Tamburi di guerra si sentono risuonare lontano sia nella politica valdostana che in quella italiana. Non c'è da stupirsi: siamo ormai gravemente afflitti dall'instabilità come malattia che mina la democrazia. All'inizio degli anni Novanta Giulio Andreotti, con quel suo umorismo agro che ebbi la possibilità di apprezzare anche di persona, diceva: «Meglio tirare a campare che tirare le cuoia». Non so se sia sempre così vero. A Roma la "cura Draghi" è stata una terapia indispensabile per arginare i disastri dei due Governi Conte che, con diverse maggioranze, avevano fatto male con il culmine nei pasticci nel corso della pandemia e con una credibilità internazionale a livelli minimi. Ora certo decisionismo solitario del premier e del suo entourage, efficace su molti punti, dovendo il presidente del Consiglio fare il domatore del circo della sua maggioranza, inizia a creare malumori "sani".
Personalmente non mi piace affatto la sua totale e radicata indifferenza verso il ruolo delle Regioni, che ha ormai come culmine il famoso "PNRR", quel Piano europeo per far ripartire l'economia che rischia di diventare un flop se gestito solo dal centro. Vi è poi la questione Quirinale alle porte e sarebbe bene che Mario Draghi si esprimesse per tempo sul suo interesse o meno a fare il nuovo Presidente della Repubblica. Il suo silenzio non giova, anche se immagino sia segno di prudenza, ma certa sua discrezione in certi passaggi alimenta boatos e nervosismi che sarebbe bene evitare, perché forieri di apprensioni. Invocare la governabilità non è una maledizione. La confusione non giova neppure ad Aosta. E' del tutto legittimo che gli eletti si spostino sulla scena politica non essendoci un vincolo di mandato che lo impedisca. Ma sarebbe bene che nel puzzle delle maggioranza si capisse con chiarezza la collocazione di ciascuno per comprendere i destini della Legislatura. Lo spettro dì ulteriori elezioni anticipate si evoca non solo per esercizio dì stile o come spauracchio, come dimostrato proprio dalla precedente Legislatura, dove in molti hanno giocato con il fuoco fino a bruciarsi ed andare a casa. Penso che i valdostani non premierebbero nessuno se, al posto di avere chiarezza nel quadro politico con una dose di sincerità, si tornasse alle trame personalistiche ed ai progetti pasticcioni cucinati fuori dal Consiglio Valle allora come oggi. Lo scrivo non per chissà quale ambizione personale. Quando ho deciso di ricandidarmi, dopo un periodo sabbatico che io stesso avevo scelto per dimostrare che potevo fare altro senza essere dipendente dalla politica, ho pensato che certe mie esperienze e conoscenze potessero essere utili e ciò a prescindere dal ruolo che avrei ricoperto. Per cui a questa stessa logica mi attengo, senza avere la presunzione di fare questo o quell'altro. Chi vive l'incubo di perdere una poltrona, per altro mai come ora scomoda di fronte a problemi che spuntano ogni giorno come i funghi, non drammatizzi la logica di intercambiabilità insita nell'attività politica. Quel che spiacerebbe semmai sarebbe la mancata consapevolezza che camarille e manovrine nuocciono alla credibilità della politica, quando la di trasforma in una caricatura e ciò non vale solo per la maggioranza, essendo un male che è diffuso in senso più generale. Il precipizio è sempre là e bisogna avere senso di responsabilità e l'intelligenza di capire che siamo in un momento difficile e non ricorro alla mozione degli affetti, ma guarda con conoscenza dei fatti le criticità ora presenti per la nostra Valle e questo basta e avanza. Saranno pure parole al vento, che forse faranno sorridere chi antepone i propri interessi a quelli più generali, ma scriverlo almeno servirà se necessario a poter dire: «io ve lo avevo detto». Lo affermo bonariamente senza toni drammatici che sarebbero grotteschi, come lo fu in fondo il famoso «Après moi, le déluge», che sarebbe stato pronunciato da Luigi XV.