Per gli amatori del genere, da oggi e prossimamente - con una cadenza più o meno regolare - parlerò di Autonomia valdostana. Cercherò di dimostrare che l'Autonomia non è un aspetto singolare, una specie di monolite, ma è una realtà plurale. Somiglia, per usare un'immagine, ad una matrioska, quella bambola russa che contiene al suo interno tante bamboline. Solo la coscienza di questa varietà consente di avere la consapevolezza di tutti noi dell'importanza di una sua salvaguardia. Solo la conoscenza genera una sua difesa e lo ribadisco in un momento in cui l'autonomismo è diventato un'espressione caotica, illeggibile perché spazia da un regionalismo moscio ad un indipendentismo giuridicamente indefinito.
Il tema dell'Autonomia langue nella realtà ed eccelle paradossalmente nelle cerimonie ufficiali, quasi sempre con discorsi scritti da ghostwriter più o meno bravi, che se la cavano con qualche citazione dotta, una serie di mozioni degli affetti, qualche battuta contro il centralismo e via di questo passo. Roba onesta buona ieri, oggi e domani con un tasso di successo che dipende dalle capacità oratorie di chi legge e, rara avis, improvvisa. Mi sono sempre ribellato a questo conformismo, cercando di piazzare certi discorsi ufficiali nella temperie del momento, avendo - per cominciare - una convinzione. La convinzione è che l'Autonomia non sia un feticcio, cioè un oggetto di ammirazione fanatica e non è neppure una reliquia da portare in processione. E' un sistema di autogoverno, frutto della storia valdostana ben espresso nel Seicento dal Vescovo di Aosta Albert-Philibert Bailly: «Vallis Augusta... est provincia non ultra nec citra, sed intra... Alpium montes collocata». Questo fattore alpino, territoriale come causa e effetto sulla "civilisation", come elemento che influenza tutta la vita quotidiana. Non si tratta né di un capriccio né di un'invenzione: chi come me ha avuto il privilegio di vedere la Valle da Roma, da Bruxelles e da Aosta potrebbe moltiplicare gli esempi di scelte politiche, normative nazionali e comunitarie, atteggiamenti verso la nostra comunità che disattendono questa logica di adesione di un'Autonomia territoriale e alpina con decisioni che non sono efficaci e rispettose del territorio particolare in cui viviamo e delle attività, qualunque esse siano, dei suoi abitanti. Per questo oggi abbiamo un Consiglio Valle, concepito nel 1945, che esprime un Governo il cui compito principale è essere in grado di decidere politiche rispondenti alle necessità, sapendo affermare i diritti scritti nello Statuto di Autonomia. Detto così sembra tutto semplice. Ma ci si accorge quotidianamente come lo spirito combattivo e militante si sia trasformato in atteggiamenti stanchi e monotoni, biecamente ripetitivi e poco innovativi. Troppi valdostani di vecchia stirpe e, dall'altra, abitanti arrivati da poco sembrano uniti in un destino che ricorda il "Paese dei Lotofagi" dell'Odissea, che ingurgitano il loto, il quale produce oblio del passato e crea un torpore che crea preoccupazione per il futuro.
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