Cosa resterà di questi mesi, che ormai hanno superato l'anno, chiarendo la volatilità del tempo e la sua percezione che può diventare bislacca? Ogni tanto me lo chiedo e sono convinto che ci sarà una cesura fra prima e dopo. Se non altro composta dalla valorizzazione di tutto quanto, in questo periodo di divieti, ci è mancato. Spesso sono cose banali, che giustamente davamo per scontate, ma non lo erano affatto. L'economia ripartirà e forse la voglia di intraprendere imboccherà nuove strade, anche grazie al fatto che certe vie già battute sono state inopinatamente interrotte. La voglia di vivere non è fatta solo da svago e divertimento, che pure mancano, ma anche dal desiderio di costruire cose nuove, quando dal buio si ritornerà alla luce.
Ma dovremo tutti ritrovare un giusto equilibrio rispetto alle ferite materiali, emotive ed affettive di questo buco nero in cui siamo precipitati e rispetto al quale ognuno di noi ha avuto reazioni diverse. Forse, però, esiste un denominatore comune per molti, che avvertono una sorta di torpore che imprigiona la nostra coscienza e persino certe speranze per il dopo. Ho letto su questa sensazione quanto riportato da Ilaria Betti su "Huffpost": "Non è burnout, non è depressione, non è una mancanza di speranza. Semplicemente è l'assenza di gioia e di uno scopo. Secondo il "New York Times", l'emozione che ci accompagnerà per tutto il 2021 ha un nome: si chiama "languishing", che tradotto in italiano suona più o meno come "languire". «E' un senso di stagnazione e di vuoto. Ti senti come se ti stessi confondendo tra i giorni, come se guardassi la tua vita da un finestrino appannato», scrive l'autore dell'articolo, Adam Grant, psicologo alla University of Pennsylvania e autore del libro "Think again: the power of knowing what you don't know". «E' l'assenza di benessere. Non hai sintomi di disagi psichici, ma non neanche sei il ritratto della salute mentale. Non funzioni al massimo delle tue capacità. Il "languishing" spegne la tua motivazione e distrugge la tua capacità di concentrarti», aggiunge. Il termine è stato coniato da un sociologo, Corey Keyes, colpito da quante persone non depresse non stessero comunque prosperando". Già, non è una malattia vera e propria. E' come un'impronta, che personalmente ho visto in chi nei decenni che ho vissuto del dopoguerra - anche a distanza di vent'anni dal 1945 - si portava dietro come uno zaino carico di angosce. Temo che anche questa volta qualcosa resterà. Più avanti l'autrice si occupa delle misure per controbattere certi fenomeni: "Come possiamo combattere questa assenza di gioia, questa stasi, dunque? In inglese, c'è la parola "flow", "flusso, fluire", che potrebbe essere proprio l'arma giusta contro l'emozione del 2021. Con questo termine si intende quello stato di abbandono piacevole che proviamo quando siamo completamente assorbiti da qualcosa, quel momento in cui perdiamo la cognizione del tempo, dello spazio. Può essere un progetto a cui teniamo molto o una serie televisiva su "Netflix": entrambi possono avere quel magico potere di trasportarci via. E di salvarci, seppure per un momento, dalla negatività. L'ultimo avvertimento che lo psicologo lascia nell'articolo è quello di fare attenzione a dedicare a noi stessi un tempo non frammentato. La pandemia ci ha costretti a cambiare mansione ogni dieci minuti, passando dal nostro lavoro ai nostri figli alla cura della casa in un batter d'occhio. Tutto questo favorisce il "languishing". Siamo noi ad avere il potere di dargli il colpo di grazia. Ma per farlo non possiamo ignorare la sua esistenza. Non esistono solo le malattie fisiche, ma anche quelle mentali. E questo è un qualcosa che, mentre ci accingiamo a vivere l'epoca post-pandemica, dobbiamo assolutamente ricordare. «Se non hai la depressione, non vuol dire che tu non stia soffrendo. Se non hai il burnout non vuol dire che tu non sia esaurito - conclude Grant - sapendo che molti di noi stanno "languendo", possiamo finalmente iniziare a dare una voce a questa sommessa disperazione»". Già bisogna darsi da fare su questo stato d'animo nelle sue possibili declinazioni. Reagire da soli o con l'aiuto di chi di queste cose di occupa.