Premessa: con il "Trattato di Utrecht" del 1713 nasce l'idea dei bacini idrografici e dei confini sulla cima delle montagne. Criterio meccanicistico rozzo e punitivo per le popolazioni alpine, che prima degli Stati nazionali andavano e venivano senza frontiere. L'Europa unita insegue questa stessa situazione di cancellazione delle "ferite della Storia", come si definiscono le frontiere. In queste ore torna viva la questione dei confini sul Monte Bianco, irrisolta da tutti i Governi di ogni colore succedutisi a Roma, con buona pace di chi vuole manifestare con spirito anti-francese, piuttosto grottesco al tempo dell'Unione europea e risolvibile mettendosi attorno ad un tavolo diplomatico e non con invettive e proteste per farsi pubblicità. Anni fa, ricevetti un biglietto di Laura e Giorgio Aliprandi, i coniugi esperti e studiosi di cartografia, sul tema "proprietà" della cima Monte Bianco. Con mia viva soddisfazione proprio loro, nella fondamentale pubblicazione del 2007 di Priuli e Verlucca "Le grandi Alpi nella cartografia 1482 - 1885", mi davano il merito, come deputato, di aver sollevato con due interrogazioni parlamentari, una nel 1996 e una nel 1999, un tema di cui in Italia - in sedi ufficiali come da loro stessi ricostruito - nessuno si occupava da ben 130 anni!
Per essere preciso nel 1865 (allora il mio bisnonno, Paul Caveri, era Sottoprefetto di Aosta!), in barba agli accordi stipulati, il francese Joseph Mieulet, con un autentico colpo di mano, disegnò una carta nella quale la sommità del Monte Bianco risultava tutta francese, facendo arbitrariamente fare al confine naturale un'anomala deviazione dalla cresta spartiacque. Non ci furono repliche ufficiali da parte del Governo italiano, ma la cartografia italiana non riconobbe mai i confini proposti dalla carta del Mieulet, che venne tuttavia recepita a livello internazionale. Ricordo cosa sul tema ha scritto il grande studioso della civiltà alpina, il professor Paul Guichonnet: «la France a toujours fait figurer sur les cartes l'appartenance de la prestigieuse cime à son territoire National, assertion soutenue par plusieurs auteurs. Laura et Giorgio Aliprandi on fait justice de cette théorie et écrit de manière définitive, l'histoire de la cartographie franco-italienne du Mont-Blanc, par où passe, sans équivoque, la limite entre les deux pays». Mi scrivono con la solita schiettezza gli Aliprandi, rispetto alla rivendicazione nazionalistica dei francesi infondata come da loro ben dimostrato con dovizia di carte geografiche e ufficiali, che «francamente siamo pessimisti: la Francia difficilmente ammetterà le cose a livelli ufficiale e terrà congelato il problema». In chiave europea, come da me sempre sostenuto anche con un intervento al Parlamento europeo quando ero a Bruxelles, la tesi giusta è che lo spartiacque della cima configura la linea confinaria assegnando a Francia e Italia la "comproprietà" del sommet del Monte Bianco. Non è di quei fatti che cambiano il mondo, ma non si può neanche accettare storicamente una modifica unilaterale della ripartizione bilaterale della vetta per scelte franco-francesi, come ben spiegano gli Aliprandi nel libro. Ma permettetemi un passo indietro per meglio capire. All'epoca del distacco della Savoia dallo Stato Sabaudo non ancora Regno d'Italia nel 1860, i Trattati internazionali si occuparono anche della vetta, prevedendo che la linea di confine corresse per consentire un'equanime ripartizione. Poi, qualche anno fa, a fronte di una cartografia francese che, come dicevo, si era "impossessata" dell'intera cima, era nata su mia spinta una Commissione bilaterale di diplomatici e di esperti dei due Paesi per dirimere la querelle, ma i lavori terminarono con un nulla di fatto. Pare che i francesi contestassero l'assenza di una mappa negli accordi originari, che invece esiste, eccome! Della vicenda mi occupai appunto a lungo come ed anche un parlamentare europeo mio amico, Niccolò Rinaldi, chiese di nuovo informazioni alla Commissione europea, stante il valore simbolico di questa montagna. Mi inviò questa mail: «Ciao Luciano, su "Google maps" la frontiera è tutta francese, e pare che questa sia una novità. Naturalmente la cosa ha ricaduta notevole, perché cittadini, studenti, studiosi di tutto il mondo si abbeverano al vangelo di Google. Ne sai niente?». E io gli avevo risposto semplicemente che lo sapevo bene e che questo deriva dal fatto che "Google" impiega per quella zona l'incriminata cartografia francese, cui l'Italia pigramente sembra non aver più intenzione di reagire e penso che a questo punto dovrebbe il nostro Consiglio Valle a suonare la sveglia e me ne occuperò. Ho già detto che, in epoca d'integrazione europea, certe dispute possono essere insensate, specie per chi - come i valdostani - non sono affetti da "nazionalismi nazionali" (scusate il raddoppio). Tuttavia gli accordi storici non sono carta straccia e dunque certi chiarimenti vanno fatti, non fosse che oggi i francesi potrebbero smentire una nostra pubblicità che dicesse qualcosa del genere: "Valle d'Aosta, sin sulla vetta del Bianco". Insomma: la questione va chiarita e non per stupido sciovinismo, ma per onestà intellettuale per evitare che un giorno, ad esempio per un qualche incidente di montagna sulla cima - possa scoppiare un caso di competenza territoriale fra magistratura francese e italiana per l'evidente paradosso di carte geografiche così diametralmente diverse sullo stesso pezzo di territorio.