Ho sempre odiato gli estremisti e gli estremismi di qualunque colore siano e di qualunque pasta siano fatti. Chi è federalista aborrisce in modo equanime chiunque celebri, all’estrema destra come all’estrema sinistra, progetti politici contrari ai diritti umani, alle libertà e al principio di sussidiarietà. Eppure bisogna riconoscere come l’estremista spicchi per la virulenza delle sue intenzioni, per la violenza nei suoi comportamenti, per i settarismo che lo unisce con propri simili e per il disprezzo profondo per chi non la pensi come lui. In genere lavora come un matto in favore della sua ideologia, in modo maniacale e integralista, accecato com’è dalla logica di un pensiero unico e non negoziabile. Li ho visti e le vedo in azione questi faziosi. Sono gruppuscoli insignificanti e la sola esistenza è la grancassa mediatica, la petizione chiassosa, la denuncia facile, il dileggio verso chi combatte le loro idee. Lo fanno spesso nel nome di principi nobili e sbandierando quella democrazia che nelle loro sette – spesso con tanto di guru leader – non esiste affatto. Ma la cecità aiuta e trasforma in falange macedone anche gruppetti di persone che si fanno forza fra loro, cementando quelle convinzioni che li rendono irragionevoli. Inutile infatti il colloquio o la discussione. Come dei robottini istruiti, anche dopo lunghe interlocuzioni, tornano al punto di partenza, convinti che quella inamovibilità sia degna di medaglia di fedeltà. Colpa loro e dei loro ispiratori? Certamente sì, tuttavia con un necessario distinguo. La colpa è anche nostra, in senso generale, perché consentiamo troppo spesso a minoranze chiassose non quello che è un loro ruolo legittimo, ma permettiamo a certi sproloqui di occupare spazi eccessivi, privi della proporzionalità rispetto a quanto contano. C’è una sovrarappresentazione di fenomeni marginali che si fanno forti nella loro fermezza di mettersi contro per partito preso in una logica detestabile di continua contestazione. Si diventa così antagonisti di professione e di fatto. Ha scritto Giovanni Sartori: “La visibilità è garantita alle posizioni estreme, alle stravaganze, agli «esagerati» e alle esagerazioni. Più una tesi è sballata, e più viene reclamizzata e diffusa. Le menti vuote si specializzano in estremismo intellettuale, e così acquistano notorietà (diffondendo, si capisce, vuotaggini)”. L’antidoto esiste ed è la mobilitazione dei silenti contro i rumorosi. Il levarsi di tutti coloro che per quieto vivere non si fanno avanti. Una forma di assenza che lascia inevitabilmente lo spazio agli altri che gridano forte e si affermano. A peggiorare tutto ci si sono messi i Social che fanno da aggregante fra chi la pensi in un certo modo grazie ad algoritmi che premiano l’unicità di idee e allontanano chi avrebbe da ridire. Una stanza piena di persone indottrinate poste solo di fronte a chi condivide le medesime convinzioni. Il contrario esatto della democrazia, che avrebbe nel dialogo il segreto per progredire. Chi resta fermo nelle sue convinzioni senza spazi alcuni di dialogo diventa inutile, chiuso nel suo estremismo e purtroppo i Social diventano una gabbia per chi decide di non confrontarsi.