere il suo posto per un giorno e, durante il banchetto della sera, gli fece trovare sopra la testa una spada sguainata, appesa soltanto con un crine di cavallo. Solo allora Damocle capì lo stato di perenne inquietudine e angoscia in cui viveva Dionisio ed i pericoli sempre in agguato per coloro che detengono un grande potere. Interessante la possibile duplice lettura. La prima che ricorda appunto la condizione di chi si trova ad avere posti di responsabilità. Per cui personalmente non invidio chi deve decidere, ma noto come - anche nella piccola Valle d'Aosta - siano mancate decisioni pronte e soprattutto originali in ossequio ai poteri e alla competenze di una Regione autonoma. Anche ora, nel momento di uscita dalla fase acuta, l'incapacità di alcuni resta macroscopica e pure condita da atteggiamenti spocchiosi, che sono caratteristici di chi si trova a ricoprire cariche senza averne le doti e le capacità. Ma la spada resta pendente e minacciosa e questo elemento turba la nostra quotidianità. Ci vorrebbe su questo aspetto una coscienza collettiva che ci spinga ad uscire dal bozzolo, che non significa affatto strafare, ma riprendere con maggior vigore le nostre attività consuete. E' questa, per altro, la sola strada da imboccare se vogliamo che l'economia si ripigli, perché i meccanismi economici sono legati alla fiducia, nonché alla ripresa dei consumi a dei livelli accettabili in una logica virtuosa di ripartenza.