E' stato commovente, l'altro giorno, al Forte di Bard vedere in una tensostruttura nella Piazza d'armi cinquecento bambini con i propri insegnanti per festeggiare la "Giornata della Terra". Eravamo ancora tutti "mascherati", come da protocollo sanitario, ma era la prima manifestazione dalla portata così corale con tante persone sedute nello stesso posto. Dal 1° maggio ci sarà un'ulteriore caduta di quasi tutte le prescrizioni sanitarie. Un punto e a capo importante per tutto noi, dopo un periodo davvero molto lungo di obblighi, spesso difficili da digerire, che avevano limitato nel tempo molte nostre libertà. Mi era capitato più volte di scrivere qui dei limiti seri di legittimità negli strumenti adoperati durante lo "stato di eccezione", che avevano irregimentato la nostra vita. La scelta fortemente centralistica hanno impedito troppo spesso di poter graduare le misure di contenimento in una logica di "modus in rebus".
Come legislatori regionali ci avevamo provato con la legge regionale numero 11 del 9 dicembre 2020, sulle "Misure di contenimento della diffusione del virus Sars-CoV-2 nelle attività sociali ed economiche della Regione autonoma Valle d'Aosta in relazione allo stato di emergenza", bocciata sonoramente dalla Corte Costituzionale, che decise di riportare tutto in campo allo Stato in quanto emergenza sanitaria. Ricordo un passaggio del commento sulla sentenza del costituzionalista Giovanni Boggero: «La ricostruzione della Corte risulta a un tempo irrealistica e controintuitiva; irrealistica perché suggerisce soluzioni organizzative uniformi fondate su capacità e competenze che lo Stato, da solo, non possiede; controintuitiva perché, nonostante individui nella disciplina unitaria di matrice statale l'unico mezzo per una piena garanzia dei diritti fondamentali, fa, poi, contemporaneamente salva, sia pure dandone un'interpretazione restrittiva, la sequenza normativa che autorizza l'adozione di ordinanze contingibili e urgenti in deroga alle misure statali da parte dei presidenti di Regione e Provincia autonoma». Un colpo al cerchio e uno alla botte da parte della Consulta, mancando semmai da parte dei giudici costituzionali decisioni chiare che cassassero l'uso spregiudicato da parte dello Stato dei famosi "Dpcm", che piombavano la notte sulle nostre esistenze con necessità di circolari esplicative in un dedalo di norme che avrebbero confuso anche il cittadino più cartesiano. Tuttavia credo che si debba dare atto, ora che si guarda con maggior ottimismo al futuro anche se la pandemia va controllata e non sottostimata, di come la larghissima parte della popolazione valdostana abbia reagito con grande civismo alla necessità di contrastare il virus, pur a fronte di decisioni governative bislacche o non facilmente applicabili a realtà piccole e particolari come la nostra. I protestatari "no-vax" si sono ritrovati davvero isolati nel contesto della nostra società, anche se bisognerà indagare a fondo le ragioni più psicologiche che logiche di un numero purtroppo significativo di persone che non hanno fatto il vaccino o non ne hanno completato il ciclo. Alcuni di questi si sono rifugiati in teorie complottiste e antiscientifiche di cui bisognerà con calma esplorare le ragioni profonde, utili da capire per il futuro. Intanto in quest'ultima settimana che vede ancora imposizioni ci sia di conforto quel civismo di cui ho detto e direi lo sforzo corale, con punte evidenti nella sanità, per reagire con scienza e coscienza ad un momento difficile, che resterà inciso anche nella storia valdostana. E che dimostra, se mai ce ne fosse stato bisogno, di come ci si debba sempre preparare per tempo alle possibili emergenze e rispetto ad una pandemia così violenta e pericolosa di certo non eravamo pronti e dobbiamo imparare la lezione.