Quando mi hanno detto en passant, segnandomelo in agenda, che avrei partecipato alla donazione di una pianta al Liceo Classico di Aosta, non ho colto il significato del gesto. L'ho capito dopo nel momento in cui, in vista della manifestazione, mi è stato dato da studiare un foglio riassuntivo di questa idea suggestiva presente in una semplice piantina. Tutto parte dall'"Albero di Falcone", il ficus che cresce a pochi metri dal palazzo dove abitava il magistrato assassinato nella strage di Capaci nel maggio del 1992, luogo scelto sin da subito come tributo di fiori e lumini dopo il barbaro assassinio suo, della moglie e degli uomini della scorta. Di questa pianta verranno predisposte alla fine 500mila copie che verranno piantate in altrettante scuole italiane. L'iniziativa, intitolata "Un albero per il futuro", promossa dal Ministero della transizione ecologica, è stata del Raggruppamento Carabinieri biodiversità, cioè l'ex Corpo forestale dello Stato. La donazione e messa a dimora nelle scuole avverrà entro il 2022.
A oggi sono quasi quattrocento gli Istituti scolastici che hanno aderito, compreso il nostro Liceo Classico. Un ricordo simbolico di Giovanni Falcone e anche, nello stesso tempo, dell'importanza degli alberi per il contenimento dei cambiamenti climatici e la conservazione ambientale. Alcune gemme del famoso "Ficus macrophilla columnaris magnoleides" che cresce nei pressi della casa del giudice assassinato sono state prelevate grazie alla collaborazione fra Carabinieri, Fondazione Falcone, Comune e Soprintendenza di Palermo e duplicate nel Centro nazionale Carabinieri per la biodiversità forestale di Pieve Santo Stefano (Arezzo). L'idea originale è quella di un "Grande bosco diffuso" formato dalle giovani piante, che sarà visibile su un'apposita piattaforma web che monitorerà la crescita e lo stoccaggio di CO2 grazie alla georeferenziazione delle piantine. Da noi questo è avvenuto con il contributo del Corpo forestale valdostano assieme ai Carabinieri. Ovviamente, visto che la specie non è adatta al nostro clima, il ficus ad Aosta crescerà al chiuso. Per me è stata, specie a beneficio degli studenti, un'occasione di ricordo di questi primi anni Novanta. Ero stato riconfermato, da poco, deputato della Valle d'Aosta in quella XIesima Legislatura che fu la più breve della storia repubblicana, finendo già nel 1994 sotto i colpi di quell'inchiesta "Tangentopoli" o "Mani Pulite" che chiuse la Prima Repubblica con la crisi della cosiddetta partitocrazia. Un periodo storico su cui oggi molto si riflette. In più, in quei giorni in cui venne ucciso Falcone, si votava per il nuovo Presidente della Repubblica, dopo le dimissioni di quel Presidente bizzarro ma geniale che fu Francesco Cossiga, su cui ho evocato alcuni aneddoti personali ai ragazzi delle mie visite al Quirinale. Non si riusciva, con il Parlamento riunito per l'elezione, a trovare una soluzione, che avvenne poi con la scelta come Capo dello Stato di Oscar Luigi Scalfaro, allora presidente della Camera. Della strage di Capaci io seppi a Budapest, dov'ero con amici e rientrai in fretta e furia a Roma per il voto decisivo come segno di reazione della politica al gesto violento e criminale della mafia. Anche se ancora oggi su quelle morti aleggiano elementi di inquietante mistero. Io intervenni, da presidente del Gruppo Misto della Camera, in una seduta che si svolse il 25 maggio e che riporto qui volentieri, scusandomi per la lunghezza: «Signor presidente, onorevoli colleghi, le espressioni di cordoglio, le riunioni degli inquirenti, le manifestazioni di condanna, il forte impegno dello Stato: esiste in tutto ciò, in queste espressioni, un'evidente ripetitività che si snoda come in un mesto rosario. La verità è che, se cambiassimo il volto