Eccoli i "Torquemada", che urlano dai loro comunicati stampa di fronte alla scelta del Consiglio Valle di chiedere alla Consulta quali siano i limiti dei poteri della Corte dei Conti rispetto al lavoro politico-amministrativo. Capisco che è facile spacciare la decisione come l'ennesimo scempio della "Casta", la triste definizione inventata dalla allora coppia Rizzo-Stella nel celebre libro del 2007. Personalmente ritengo che la vicenda della condanna sul finanziamento al Casinò di Saint-Vincent c'entri come occasione e non sia il centro del problema. Si tratta, invece, di capire bene, a tutela della democrazia rappresentativa, se esistano confini certi rispetto alla discrezionalità di chiunque di dire: «non dovevi fare così, caro politico, ma dovevi fare in altro modo, perché così io la penso. Dunque, paghi».
Sarà una semplificazione rozza e me ne scuso, ma bisogna premunirsi contro un virus già esistente: il rischio che alla fine, per paura di trovarsi inquisiti e condannati a risarcire, in molti nella politica e nella burocrazia scelgano il dolce far niente. E questo non significa sconti per chi dissipa denaro pubblico senza rispetto delle norme, o peggio per chi è disonesto.
Invece, storpiando l'intenzione, persone come Elisa Tripodi, la deputata "Cinque Stelle" destinata all'oblio per la sua scarsissima attività parlamentare in favore dei valdostani che l'hanno mandata a Roma, tuonano contro la politica regionale nell'ormai evidente connessione con la Sinistra giacobina che in solitudine nell'aula del Consiglio ha criticato pesantemente il provvedimento. Così abbiamo avuto le attaccanti Chiara Minelli (vedi Elio Riccarand) ed Erika Guichardaz (citofonare Raimondo Donzel), appoggiate dalla panchina dalla pasionaria di "Adu", Daria Pulz, che usa il comunicato stampa come una pistola, giudicando tutto e tutti dalla sua cattedra. Vecchio vizio di certi estremisti quello di impartire lezioni morali. E, a dimostrazione che gli estremismi si toccano, arriva anche qualche voce dall'estrema destra.
La richiesta del Consiglio non è un salvacondotto per i condannati e neppure un tentativo maldestro di attacco alle Istituzioni. La Consulta non è un Tribunale del popolo, ma il giudice che deve occuparsi, tra le altre cose, dell'equilibrio dei poteri, che non è una quisquilia in democrazia. Chi urla e strepita lo fa senza capirlo, mentre chi lo ha capito lo fa lo stesso, perché convinto che il movimentismo paghi e dunque si agitano cartelli e slogan e, come hanno sempre detto i pentastellati - ed è riassunto del populismo - «Vaffanculo!». Espressione garbata del pensiero politico contemporaneo, cui fanno da spalla dagli stessi spalti insulti orchestrati e vignette che puntano sulla fisiognomica.
Semmai quel che ancora manca in Valle è un dibattito davvero forte sulle trasformazioni avvenute nel nostro ordinamento autonomistico sancito dallo Statuto speciale. Sparita la Commissione di Coordinamento e il suo presidente con i loro diversi controlli sulla attività amministrativa e legislativa, resta il caposaldo del Consiglio dei Ministri sulla impugnativa alla Corte Costituzionale delle leggi regionali, di cui da tempo il Governo fa uso bislacco ed impugna qualunque cosa. E certe conseguenti sentenze della Corte fanno impressione, come quella famosa di quest'anno che ha sancito che la pandemia è solo nelle mani dello Stato, asfaltando nell'occasione la famosa riforma regionalista della Costituzione del 2001.
Non mi dilungo sugli altri e molti segnali di come la nostra specialità sia oggi mal sopportata e se ciò avviene esiste anche una componente di responsabilità di chi, all'interno, ne ha svilito e degradato l'immagine. Perché l'autocritica è sempre un pregio e di certe derive della politica valdostana non solo ho sempre scritto, ma hanno comportato lo strappo doloroso che mi portò ormai molti anni fa a lasciare la mia casa naturale, l'Union Valdôtaine.
Ma, tornando ai controlli, oggi vigilano - ma nello Statuto non ci sono - le due sezioni della Corte dei Conti, quella di controllo e quella giurisdizionale. Sarebbe bene per il regionalismo e per la democrazia locale conoscere meglio gli orizzonti di quest'ultima e già il legislatore nazionale in parte se n'è occupato per limitare il rischio di eccessi negli interventi, ma restano parti in ombra sulle quali bisogna interrogarsi e lo farà la Consulta quando tratterà della richiesta valdostana con il conflitto di attribuzione. Certo, questo atto doveva essere avanzato prima e se questo non avvenne è responsabilità di politici valdostani che fecero un grave errore nel non seguire questa strada.
Dunque, per quel che mi riguarda, la scelta di votare in Consiglio il ricorso alla Corte non è una difesa corporativa o un attacco alla Magistratura contabile per cui nutro il massimo rispetto, ma una richiesta al Giudice delle leggi che ci aiuti a capire quali siano gli spazi di governo.
E questo nulla ha a che fare con il malaffare. Lo ribadisco con buona pace di chi sulla scelta del Consiglio cerca di occupare la luce della ribalta con quel gridare «crucifige!» per aizzare la riprovazione popolare, che ha ben tristi precedenti nella Storia.