Spiace ogni tanto dover fare come un vecchio brontolone il punto della situazione sulla politica valdostana. Dopo essere stato "in panchina" per alcuni anni per scelta personale, sono tornato a giocare in campo per dimostrare almeno una cosa. Chi ha esperienza deve metterla a disposizione e cercare di trasferire certe competenze a chi si affaccia alla politica. Poi, certo, esiste anche un'ambizione personale, perché ho sempre combattuto la logica della "rottamazione" che implicherebbe la cancellazione delle generazioni più vecchie come se nulla fosse. Sono stato un giovanissimo politico con cariche elettive importanti, ora sono un sessantenne che cerca di fare il proprio lavoro.
Ma veniamo al punto. La maggioranza che regge il Governo Lavevaz ha al proprio interno problemi di identità e di coesione, come si vede dalle recenti vicende con due dimissioni da ruoli istituzionali, una dalla Giunta e l'altra da un organo consiliare. Questo deriva dalla differenza di idee su uno o forse più punti. Era facile aggirare l'ostacolo nella fase di scrittura del programma che fondò l'alleanza ed è certo più difficile celare certe diversità di visione quando i nodi irrisolti arrivano al pettine e, votando, chi si trova in minoranza reagisce - scelta legittima, naturalmente - sbattendo la porta. Al di là di quel che potrà capitare, poiché non ho la sfera di cristallo per comprendere le evoluzioni in una politica valdostana che sa essere sorprendente, farei notare sommessamente che eventuali crisi non pilotate in questa fase di pandemia e di - speriamo! - post pandemia non sarebbe una genialata. E lo dico perché ho assoluta chiarezza su quante questioni ingarbugliate vadano risolte in tempi rapidi prima che sia troppo tardi e sospendere decisioni in questo momento apparirebbe come una grave irresponsabilità. Chi se ne assumesse la paternità, dentro e fuori dal Palazzo (rispuntano ogni tanto manovratori per nulla occulti), non credo che farebbe una grande figura e certe posizioni (Nanni Moretti diceva: «Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?») rischierebbero di finire nel tritacarne dei valdostani stufi di lotte intestine e camarille da cortile. Il capolinea, senza idee e seguendo i propri intestini più che il cervello, potrebbero essere di nuovi improvvide elezioni anticipate, ennesimo colpo alle istituzioni valdostane ed all'Autonomia che già si trova nella tempesta di una visione centralista dominante nei rapporti con Roma. Per carità, si possono pensare maggioranze alternative, cambi radicali nel Governo, nuovi orizzonti nella soluzione dei problemi, ma forse quel che manca è la piena consapevolezza delle emergenze in corso ed un senso di responsabilità in un momento in cui bisognerebbe unire più che dividere. Qualche spiraglio esiste, ma non vorrei che fosse un raggio di sole prima di una tempesta. Ma la lezioncina morale e la mozione degli affetti contano poco se non ci si rende conto che proprio per la soluzione delle questioni più spinose bisogna operare non per scaldare le proprie tifoserie e guardare ai propri elettori per future elezioni, ma bisognerebbe puntare al famoso e persino noioso nelle bocche di alcuni "bene comune". La Politica è la ricerca del punto di incontro e non una modalità per piantare bandierine ideologiche in una specie di campagna elettorale che non finisce mai e che pone i protagonisti sul proscenio a rischio fischi, sapendo che la guerriglia fa arrabbiare una popolazione già stanca e avvilita per quel virus che ci sta rovinando la vita.