della persona assassinata, potremmo verificare che siamo di fronte all'ennesimo lutto, simile a molti altri che lo hanno preceduto e ad altri che rischiano di esserci in futuro. Ecco il perché di un certo imbarazzo nel prendere la parola di fronte ad un'emergenza che è l'ennesima emergenza, di fronte ad una seduta parlamentare che è l'ennesima seduta parlamentare! Eppure non ci possiamo sottrarre neanche a questa retorica di circostanza, perché non vi può essere abitudine, assuefazione al delitto. Ogni debolezza è a vantaggio delle organizzazioni criminali, di fronte soprattutto alla guerriglia, ad un atto di guerra come quello di sabato, in cui, tra l'altro, vorrei dirlo, non vi è nulla di sofisticato. Basta con questa retorica di un braccio armato della mafia capace di chissà quale finezza tecnologica! L'esplosione è stata spropositata, da cava; è stata una rozza esecuzione e basta. Anzi, nella crudeltà del gesto e nella sua esecuzione plateale vi è tutta la stupidità, la volgarità, l'ignoranza di chi è convinto che uccidendo le persone si possano spegnere le speranze e le idee. Certo, l'illusione che ciò possa avvenire in questa Italia dei veleni, qualcuno gliel'ha data. Infatti, nei comportamenti vi è spesso quella complicità, quella mafiosità che è il terreno fecondo in cui crescono le organizzazioni criminali, che ormai non sono un prodotto solo italiano. La criminalità è un fenomeno mondiale, legato da forti interessi, ma - e questo è il punto nodale - laddove lo Stato, gli Stati hanno credibilità istituzionale, tale fenomeno è più arginabile, contro di esso si può combattere. La triste realtà è che, alla vigilia dell'integrazione europea, sotto il profilo dell'ordine pubblico noi non siamo in Europa. Vaste aree d'Italia sono, di fatto, in mano alla mafia, alla camorra e alla 'ndrangheta e non vi è nulla di consolatorio nel pensare che il fenomeno si sta diffondendo in tutta Italia e che, a fianco dei mafiosi con le mani sporche di sangue, vi è la mafia finanziaria, che si occupa solo del denaro e degli investimenti. Noi siamo contro ogni espressione di criminalità organizzata, di basso o alto livello, perché in questo antistato nello Stato vi è una gerarchia, una costruzione che va dal basso verso l'alto, configurandosi come una società. L'attacco deve quindi essere totale, senza tolleranze né giustificazioni. Grandi e piccoli episodi sono gravi, perché frutto dell'identica logica che tende in ogni caso ad ingigantirsi e soprattutto ad inserirsi in maniera diffusa in ogni vuoto; penso ai vuoti aperti specialmente dal potere dello Stato. Signor presidente, la stanchezza e l'indignazione dell'opinione pubblica sono presenti da tanto tempo ed i delitti gravi quale quello di sabato aumentano solo i disagi ed accentuano la sfiducia nello Stato. Questo preoccupa tutti coloro che, come chi vi parla, restano convinti che l'orrore di oggi sia frutto anche delle mancate riforme, delle tare storiche di questa Repubblica e delle storture della politica. Allora, certo, reclamiamo dal Governo attuale e da quello che seguirà una politica seria contro la criminalità organizzata. Non si è fatto abbastanza; anzi, in alcuni casi probabilmente non si è fatto nulla. Se stiamo per entrare, così come si dice, nella stagione delle riforme, questo è un esordio molto pericoloso, che segna con il sangue l'inizio del percorso delle riforme stesse. Non vi è da parte mia un'attesa miracolistica o ingenua nei confronti di tale stagione; vi è però la certezza che, senza una riforma della politica e dello Stato, chi cresce e prospera è la mafia. Il delitto Falcone lo dimostra ed il nostro compito, come Parlamento, sarà proprio quello di lavorare per le riforme, contro la ferocia, la violenza e ogni tentazione autoritaria».