Credo che si debba continuare a lavorare nel cantiere per una maggior aggregazione dell'area Autonomista valdostana. Capisco che certi segnali, anche dentro a Mouv' di cui faccio parte, diano un'impressione inversa. In questo caso specifico - mi riferisco a Mouv' - c'è chi (quattro persone) non ha condiviso la linea largamente maggioritaria decisa in Assemblea ed ha scelto di andarsene, seminando polemiche. Anche da bambini, quando si giocava a calcio, capitava di vedere chi in un momento di rabbia e stizza bucava il pallone. Basta aspettare e vedremo se questa scelta di andarsene sia stata preordinata per fare altro e si cercasse solo un appiglio. Ma torniamo al punto: la questione della singolarità dell'esistenza di un'anima Autonomista nella politica valdostana esiste dal dopoguerra con la nascita dell'Union Valdôtaine, che ebbe come fondatore e leader per decenni mio zio Séverin Caveri.
Ricordo quando ero bambino ed assistevo muto, a casa della zia Eugénie, quando - specie a Natale - nel dopopranzo spuntava lui che abitava al piano di sopra della casa di via Sant'Anselmo. Con ironia e garbo raccontava ai parenti episodi della politica valdostana che io capivo poco. Erano ritratti molto spesso di avversari politici, che riusciva a scolpire con arguzia e divertimento dei fratelli presenti. Quel ricordo antico insegna come le querelles abbiano sempre fatto parte della passione politica dei valdostani. Quel gusto di unirsi e dividersi, fatto di dispute e riabbracci, non deve stupire nelle dinamiche di una piccola comunità. Ognuno ha delle sue ambizioni e delle sue speranze ed è più facile la disputa che la pacificazione, specie quando certe situazioni si sono stratificate. In questi anni, mentre ci si divideva spesso con buone ragioni che personalmente ho sempre motivato e non rinnego, il mondo Autonomista è stato stretto all'angolo da nuovi emergenti fenomeni politici. La presenza di partiti "italiani" era stata assai limitata dal costante crescere dell'Union Valdôtaine, cui credo di aver contribuito in un lungo tratto di strada. Poi la diaspora ha spogliato il gigante unionista di tante energie e certe più piccole formazioni hanno illuminato lo scenario con originalità, avendo poi anch'esse problemi di coesione. Nell'epoca più recente ci sono stati due messaggi dell'elettorato mica da ridere. Il primo è stata l'elezioni alla Camera di una grillina, Elisa Tripodi, che ha di fatto privato la Valle d'Aosta di una rappresentanza a Montecitorio. La seconda è il fatto che il primo partito nelle ultime elezioni regionali sia stata la Lega con undici eletti (l'UV ne ebbe nel tempo al massimo diciotto). E' vero che i quattordici dell'area Autonomista, espressione di tre raggruppamenti politici oggi lievitati a cinque gruppi consiliari, hanno imparato a lavorare assieme, ma per ora resta indeterminato il cammino futuro e non si sanno ancora le tappe verso una maggior integrazione. Penso che vedremo presto quali saranno gli sviluppi e certo pendono ancora minacciosi i rischi di veti incrociati e vecchi rancori accumulatisi negli anni. Eppure penso che ci vorrà buona volontà perché è il solo modo per mantenere quella citata originalità della politica valdostana indispensabile a difesa di certi valori su cui si regge l'Autonomia valdostana. Un passaggio storico e lo dico senza enfasi, ma con la consapevolezza che deriva dalla lettura del cammino passato della Valle d'Aosta e del suo popolo.