Le canzoni sono la colonna sonora della nostra vita. Basta ascoltarne una e se ci appartiene in qualche modo si accende una lampadina che la collega a qualche evento o più semplicemente riporta alla memoria musica e parole con incredibile spontaneità. Scrisse argutamente Eugenio Scalfari: “La canzonetta custodisce la memoria. A guardar bene è un contenitore di memoria, probabilmente il più perfetto a stimolare quella parte del cervello che conserva i ricordi del passato, i volti, i luoghi, le vicende, gli amori e i dolori, insomma la biografia delle persone”. Aggiungeva nella logica pluriuso il grande George Moustaki: “Una canzone? “E teatro, film, romanzo, idea, slogan, atto di fede, danza, festa, lutto, canto d’amore, arma, prodotto deperibile, compagnia, momento della vita”. Dico sempre e ribadisco che anche su questo nessuna generazione precedente a quella della seconda metà del secolo scorso ha vissuto anche in questo rivoluzioni tecnologiche senza eguali. La solfa è sempre la stessa e volgarmente si dice che siamo passati - anche se so che l’espressione non è esatta - dall’ analogico al digitale. Certi apparecchi con cui si ascoltava la musica erano più meccanici nel senso vero e proprio! Oggi la musica la si può ascoltare con diverse modalità e con una ricchezza di offerta che fa impallidire noi che andavamo a comprare dischi e musicassette e poi ci siamo ingegnati con walkman, CD, MP3 e iPod sino agli attuali streaming online. La televisione e la radio sono stati una presenza rivoluzionaria con l’uscita dal monopolio Rai negli anni Settanta. Trasmissioni come l’ancora vivo Festival di Sanremo (che sembra ormai il paleolitico rispetto a XFactor e simili) e il Disco per l’Estate e il Festivalbar dettavano la linea. Oggi mi pare che, a parte l’ancora crescente dominio angloamericano, si affermi una gigantesca kermesse di canzoni usa e getta con capacità delle major musicali di far emergere successi non solo per abili capacità di costruire personaggi, ma per campagne di marketing che impongono canzoni che appaiono dappertutto e sono spesso prodotti di laboratorio (in sala d’incisione, beninteso). Eppure, cari lettori, basta poco per capire che cosa distingua il grano dalla pula e i fuoriclasse emergono come esempio per i “nuovi” che spesso durano il tempo di un cerino. Nelle scorse ore, a proposito di canzoni rievocative, mi sono goduto il concerto del duo - cominciarono già in coppia agli esordi! - Francesco De Gregori e Antonello Venditti. Non solo è stato un tuffo in canzoni che sono state un caposaldo nei miei decenni passati, ma la scoperta banale di come una band con professionisti di gran calibro e cantanti intonati efficaci facciano faville. Come ha cantato il grande Francesco Guccini: “La canzone può aprirti il cuore | con la ragione o col sentimento | fatta di pane, vino, sudore | lunga una vita, lunga un momento. | Si può cantare a voce sguaiata | quando sei in branco, per allegria | o la sussurri appena accennata | se ti circonda la malinconia | e ti ricorda quel canto muto | la donna che ha fatto innamorare | le vite che tu non hai vissuto | e quella che tu vuoi dimenticare”.