Leggo la rubrica che su "Electoradio" scrive Fabrizio Cassella, costituzionalista e già Rettore dell'Università valdostana, e non posso che constatare come sue certe preoccupazioni siano da me del tutto condivise. Scrive Cassella: «Storia ed educazione civica, la maestosa idea di oltre sessant'anni fa di Aldo Moro per costruire l'identità nazionale attraverso le scuole. Non un'aspirazione ideale ma un programma realistico per la ricostruzione morale ed economica dell'Italia: partendo dai giovani e facendoli adulti nelle coscienze e nell'esperienza. Nel frattempo l'insegnamento della storia è stato progressivamente marginalizzato nel percorso educativo - sottolineo educativo - degli studenti, e i programmi di educazione civica resi sempre più polverosi e relegati ai primi anni della scuola secondaria, tenendoli ben lontani dalla fase di formazione degli studenti in cittadini attivi e consapevoli, cioè protagonisti del loro e nostro futuro (si, certo, non siamo ipocriti: dei giovani ci occupiamo anche per sano egoismo). Non solo: la ricostruzione economica del Paese è un tema settario, di cui sono legittimati a discettare solo i manager o gli economisti che declamano "ricette". Il risultato: chiacchiere marmellatose e crescita economica sotto zero».
Concordo sul complessivo abbassamento, pur aspettandomi qualche mail in privato di qualche illuminato professore nella scuola, che mi preciserà quanto da lui fatto per mantenere viva l'accoppiata fra Storia e Cittadinanza da alimentare con le dovute conoscenze. Ma, si sa, una rondine non fa primavera! E la responsabilità sta nella mancanza nelle indicazioni didattiche: tanti annunci ma poca corrispondenza con la realtà. Non che manchi la possibilità di agire attraverso le necessarie competenze, come ricorda Cassella: «Eppure sono tanti e validi gli studiosi e gli insegnanti di storia, così come sono costantemente evocati i costituzionalisti (che, se volete, si possono considerare studiosi e insegnanti di educazione civica): ma vengono trattati come i riservisti. Ci sono tra le nostre forze armate per affrontare il futuro e preparare le nuove leve, ma non li schieriamo. Sarà per sfiducia, perché non li riteniamo adeguati al loro ruolo? Domanda inammissibile, se prima non valutiamo l'adeguatezza dei governanti. Sarà per timore che realizzino l'obiettivo? Domanda inammissibile, perché muove dal presupposto che qualcuno (inteso come chicchessia con qualche ruolo) abbia un progetto, ma ciò è escluso dall'evidenza dei fatti. Sarà perché non è conosciuto il rilievo strategico della storia e dell'educazione civica a partire dalla riforma di Moro del 1958? Risposta esatta: per ignoranza, amiche talpe, profonda come le nostre tane. L'alimentazione di noi talpe è limitata: lombrichi, vermi, lumache e larve, cioè, volendo antropizzare queste specie animali, decisori politici. Temo che la dieta dimagrante di questa generazione di talpe sarà messa a dura prova, perché difficilmente resisteremo all'abbuffata di così tanto cibo a disposizione che sembra destinato a non esaurirsi». Già la rubrica di Cassella si chiama ironicamente "La Talpa", ma - a sua differenza - lo sguardo sul presente di Cassella ci vede lungo rispetto alla scelta di nutrire ignoranza più che cultura. Si parte dai rami più alti sino ad intaccare le radici per disinteresse verso la pianta e il suo destino, mentre la retorica patriottarda mira a celare il disegno di avere cittadini privi di strumenti elementari di comprensione della Politica e delle Istituzioni. Così cresce la tentazione di fare come la talpa: rifugiarsi in una tana sotterranea e rassegnarsi.