Anche io, come altri, ho saputo dell'arrivo dei taiwanesi alla "Cogne" di Aosta, acquisendone il controllo, da un "Whatsapp" inviatomi dall'azienda con il comunicato stampa. Nessuna avvisaglia e neppure anticipazioni di questo fulmine a ciel sereno. Elementi rassicuranti sono venuti successivamente da Eugenio Marzorati, che dopo il papà Giuseppe e il fratello Roberto, era da qualche tempo diventato, come amministratore delegato, il riferimento per la Regione e dalla direttrice valdostana, Monica Pirovano, che conosco dai tempi della "Sadea" di Verrès. A firma definitiva dell'accordo si saprà di più nei particolari, ma l'impostazione è più o meno la seguente nella loro rappresentazione: nessuna delocalizzazione, l'azienda crescerà dentro un gruppo leader che voleva uno stabilimento di qualità negli acciai speciali per fabbricare e esportare laddove non riesce a farlo partendo dall'Asia per le complesse logiche di mercato della siderurgia, fatte anche di restrizioni e di quote.
Capisco e condivido le preoccupazioni e la notizia, senza alcuna anticipazione, mi ha colto impreparato e stupito per cui aspetto di capire bene e meglio, sapendo che il solo strumento che avremo è interfacciarci come Regione - ed è un compito della politica nel rispetto vicendevole con il sindacato - con il nuovo vertice della società di nomina taiwanese. Alimentare preoccupazioni e lanciare strali da dovunque provengano mi pare una scelta che non porta al momento alcun vantaggio, sapendo che la "Cogne" è un'azienda essenziale per la Valle ed ha dimostrato nel tempo di saper cambiare pelle anche quando veniva data per decotta. Come politico ho vissuto un pezzo di storia dalla fine degli anni Ottanta, fatta dalle difficili vicende dell'acciaio di Stato in crisi sino alla dismissione ai privati con l'arrivo della famiglia svizzera Marzorati, che ne hanno garantito lo sviluppo e chi lo dimentica è in malafede. I resoconti parlamentari dimostrano il mio lavoro con la Regione per il faticoso "salvataggio" (in un rapporto privilegiato con Romano Prodi allora al vertice dell'"Iri" e poi premier) e compartecipai alla storia successiva con il reimpiego di una vasta area - importante per Aosta - frutto della dismissione di molte parti dello stabilimento con i fondi europei. Anni fa pubblicai una parte della storia della "Cogne" raccontata dal celebre architetto torinese Luca Moretto, sul sito storiaindustria.it: «La storia ha inizio all'albore del Novecento nel villaggio alpino di Cogne quando alcuni nobili belgi nel 1903 acquistano dal locale Comune la miniera di ferro di Licony. Gli stessi belgi costituiscono a Genova nel 1909 la "Società anonima Miniere di Cogne" insieme agli eredi di Carlo Bombrini, fondatore dell'Ansaldo. E' proprio la genovese "Società anonima italiana Gio. Ansaldo & C.", guidata dai fratelli Pio e Mario Perrone, che nella primavera del 1916 acquista la quasi totalità delle azioni della "Società Miniere di Cogne" e, il 22 settembre 1917, la fonde con sé. Al di là dei venti di guerra del primo conflitto mondiale, in un quadro d'intenso sviluppo della siderurgia italiana messo in moto dall'intensa richiesta di armamenti bellici, il complesso produttivo aostano doveva mettersi al servizio del nucleo portante, originario della potenza ansaldina, gli stabilimenti liguri di Cornigliano, unendo così la montagna al mare in un vasto orizzonte imprenditoriale. Il programma era duplice: la fonderia per la ghisa mediante l'impiego del materiale di magnetite delle miniere valdostane, con un trattamento in altiforni elettrici; l'acciaieria per produrre al forno elettrico degli acciai comuni dal rottame. L'acciaio solo in parte veniva laminato ad Aosta: il resto era spedito in lingotti a Genova al laminatoio di Cornigliano, fornitore dei cantieri navali. I primi padiglioni dello stabilimento siderurgico vengono edificati ad Aosta a partire dal 1917, costituendo così il momento della fondazione materiale della fabbrica. Si configura da subito la struttura quadripartita del progetto valdostano dei Perrone: lo stabilimento siderurgico; il quartiere operaio; le miniere; gli impianti idroelettrici, per disporre dell'elettricità necessaria al funzionamento del sistema verticale. Fondamentale era il collegamento dall'alto in basso: a tale scopo tra il 1916 ed il 1922 viene realizzato un sistema diretto di trasporto del minerale, dalle miniere ad Aosta, che comprende una serie di teleferiche - a monte ed a valle - ed una linea ferroviaria a scartamento ridotto che attraversa - in galleria - il monte Drinc. L'energia è fornita