Sono giorni strani, fatti di emozioni mutevoli, in un periodo frenetico di discontinuità. Capita perciò di essere più attenti all'ascolto - pur non volendo farla troppo grossa - del proprio stato d'animo. Ha scritto Isabel Allende: «Una bella fotografia racconta una storia, rivela un luogo, un evento, uno stato d'animo, è più potente di pagine e pagine scritte». Giusto, però un film può metterci lo zampino. Ho guardato l'altro giorno, con i lucciconi alla fine della visione, lo straordinario docufilm del regista valdostano Davide Bongiovanni dedicato al "covid-19" e intitolato "(R)esisti". Un lavoro avvincente che ricostruisce con intensità e garbo, senza indulgere a particolari macabri e senza retorica melensa, quei mesi drammatici a cavallo fra inverno e primavera che ci hanno toccati tutti. Anzi, che ci toccano tutti e l'impiego del presente non è casuale per due ragioni.
La prima è che, chi più chi meno anche a seconda del tasso di coinvolgimento e talora di drammaticità dei fatti vissuti, tutti abbiamo ancora dentro emozioni e sentimenti che non si sono per nulla spenti. Come un'oscurità interiore che ci portiamo sulle spalle, che in molti si esprime in un serio male di vivere e altri in un senso latente di fatica e pesantezza. La seconda è che non esiste più una normalità cui fare riferimento per la semplice ragione che molto è cambiato fra il vissuto e l'attesa per quello che sarà e tutti siamo come sospesi su questa passerella. Quel che ci sostiene sempre sono la scoperta dell'importanza di tante piccole cose riscoperte che ritengano come qualcosa di acquisito, di cui abbiamo scoperto la possibile aleatorietà. Quelle cose di cui ognuno di noi ha un suo repertorio e che si trovano nei versi di Jorge Louis Borges: «Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire. Chi è contento che sulla terra esista la musica. Chi scopre con piacere una etimologia. Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi. Il ceramista che intuisce un colore e una forma. Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace. Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto. Chi accarezza un animale addormentato. Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto. Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson. Chi preferisce che abbiano ragione gli altri. Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo». Fine della citazione e apro una parentesi: questa storia della quotidianità è interessante anche In epoca di campagna elettorale, di cui dovrei avere discreta esperienza, ma capita ancora di stupirsi. Ad esempio l'elemento nuovo sta nel fatto che mi rendo conto - e forse quell'isolamento pregresso da confinamento pesa anche su questo - di come le persone che si incontrano abbiano più voglia di parlare e di raccontarsi del solito. Sarà che sono meno frenetico del passato, ma trovo molti racconti di vita avvincenti e offrono uno spaccato interessante e genuino della Valle d'Aosta di oggi. Comunque vada a finire, mi accorgo come siano vicende umane da capire e da accogliere per accrescere il proprio patrimonio di conoscenza e forse di sensibilità. Torno al "coronavirus" per dire di come la cronaca sia talvolta cinica e così la malattia di Flavio Briatore, negatore della pandemia, con un focolaio grave nella sua discoteca, il celebre "Billionnaire" di Arzachena, sembra una specie di contrappasso. Non faccio ironia sulle malattie altrui e chi ci scherza passa dalla parte del torto, ma resta il valore simbolico degli eventi.