Capisco il giubilo dei nemici dell’Unione europea per la storia vomitevole della cricca interna al Parlamento europeo al soldo del Qatar e pure del Marocco. Ovvio che sfruttino questa occasione ghiotta, che pone il problema vecchio come la democrazia del rischio che gli eletti obbediscano a chi li corrompe. Chiunque abbia frequentato assemblee parlamentari grandi a piccole è stato sottoposto a corteggiamenti di lobbies di vario genere e a diventare disonesti per soldi se si incappa in una lobby cattiva per soldi c’è chi purtroppo ci mette poco. Per questo in Europa esistono regole stringenti sul ruolo dei gruppi di pressione (nel Parlamento italiano non c’è nulla di serio), che evidentemente non si sono dimostrate sufficienti. Lo stesso vale per le misure draconiane sui PEP (che conosco da una vita come eletto). I PEP per norme europee sono le “persone politicamente esposte”, che vengono - assieme a tutti i familiari - sottoposte a grandi controlli dai sistemi bancari e finanziari per scoprire movimenti di denaro di dubbi origine. Ma proprio il caso di cui scrivo ha dimostrato, con il contante trovato, che fatta la legge trovato l’inganno da parte di chi è disonesto. I controlli dovrebbero vertere di più su iniziative politiche e discorsi pubblici, quando mostrano - come nel caso del Qatar - strane amicizie e commistioni illogiche. Chi in questi mesi sosteneva in favore del Qatar i passi in avanti in corso a favore dei diritti dei lavoratori e di quelli civili o era stupido o corrotto. Poche le alternative. A me mille volte in diverse occasioni, nell’ ascoltare certi colleghi, è bastato un minuto per capire per quale lobbies lavorassero e non in buona fede e per convinzione, ma per “pecunia non olet”. Per questo esistono i gruppi parlamentari che sono i primi a dover scovare le mele marce, che nel caso in esame colpiscono al cuore e me ne dolgo il Parlamento europeo e la sua credibilità. Facendo contenti, come dicevo, gli antieuropeisti, che nel caso italiano dovrebbero guardare a tanti parlamentari che siedono da anni al Senato o alla Camera con legami sospetti, come si può vedere ad esempio dagli emendamenti sulfurei a favore degli uni o degli altri. Uno dei giornalisti più esperti di questioni europee, che da anni ne segue le vicende, Andrea Bonanni, ha scritto su Repubblica: “Colpisce, in questa brutta pagina del Qatargate, la grande sproporzione tra i vantaggi davvero risibili che corrotti e corruttori sono riusciti a procurare al Qatar e al Marocco, da cui venivano pagati clandestinamente, e i danni enormi che il loro comportamento ha provocato all’immagine dell’Europa e della sinistra, da cui venivano pagati legalmente. Dopo i trenta denari di Giuda, si ricordano pochi tradimenti così sperequati tra danno inferto e beneficio procurato”. A dimostrazione che i corretti hanno fallito aggiunge: “Nonostante le valigiate di euro spesi dall’Emirato, le risoluzioni critiche verso il Qatar sono passate ugualmente al Parlamento europeo. Nonostante la capillare rete di corruzione messa in piedi dai servizi marocchini, l’Europa continua a non riconoscere l’occupazione del Sahara occidentale da parte del Marocco. Certo, è possibile che Panzeri & Co siano riusciti a limare una frase qua e un aggettivo là, ad ammorbidire qualche sfumatura di linguaggio diplomatico a favore dei loro mandanti. Se ciò valga tutti i soldi spesi, è una valutazione che spetta ai corruttori. Di certo, non ha modificato la sostanza politica delle posizioni europee. E questa è l’unica considerazione che, forse, può salvare l’anima delle istituzioni di Bruxelles. La corruzione c’è stata, ed è gravissimo. Ma non ha pagato, e questo è confortante. Sempre che dall’inchiesta non emergano fatti nuovi che coinvolgano altre e più importanti personalità, o altri e più delicati dossier”. Speriamo in bene, ma il danno, come scrive Bonanni, resta: “In ogni caso il danno reputazionale che lo scandalo ha arrecato all’Europa è devastante. Lo dimostra quanto gongolano i nemici della Ue, a cominciare dall’ungherese Orbán, che i soldi li prende da Putin e che riesce davvero a bloccare le politiche europee, ma non è chiamato a renderne conto”. Già, questo anche in Italia è un filone interessante, visto i filorussi che pullulano anche in Parlamento e che dicono cose che lasciano straniti. Resta - come già accennato - l’esercizio democratico da svolgere, di fronte ai discorsi e alle iniziative di qualunque eletto a qualunque livello, quando ci si accorge che interviene troppo e ripetutamente su temi cari a qualche “padrone” che evidentemente lo tiene al guinzaglio e non lo fa per convinzioni politiche o posizioni ideologiche, ma più prosaicamente per denaro, svilendo Istituzioni e Politica.