Durante la campagna elettorale si è diffuso un venticello su mie supposte responsabilità sul venir meno degli storici "buoni benzina" in Valle d'Aosta e ora, pur finite le ostilità, c'è chi continua, come se fosse un pappagallo, a ripetere questa fake news, lanciata da qualcuno che non mi ama. Se non avessi avuto contatti e conoscenze a Bruxelles, i "buoni" sarebbero stati aboliti molto prima e li ho difesi strenuamente quando ero presidente della Regione, cercando soluzioni tecniche, abbandonate da chi è venuto dopo di me. Ma non ho alcuna intenzione di tornarci sopra per chissà quale polemica, perché per fortuna ho tutta la documentazione necessaria per dimostrare non solo la mia buona fede, ma anche l'impegno profuso. Anzi, il prossimo che scriverà qualche scemenza, pur ritenendo quasi sempre inutili le querele, lo porterò in Tribunale, perché "carta canta" a differenza delle lingue lunghe.
Scrivevo nel dicembre del 2009 (avevo lasciato da sei anni il Parlamento europeo!) su questo blog: «Quel che c'è di singolare nella fine dei "buoni carburante" è la pratica dello "scaricabarile", vale a dire l'idea di spostare su altri eventuali responsabilità, tipo "gioco della scopa" da festa giovanile. Personalmente, dall'alto di una pila di documenti, sono sereno del lavoro svolto e ritengo che ogni sforzo sia stato fatto contro una certa astratta imbecillità di alcuni burocrati europei e la generale inerzia e pigrizia dei Governi italiani di ogni colore. Il boccone è amaro ma salutare, perché dimostra che la nostra Autonomia in Italia ed in Europa resta spesso debole e vulnerabile. Dopo sessant'anni di regime transitorio, a dimostrazione che in Italia nulla è più definitivo del transitorio, la ghigliottina è scattata, venata di varie ingiustizie a detrimento della Valle». L'anno dopo scrissi: «Rivangare il passato non serve a niente. Certo sulla vicenda dei "buoni benzina" resta l'amarezza del fatto che, a parte la perdita che scoccia a tutti, lo Stato non abbia fatto la sua parte. Spettava, infatti, anzitutto al Parlamento l'abrogazione della norma della legge 3 agosto 1949 n.623 che prevedeva i "buoni" in attesa della applicazione dell'articolo 14 del nostro Statuto sull'istituzione della "Zona franca". Gli amministratori valdostani, adempiendo ad un obbligo posto dalle autorità comunitarie, si sono assunti un compito sgradevole e a Roma, invece, hanno fatto finta di niente e questo ancora oggi grida vendetta. Sapendo, oltretutto, che la "Zona franca", per la quale la Giunta regionale ha dato una consulenza per verificarne la fattibilità, poteva essere posta in correlazione con l'abolizione dei "buoni" se non fosse stata messa in un cassetto la proposta, già in passato avanzata in Commissione paritetica, di una norma d'attuazione che almeno semplificasse le procedure per una sua eventuale applicazione». Ci tornai nel 2011: «Sui "buoni benzina", ormai spariti, la strada giusta - alla luce del contenzioso con la Commissione europea - era quella da me ipotizzata, con apposita norma d'attuazione dello Statuto, che prevedeva sconti regionali realizzati attraverso le casse regionali, che sarebbero poi state "rimpinguate" del pari importo dai fondi del riparto finanziario derivanti dal maggior gettito ottenuto con la soppressione della defiscalizzazione. Infatti non si sarebbe agito più, come dal dopoguerra, sulla defiscalizzazione, essendo le accise non più toccabili a causa di una direttiva europea. Così ha deciso - confermando la bontà delle mie tesi, abbandonate dopo il cambio di Giunta - la Corte Costituzionale, approvando una legge regionale del Friuli-Venezia Giulia che prevede un sistema di sconti sui carburanti per cittadini ed onlus (per le imprese la complessità era evidente per il il rischio di "aiuti di Stato", ma si sarebbe potuto procedere utilizzando il "de minimis", come già a suo tempo avevamo ipotizzato) con la sentenza 185 pubblicata ieri. In sostanza: nel "cammino" del carburante l'accisa resta tale e quale, mentre si agisce sullo "sconto" che non tocca il complesso della fiscalità. I cittadini non sono i soggetti che devono pagare quell'imposta (la pagano le compagnie petrolifere) e lo sconto è sul prezzo, non sulla tassa. Nel "caso valdostano", l'ipotesi era quella di usare quei fondi derivati dalle tasse non più scontate e dal decimo che all'epoca veniva ancora introitato dallo Stato. Invece, senza toccare la legge statale del 1949 e neppure riprendendo lo schema della norma d'attuazione che era stato preparato per superare l'impasse in cui la Commissione europea ci aveva posti, si è scelta l'abrogazione della normativa regionale.Non si tratta né di polemizzare, né di "piangere sul latte versato", ma almeno di rendere comprensibile la piccola storia di questa vicenda simbolica per l'Autonomia». Insomma: basta panzane su questa storia, che avrebbe potuto avere altri finali, ma così non è stato, quando non avevo più alcuna responsabilità.