Ho passato una parte della mia vita nelle maratone per l'approvazione delle leggi Finanziarie. A Roma era un cimento fisico ogni fine anno con, in qualche occasione, presenza a Montecitorio a poche ore dal Natale o dal Capodanno. Lo scenario era da girone dantesco, ore e giorni con la logica piuttosto grottesca di sedute fiume. Nulla di eroico, piuttosto una certa sgangherata confusione, fatta anche di una componente da sceneggiata. Il mio lavoro di deputato per tantissimi anni era più o meno il seguente. Arrivavano da esaminare, alternando l'inizio fra Camera e Senato, le proposte varate dal Governo e toccava studiare. Gli uffici studi dei due rami del Parlamento offrono da sempre analisi analitiche articolo per articolo e dunque toccava capirne i contenuti. Era una logica duplice: vedere che cosa poteva danneggiare la Valle d'Aosta e studiare che cosa invece si doveva proporre. Quindi si mettevano assieme difesa ed azioni offensive.
Era molto interessante per me far seguire incontri politici e con le forze sociali le più diverse in Valle d'Aosta per spiegare i contenuti della Finanziaria e valutare che cosa si potesse aggiungere negli emendamenti per rispondere ad esigenze specifiche. Poi iniziava la parte più difficile: l'interlocuzione con il Governo e con i Gruppi politici. La cosa più importante era piantare la tenda dentro la Commissione Bilancio, perché era lì che tutto passa e le sedute notturne erano il momento in cui bisognava essere maggiormente vigili. Non ci si piegava distrarre di fronte ad una massa di carte caotica ed invasiva ed alla possibile presentazione di sub-emendamenti che potevano spuntare come funghi d'improvviso. Ricordo le interlocuzioni con ministri come Giuliano Amato o con sottosegretari come Piero Giarda e con tantissimi colleghi con cui nelle lunghe sedute si cementava un rapporto di conoscenza e talvolta di amicizia. Il tandem più importante era con i colleghi sudtirolesi e trentini, spesso anche con i friulani, talvolta con sardi e siciliani. La logica era la difesa delle nostre Autonomie speciali. Ma spesso gli emendamenti avevano respiro più vasto o con le zone di montagna o con vicende più estese per siderurgia (la "Cogne"!) o i piani "Anas" da condividere. Poi si passava nel catino incandescente dell'aula. Dopo il rodaggio iniziale, ero, per via di "Tangentopoli" e del crollo di certa partitocrazia, diventato - lo dico con un pizzico di vanagloria - un "vecchio" delle procedure parlamentari, contando anche su ruoli importanti, come presidente del Gruppo Misto o segretario di Presidenza. Esiste un regolamento della Camera cui attenersi e poi prassi e consuetudini cui ci si deve abituare, imparando giorno per giorno con attenzione e con umiltà. Molto diverso è stato il lavoro in Regione, specie quando sono stato presidente. Si trattava di costruire la Finanziaria e di capirne in modo minuto i meandri più reconditi della spesa e delle entrate. Era una modalità straordinaria per capire la macchina ed oggi nel ruolo attuale mi limito alle mie materie, ma bisogna, nella dialettica di governo, di maggioranza e con le opposizioni, avere uno sguardo più largo. I tempi aostani rispetto a quelli romani sono certo meno estesi ed il clima è meno elettrico, anche se anche da noi è occasione per qualche scintilla e per valutare la qualità degli interventi e della discussione più in generale. Quel che è certamente uguale è, per essere franco (non "tiratore": scusate la battutaccia), un certo disinteresse dell'opinione pubblico, se non sui punti in cui è l'informazione a puntare il dito. Per altro capisco come esistano aspetti specialisti e non sempre di facile lettura, ma potremmo dire scherzosamente che per ogni scelta o azione politica «C'est l'argent qui fait la guerre!». Ed è a questo che serve la manovra finanziaria su cui sono impegnato, chiuso nel Consiglio Valle.