Ho avuto la fortuna - e forse per questo lo scrivo spesso - di passare tutte le estati al mare sino a quando ho cominciato a lavorare fisso a vent'anni. Non era neppure "turismo" in senso stretto. Più semplicemente, essendo mia mamma di Imperia, la famiglia, tranne il papà veterinario che faceva il pendolare con la Valle d'Aosta, si spostava giù in una logica neppure da villeggiatura ma di trasferimento stagionale di armi e bagagli. Lo ricordo perché altrimenti non si capisce il mio trasporto verso la Liguria, per altro terra di origine dei Caveri, ma dall'altra parte geograficamente e cioè Moneglia, paese della Riviera di Levante con cui i miei non hanno mai avuto rapporti e sono stato io ad avere qualche contatto con quel che resta di un ramo della famiglia. Poche sere fa, per via di una festa di compleanno di mio fratello, sono tornato in uno dei luoghi cult della mia infanzia, il bar della "Spiaggia d'Oro" a Porto Maurizio, diventato nel frattempo un locale abbastanza diverso, rispetto al bar ruspante di tanti anni fa. Eppure i flash di ricordi sono rimasti esattamente gli stessi ed ogni angolo parla di momenti felici, come diventano i ricordi addolciti dal tempo.
La Liguria è il mare dei valdostani e, all'inverso, la Valle d'Aosta resta una delle mete dei liguri e molti di quella Regione hanno scelto divenire a vivere ed a lavorare da noi a conferma di un'osmosi antica. Dunque per chi ha nel cuore quella terra, fatta non solo dalle coste ma da un entroterra che ha molti tratti simili alla nostra montagna, è un dolore profondo vedere come il modello di sviluppo abbia in fondo penalizzato profondamente, specie con certi scempi urbanistici, luoghi di straordinaria bellezza. Mi riferisco a certi paesaggi incantevoli, cui corrisponde una cultura che ho approfondito ed apprezzato. Ma il breve soggiorno "mordi e fuggi" degli scorsi giorni mi ha confermato un problema enorme che sta pesando sulla testa della Liguria e che appare ormai una sorta di scandalo all'italiana, che certo non stupisce noi valdostani che si godono pedaggi stellari. Si tratta del sistema autostradale, che è finito sotto i riflettori proprio per la tragedia di Genova del "Ponte Morandi", il cui crollo ha evidenziato nella brutalità dei fatti luttuosi un sistema marcio e pericoloso. Da lì è sortito il ritorno al pubblico della società "Autostrade", di cui ancora sfuggono le esatte ricadute, che a noi interessano molto rispetto alla autostrada del Monte Bianco ed al Traforo del Monte Bianco. In Liguria gli esiti degli accertamenti tecnici sulla sicurezza dei tracciati autostradali ha sortito un moltiplicarsi di cantieri sulle tre autostrade che confluiscono verso la Regione: la "Torino-Savona", la "Voltri" e la "Serravalle" e naturalmente anche lungo la spina dorsale che attraversa il territorio, l'"Autostrada dei Fiori". Molti di questi cantieri - e lo dico perché ho percorso tutti questi itinerari - sono popolati da scarsi operai e mezzi al lavoro. Sembrano aperti in una logica fantasma del genere «abbiamo aperto e stiamo lavorando». Nel complesso queste attività creano imbuti e ingorghi epocali, tali da danneggiare in modo grave il traffico turistico ma anche il traffico commerciale. Una situazione di una gravità macroscopica su autostrade ormai care come il fuoco, che pure esiste da noi (penso alle gallerie in rifacimento sulla "Torino-Aosta" all'altezza di Quassolo, sulla "Ativa", con code in salita impensabili in questa stagione), ma che raggiunge, per la povera Liguria, livelli di attese di ore e situazioni con ingorghi epocali che sfiniscono. Ritengo che questa sia un'autentica emergenza nazionale e penso che ogni Regione potrebbe aggiungere le proprie legittime rimostranze. E' ora che lo Stato, d'intesa con le Regioni, prenda in mano l'intero sistema autostradale, come sta in parte facendo ma mancano certezze sugli esiti, anche laddove le società sono ancora private. I meccanismi che sovrintendono le concessioni non funzionano: sono penalizzanti e incomprensibili. I principi di concorrenza sono stati applicati per creare situazioni monopolistiche assieme agli scarsi controlli pubblici con lavori che non non avvengono ed altri che non si capiscono. Nel caos si stanno di fatto paralizzando le arterie stradali indispensabili per essere un Paese civile.