Dal 1947 in Valle d'Aosta c'è una Casa da gioco, detta il "Casino de la Vallée" di Saint-Vincent. La concessione per l'esercizio, in deroga ai divieti sul gioco d'azzardo, è in capo alla Regione Valle d'Aosta, che per almeno mezzo secolo ha tratto notevoli frutti dalle "decadi", cioè i pagamenti periodici in percentuale sulle entrate. In anni difficili per le casse regionali, il bilancio della Valle si è retto su questa entrata, come avevano intuito i politici che lavorarono per l'apertura. In termini occupazionali il Casinò ha avuto un ruolo importantissimo e lo stesso vale per l'indotto turistico. Saint-Vincent è stato un brand importante, associato a manifestazioni ludiche, come il famoso "Disco per l'Estate" ed a iniziative culturali, fra le quali ha spiccato sempre il "Premio di Giornalismo". Era interessante questa modellistica: per celare il volto oscuro del gioco, gli amministratori del Casinò e quelli della Regione avevano capito come si dovesse far convivere la spinta ai tavoli da gioco con un'immagine decorosa di impegno culturale.
Questo per dire che si tratta di un'azienda di longue durée e non di un frutto spuntato d'improvviso. Malgrado la crisi delle Case da gioco in cui è incappato Campione che ha chiuso i battenti, con Sanremo e Venezia, la "nostra" Saint-Vincent ha retto il colpo, come dimostrato dai conti prima della lunga chiusura. Il principale concorrente è ormai lo Stato biscazziere, che ha fondato parte delle proprie entrate su giochi di vario tipo, facendo uscire i Casinò da situazioni monopolistiche. Con il "coronavirus" sin da subito i Casinò sono finiti nel mirino del famoso "Cts - Comitato tecnico scientifico", che ha dettato legge sulle misure per contrastare il virus. Peccato che con la sicurezza nelle Case da gioco non ci abbiano mai preso. Questo è quanto scritto tempo fa sulle Case da gioco e Sale gioco dal "Cts": "La classificazione del rischio per tale attività produttiva già utilizzata dal "Cts" in tutte le fasi di rilascio delle misure contenitivi per tale settore a "Ateco" risulta di livello medio alto con caratteristiche elevate per il rischio di aggregazione che si svolgono esclusivamente in locali al chiuso. Tali esercizi che, come esplicitato, si svolgono quasi esclusivamente in spazi confinati per la connotazione intrinseca dell'organizzazione delle attività di gioco, presentano notevoli complessità nella prevenzione del contagio, anche per le numerose evidenze di utilizzo di superfici di contatto promiscuo. Un ulteriore elemento di complessità è legato alle attività statico-dinamiche dei lavoratori dei clienti senza la possibilità di previsione dell'utilizzo della mascherina da parte di tutti i presenti negli ambienti, anche in relazione al consumo di alimenti e bevande e del fumo di tabacco che avviene nei locali da gioco. Il "Cts", inoltre, sottolinea che in altri Paesi, le attività di gioco risultano fra quell'oggetto di maggior cautela e destinatari di misure restrittive analoghe nell'attuale contesto epidemiologico". E' del tutto evidente che la scelta di riaprire molto tardi i Casinò, vale a dire il 1° luglio, risulta da questa somma di banalità evidenti alla lettura e dalla classificazione di rischio "medio alto", che è come una maledizione. Cambiano i Governi ma manca un ascolto reale su questa problematica, con decisioni incidenti sull'economia affidate a "scienziati", cui sfugge del tutto quanto fatto, ad esempio a Saint-Vincent con misure di sicurezza molto avanzate di cui si sarebbe dovuto tenere conto. Tutto ciò non è accettabile ed i Casinò rischiano grosso non solo per la data di apertura rinviata fra le ultime, ma per la mancata considerazione di quanto è stato fatto per avere un "gioco sicuro".