Lo è o ci fa? L’interrogativo su Silvio Berlusconi è legittimo, dopo le uscite pressoché quotidiane da cavallo pazzo che picconano (per usare un verbo che venne usato per le esternazioni bislacche del Presidente Cossiga) la stabilità del centrodestra e fanno imbufalire Giorgia Meloni, ormai piazzata sulle scale di Palazzo Chigi. Il punto più dolente è un Cavaliere che ai suoi eletti ha rivelato il suo sentimento filorusso (prendendo anche le distanze dal leader ucraino Zelensky) nel corso di un monologo a tratti grottesco. Elio Vito, che è stato parlamentare di lungo corso prima radicale e poi di Forza Italia, ha fatto un tweet rivelatore almeno di un aspetto. Scrive: “Non faccia l'ingenua anche Meloni, le posizioni di Berlusconi su Putin, Crimea, Donbass, l'Ucraina erano note e ribadite, ahimè, anche dopo l'invasione russa. E lei ci si è alleata, ha preso voti, vinto collegi e le elezioni con Berlusconi. Ora fa l'atlantica, lei, amica di Orban”. Già, la Meloni ha in corso una straordinaria azione di camuffamento che ha convinto gli italiani, abili nel farsi prendere all’amo come fece lo stesso Berlusconi, delle sue doti straordinarie e soprattutto di aver abiurato le radici neofasciste da cui indubitabilmente arriva. Ma torniamo a Berlusca e alla sua vera o presunta cena di - spiace usare la parola - rincoglionimento senile. Ha scritto lo scafato Francesco Merlo su Il Foglio: “Non sente bene da un orecchio, parla un po’ a ruota libera, si confonde sui collegi uninominali, racconta sempre la stessa barzelletta su lui e il Papa in aereo, comincia forse ad assomigliare al personaggio di quel film in cui Michele Placido interpreta un uomo politico che divenuto anziano non riesce più a dire le bugie e dunque dice tutto quello che pensa, eppure... “guardate che Berlusconi era così anche vent’anni fa. La resa scenica è logorata dagli anni, certo, ma l’animus pugnandi è lucido. Silvio a volte fa cose irrazionali che dipendono da un’esorbitante personalizzazione dei conflitti. E ora gli interessa solo una cosa, credetemi e non è politica: lui vuole sfregiare Giorgia Meloni, l’abusiva”. Dice così Fabrizio Cicchitto che è stato il capogruppo del Cavaliere negli anni napoleonici e disastrosi del Pdl, culminati nella notissima e furibonda lite con Gianfranco Fini, forse il climax ascendente dell’irrazionalità di questo Titano ribelle, Silvio Berlusconi appunto, mezzo Prometeo e mezzo Anticristo, anomalo perché in conflitto d’interessi, in conflitto d’interessi perché anomalo, chiamato dal destino a imporsi, a distruggere, a dilaniare anche se stesso in una battaglia e in una sofferenza sovrumane: “Dopo di me il diluvio”. Casini, Fini, Alfano, Tremonti, Scelli, Bertolaso, Brambilla, Samorì, Fiori, Martinelli (quello di Grom), Toti, Parisi... per venticinque anni Berlusconi ha lasciato intravedere ai suoi smaniosi alleati e cortigiani la possibilità di consegnare lo scettro a qualcuno di loro, indicando ora l’uno, ora l’altro, ora tutti e ora nessuno. Insomma ha divorato più delfini lui di qualsiasi altro pescecane, annichilendo persone anche per un nonnulla, e forse soltanto perché, come dice Giuliano Urbani, che Forza Italia la fondò con il Cavaliere nel 1994, “per Silvio è inconcepibile che qualcun altro possa fare il leader e il presidente del Consiglio del centrodestra al posto suo. Tanto meno la Meloni che sembra fatta costituzionalmente per non piacergli. Piccola, donna, giovane e anche un po’ ‘fascistina’ come disse Fedele Confalonieri”. E Salvini allora? “Salvini non è mai stato leader di niente, ha governato con i grillini e non è mai stato in predicato di diventare presidente del Consiglio. La Meloni invece lo manda ai matti. Letteralmente. E’ proprio così, io lo conosco Berlusconi”. E allora eccolo il Cavaliere, che giovedì scorso aveva cercato di ritardare l’elezione di Ignazio La Russa in Senato, a sfregio, come si dice. Ed eccolo ancora, non soltanto imprevedibile ma anche un po’ sadico, mentre si fa fotografare con i famosi appunti su Meloni “supponente, prepotente, arrogante e offensiva”. Eccolo infine, il giorno dopo, spinto quasi contro la sua volontà da Gianni Letta, dalla figlia Marina e da Pier Silvio ad andare in Via della Scrofa, la sede di Fratelli d’italia. Canossa. Una pace durata lo spazio di una sera”. Poi - spiace interrompere questa prosa prorompente - la fuga delle registrazioni, destinata forse a proseguire, con cui ha messo macigni sulla strada della Meloni. Insomma: lo è o ci fa? Non ho certezze, ma lo spettacolo, anche nei suoi aspetti miserandi, è assicurato.