Oggi è Santo Stefano, uno dei più importanti martiri della storia della Cristianità. Secondo il Nuovo Testamento morì lapidato intorno all'anno 33 d.C. con l'accusa di blasfemia. Ricordo una volta di aver scorso le storie personali di questi Santi delle origini, cui corrispondono sempre storie terribili di morte e di persecuzione. E' il lato oscuro ed assieme eroico del cattolicesimo, rivisto in profondità dai protestanti che considerano certo culto sia del tutto estraneo al mondo evangelico. Mentre nelle nostre tradizioni esiste in profondità e basta pensare che in Valle d'Aosta ogni piccola frazione ha un suo Santo protettore.
Per altro esiste un detto, che suona persino come autoironico «Finita la festa, gabbato lo Santo». Il proverbio prende spunto dall'abitudine di celebrare un santo con riti e processioni che fanno parte di quella religiosità popolare che spesso fa impressione (tipo il sangue di San Gennaro ed in generale le reliquie che si moltiplicano con organi dello stesso Santo) ed a festeggiamenti conclusi anche il più convinto sembra dimenticarsene fino alle celebrazioni dell'anno successivo. Temo che questo valga anche per il Natale, in cui tutti ci sentiamo più buoni e poi si ricomincia con le nostre debolezze ed in certi casi - ognuno ha degli esempi viventi - si sfiora lo spergiuro. Nel suo uso non religioso il detto vale per dire che una volta ottenuto da qualcuno ciò che si desidera, ci si dimentica con facilità delle promesse fatte per ottenere ciò che si è ricevuto. Chi fa politica potrebbe scrivere un tomo di molte pagine per esperienze ricevute. Nel possibile smarrimento per capire che cosa abbia un'origine laica e che cosa religiosa nel caso di Santo Stefano appare una bizzarria italiana: la festività è in Italia iniziativa dello Stato, risalente al 1947 per estendere le celebrazioni del Natale, un po' come avviene per il "lunedì dell'Angelo", cioè la "Pasquetta". Per altro la scelta sul 26 come appendice natalizia è avvenuta altrove in Europa con modalità molto simili. Mi ha colpito leggere - e già ne scrissi - che cosa capita in Irlanda, dove la giornata ha un'importanza particolare del tutto originale e zeppa di significati. Si tratta della festa denominata in gaelico "Lá Fhéile Stiofán" oppure "Lá an Dreoilín" ("Wren's Day" in inglese). La storia più gettonata - a giustificazione della festa, anche se poi ho abbastanza stentato a capire i collegamenti - racconta che il cinguettare di uno scricciolo rivelò ai soldati romani quale fosse il nascondiglio di Santo Stefano, che fu catturato e ucciso. Per cui gruppi di bimbi girano a ricordo per le case, indossando vestiti stracciati con i visi colorati e vanno di casa in casa intonando una canzoncina, talvolta accompagnata dal suono di violini, armoniche e corni, che racconta di una gara fra il passerotto e l'aquila per ottenere il titolo di re degli uccelli, vinto con astuzia dallo scricciolo che - sistematosi sul dorso del rapace - spiccò il volo da lì per vincere la sfida. Questa tradizione risale ad un passato remoto, in cui veniva ucciso uno scricciolo ed il suo corpicino veniva appeso a un ramo di agrifoglio e portato in giro in questa sorta di processione. Oggi l'uccisione dell'uccellino non c'è più, ma al posto dell'animale in questa postura macabra si mette una sua effigie appesa al ramo di un agrifoglio con visita porta a porta da parte dei ragazzini per ottenere cibi, bevande e qualche soldino. Anche noi - e certo non per caso - per il Natale usiamo l'agrifoglio, che gli antichi Romani usavano durante i "Saturnali", che avvenivano in questo periodo del solstizio invernale, come simbolo della vitalità della Natura per i suoi colori e dunque assumeva una logica di protezione delle case. Anche per i Celti l'agrifoglio aveva un ruolo significativo in pratiche magiche e curative. Nella cristianità l'agrifoglio appare in diverse tradizioni e leggende. Segno che le culture si mischiano fra loro e noi ci troviamo nella difficoltà di districarci nei significati più reconditi. Ma è così per tutte le festività sul calendario, che finiscono per essere un amalgama di usi e costumi che si rinnovano e si sovrappongono. in una logica così umana di non buttare via niente!