dall'impianto idroelettrico di Aymavilles; le altre centrali sono ancora in costruzione. Ma, ad apertura del dopoguerra, l'Ansaldo è travolta dal crollo della "Banca italiana di Sconto". Nel dicembre del 1921 i Perrone escono di scena. Il 15 settembre 1922, per volontà statale, nasce la "Ansaldo S.A.": ma la "Cogne" resta fuori. Soltanto il 21 luglio 1923, ormai in era fascista, nasce la "S.A. Ansaldo - Cogne", con la partecipazione azionaria dello Stato: il ridimensionamento del polo valdostano è consistente. Nel gennaio del 1924 nascono le "Acciaierie elettriche Cogne-Girod", con capitale svizzero, procurato dall'imprenditore fribourghese Paul Girod, fondatore delle "Aciéries Electriques" di Ugines nella vicina Savoia. Segue, nel 1926, il rinnovo degli impianti: vengono installati due nuovi grandi altiforni soffiati a coke per alimentare i "convertitori Bessemer". E' il momento dell'antracite delle miniere di La Thuile. Dopo altri minori cambiamenti delle ragioni sociali, il 12 marzo 1929 compare la denominazione storica: "S.A. nazionale Cogne", a cui viene assegnata la siderurgia, mentre alla "Nazionale Aosta" va l'elettricità. L'inizio degli anni Trenta sono percorsi dalla grande crisi: nel 1933 compare lo Stato imprenditore-finanziere attraverso la creazione dell'Iri con un suo piano di coordinamento per la ricostruzione industriale italiana. Agostino Rocca, nell'inchiesta del 1933-1934, giudica negativamente l'impianto aostano: è sovradimensionato e, quindi, antieconomico. Di conseguenza nel settembre del 1934 viene avanzato un progetto di fusione con la ligure "Ansaldo" (a costituire la "Società italiana Acciaierie Cornigliano Cogne - Siacc") che, però, non verrà concretizzato per la ferma opposizione del ministro delle finanze Paolo Thaon di Revel che si oppone al tentativo di un progressivo smantellamento della "Cogne". Nella "Nazionale Cogne" vengono fuse la "S.A. Nazionale Aosta" (10 settembre 1935) e la "S.A. Nazionale La Thuile" (7 agosto 1936). La seconda metà degli anni Trenta vede un'inversione di tendenza: per il regime fascista diventa essenziale la questione della "difesa nazionale", con il conseguente potenziamento della siderurgia bellica speciale. Il piano autarchico del fascismo, unito ad una volontà di potenza militare, comporta un rilancio della siderurgia a ciclo integrale. In tale ottica la "Cogne", ormai sotto il totale e diretto controllo dello Stato, diventa necessaria per la produzione pesante di guerra. E' una stagione di crescita continua, con un'impennata produttiva verso il biennio 1941-1942, lungo tutto il primo tratto del secondo conflitto mondiale, prima del crollo del fascismo (25 luglio 1943). Con l'8 settembre gli occupanti germanici assumono il controllo degli stabilimenti aostani: incertezza ed attesa, quindi, fino alla liberazione nell'aprile del 1945. Nell'ottobre del 1943 alla guida della Provincia passa Cesare Augusto Carnazzi. Euclide Silvestri è nominato Commissario straordinario della "Cogne"; la fabbrica è investita della protezione del Ministero del Reich per l'armamento e la produzione bellica, sotto la direzione di Kuttner, responsabile in Italia per la produzione del ferro e dell'acciaio. Dopo la Liberazione, l'evento fondamentale per la Valle è il riconoscimento nel 1948 dell'Autonomia. Dal lato occupazionale, nello stesso anno la "Cogne" tocca un vertice, in seguito mai più raggiunto, con 9.419 addetti, ma già emerge, a causa della limitatezza negli investimenti, un'impreparazione a far fronte ad un'economia di pace mossa dalla libera concorrenza, nelle prospettive per la siderurgia italiana indicate da Oscar Sinigaglia»". Poi cosa successe nel dopoguerra è facile dire: le Partecipazioni statali portarono la fabbrica - con personalità assai diverse al comando e cambio di nome della società - ad un punto di non ritorno con alti e bassi, sono a quando arrivarono come salvatori i Marzorati, che hanno messo a posto conti e fabbrica. Già allora c'erano scettici e complottisti. Ora la vendita del settanta per cento della società ai taiwanesi che ne acquisiscono il controllo. Una pagina bianca di cui bisogna capire implicazioni e conseguenze. Questo avverrà nel tempo e certo già negli incontri con i nuovi proprietari si capiranno meglio progetti e volontà e nessuno è così stupido da non sapere quanto sia importante per la Valle d'Aosta la posta in gioco. Anzi, qualche stupido c'è e basta poco per ritrovare certe sparate di chi, già anni fa, predicava la chiusura della fabbrica senza rendersi conto di quel che diceva ed anche ora straparla.