La notizia a suo tempo mi aveva fatto sorridere: un papà di West Wickham (Inghilterra), Nick Herbert, ha dato vita un paio di anni fa ad una app chiamata "ReplyASAP" (letteralmente "Rispondi al più presto") per garantire che suo figlio Ben usasse il dispositivo per comunicare con i loro genitori, specialmente in caso di emergenza. "ReplyASAP", infatti, costringe i ragazzi a rispondere immediatamente ad un messaggio o una telefonata di mamma o papà, in quanto la app blocca letteralmente il dispositivo che si sta usando. Se sommiamo a questo la possibilità ormai evidente di geolocalizzare i figli attraverso il loro telefonino qualche chance esiste di non perdere le loro tracce. Tutto questo deriva dal fatto (io ho tre esperienze su due diverse fasce di età) che i figli non rispondono mai al telefono ed anche con le messaggerie tendono a rispondere quando vogliono e con scarsa sollecitudine anche rispetto a quelle che noi genitori consideriamo urgenze.
Un fenomeno diffuso e segno di queste generazioni. Chiariamo il fatto che io, come immagino molti di voi lettori, è cresciuto senza telefonino in tasca. Conosco a memoria dov'erano allocate le cabine telefoniche nei posti che frequentavo e se esisteva in zona qualche telefono a scatti da bar. Per cui le telefonate ai familiari ai numeri ricordati a memoria, quanto ormai in disuso, erano davvero in caso di necessità e all'estero da ragazzo ho passato parecchi giorni senza farmi sentire con il detto "nessuna notizia, buona notizia". Ma ora - con la telefonia mobile, che ha rivoluzionato usi e costumi - siamo più ossessivi noi genitori ed i nostri figli troppo spesso non rispondono! Alla nostra ansia non corrisponde una loro ansia. Mi ha fatto sorridere su "Internazionale", nella bizzarra rubrica di Claudio Rossi Marcelli, questa risposta ad una mamma apprensiva che lamentava le mancate risposte della figlia: «Nel libro "Niente di vero" (Einaudi 2022) Veronica Raimo descrive con efficacia la separazione tra l'universo dei genitori e quello dei figli. E' un libro crudo, ironico e profondo che ti consiglio. E di cui ti riporto l'incipit: "Mio fratello muore tante volte al mese. E' mia madre a chiamare per avvertirmi della dipartita. "Tuo fratello non mi risponde al telefono", dice in un sibilo. Per lei il telefono certifica la nostra permanenza sulla Terra, in caso di mancata risposta non esistono altre spiegazioni che una cessata attività vitale. Quando mi chiama per dirmi che mio fratello non c'è più, non vuole essere rassicurata, ci tiene piuttosto che partecipi al cordoglio. Patire insieme è la sua forma di felicità: mal comune, gaudio totale. A volte le ragioni del decesso sono banali: una fuga di gas un frontale con l'auto una botta in testa dopo un brutto scivolone. Altre volte gli scenari si fanno più complessi. La scorsa Pasquetta dopo la telefonata di mia madre, è arrivata quella di un giovane carabiniere: "Sua madre ha denunciato la scomparsa di suo fratello, conferma?". Non si sentivano più o meno da un paio d'ore. Lui era a pranzo fuori con la fidanzata, lei si tormentava sul perché non fosse a pranzo con chi l'aveva messo al mondo. Ho cercato di tranquillizzare il giovane carabiniere, era tutto sotto controllo. "No", è sbottato, "non è tutto sotto controllo, al centralino stanno sbroccando"». Il libro - vincitore del "Premio Strega giovani" - l'ho già comprato e letto. Assolutamente godibile e fotografa, in un lessico familiare e giornale intimo, anche certe paranoie di noi padri e madri riflesse in un racconto ironico e purtroppo veritiero di certi nostri tic così umani.