Leggo gli ultimi dati "Istat" sulla demografia in Valle d'Aosta: dal 1° gennaio 2019 alla fine dello scorso anno la popolazione valdostana è passata da 126.098 abitanti a 125.501. Ricordo, come utile elemento comparativo, che i valdostani erano 85.900 nel 1861, 81.457 nel 1911, 94.140 nel 1951, 100.959 nel 1961, 119.548 nel 2001, 125.979 nel 2007 e si è avuto un picco di 128.591 nel 2014. A fronte di 841 nati ci sono state 1.392 morti e questo rafforza la "crescita zero" già registrata da tempo con una percentuale sempre più bassa di nascite. Il dato 2020 sarà ancora peggiore per l'ovvia ragione che a pesare saranno le persone morte a causa del "covid-19", che ha falcidiato in particolare la popolazione anziana, probabilmente riducendo quel tasso di invecchiamento che è altra caratteristica di una Valle d'Aosta che ha sempre più meno giovani.
Non è certo una peculiarità della Valle d'Aosta, ma i dati complessivi restano allarmanti e l'Istituto di statistica prevede una crescita enorme di persone sempre più avanti con l'età (già oggi in Valle sono più i pensionati dei lavoratori attivi). Un problema sociale serio, comunque lo si voglia vedere. Per meglio definire il rapporto fra giovane e vecchio è possibile adoperare il concetto di "speranza di vita alla nascita". In Italia è stato nel 2010 di 79,1 anni per gli uomini e 84,3 per le donne, in leggera crescita rispetto ai dati del 2005, 78,1 e 83,7, rispettivamente per ciascuno dei due sessi. Nel 2018 la "speranza di vita alla nascita" è salita per entrambi i generi: 80,8 anni per gli uomini e 85,2 per le donne. Si sappia che con il "covid-19" per il 2020 la speranza di vita potrebbe scendere in un'oscillazione tra lo 0,4 e 1,4 anni. Il progresso resta notevole se si considera che, sempre mediamente, nel 1880 in Italia la speranza di vita alla nascita era di 35,4 anni (era dieci anni di meno in epoca romana!), divenuti 42,8 nel 1900, 54,9 nel 1930 e 65,5 nel 1959. L'Istat alcuni anni fa aveva previsto, proprio per il 2020, una crescita che certo non sarà confermata a 133.422 con questa progressione: 2030 (135.397), 2040 (136.301) ed infine nel 2051 135.315. Resta evidente che se la natalità resterà bassissima queste previsioni salteranno. C'era chi si era illuso che ci sarebbe stato, per via del confinamento, una specie di "baby boom", legato all'intimità domestica e invece proprio l'Istat ha confermato che le paure e le incertezze causate dalla pandemia causeranno l'anno prossimo un calo di almeno diecimila nuovi nati, passando dai 435mila previsti per il 2020 ai 426mila per l'anno seguente. Tutto questo però se riusciremo a ripartire decentemente e in fretta. Se dovessimo impantanarci in una crisi senza uscita, con la ripresa del "coronavirus" tra poche settimane, allora andrebbe ancora peggio: alla fine del 2021 i nati sarebbero 396mila. L'insieme di dati ha portato persino il Presidente della Repubblica ad esprimersi e riporto una stralcio da "La Repubblica": "I numeri dell'Istat chiamano in causa il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che usa parole gravi incontrando una delegazione del forum delle associazioni familiari. «Lei ha parlato della natalità come il punto di riferimento più critico principale di questa stagione. Ed è realmente così - spiega il presidente della Repubblica - Il dato dell'Istat indica che il numero delle famiglie in Italia è diminuito considerevolmente. Come conseguenza dell'abbassamento di natalità vi è un abbassamento del numero delle famiglie. Questo significa che il tessuto del nostro Paese si indebolisce e va assunta ogni iniziativa per contrastare questo fenomeno». Dati che mettono a repentaglio il futuro: «Chi è anziano come me ha ben presente l'abbassamento di scala della natalità nelle generazioni. Due generazioni prima della mia, i figli erano numerosi; poi si sono ridotti ancora. E questo è un problema che riguarda l'esistenza del nostro Paese. Quindi le famiglie non sono il tessuto connettivo dell'Italia, le famiglie sono l'Italia. Perché l'Italia non è fatta dalle Istituzioni ma dai suoi cittadini, dalle persone che vi vivono»". Condivido assolutamente le parole del Capo dello Stato. Parlare di incentivare le nascite e di avere più figli (io ne ho tre...) non è una politica di destra, che faccia il verso all'Italia mussoliniana, ma una logica di assoluto buonsenso per il rischio che intere comunità - pensiamo a tanti paesi della Valle dove si festeggia il bambino nato di quando in quando - possano scomparire del tutto, rese esauste dalla denatalità.