Possiamo oggi dire che, noi nati nel Novecento, ci siamo illusi con la speranza che un nuovo secolo e un nuovo millennio sarebbero stati uno straordinario punto a capo. Ricordo quel Capodanno che a Mezzanotte ci portò al 2000 con l’ingenua illusione di chiudere i conti con un secolo pieno di dolori e orrori. Si aveva a sua chiusura una consapevolezza piena di quanto fosse avvenuto e per questo si invocava una discontinuità. Ora che questi anni Venti ci hanno confermato mali antichi è bene, pur senza indugiare in eccessi di pessimismo, guardare alla cruda realtà e gli esempi sotto i nostri occhi spaventano per chi verrà dopo di noi e le speranze sinora si sono infrante. Leggevo in queste ore, non avendo ancora coscienza di come finirà questa storia, Massimo Recalcati su Repubblica: “Le impiccagioni pubbliche dei giovani oppositori al regime teocratico degli ayatollah intendono frenare la rivolta in corso in Iran attraverso l’esibizione terroristica della morte. Una schizofrenia temporale sconcertante appare sotto ai nostri occhi. Da una parte un popolo, guidato alla rivolta dalle donne, esige libertà e democrazia muovendosi con decisione e coraggio verso un nuovo avvenire. Dall’altra parte il sistema politico del regime teocratico che resta vincolato ad un passato remoto, immobile, insensibile ad ogni progresso, ancorato ad una ideologia patriarcale e maschilista di tipo medioevale. È un esempio tragico di cosa significa restare legati nostalgicamente ad un passato destinato ad essere irreversibilmente corroso dal tempo”. È più avanti con capacità immaginifica: “Quale è, infatti, la natura più profonda della perversione? Lacan lo ha indicato con precisione: farsi alfieri, legionari, crociati, cavalieri della fede di una Legge che esige il sacrificio perpetuo della vita umana nel nome di un ideale superiore. È quello che sta accadendo in Iran: si invoca la Legge di Dio contro quella degli uomini trasfigurando l’esercizio brutale del potere in una opera di purificazione morale resasi necessaria dall’ostinazione ottusa di coloro che non sanno riconoscere l’assoluta potenza di quella Legge”. È questa una condanna senza appello verso qualunque forma di estremismo nel nome di fede e di ideologie, che deforma i rapporti umani e trasforma tutto in cieco desiderio di sopraffazione. Recalcati aggiunge sulla violenza: “Il Novecento ne ha fornito drammatici esempi. In ogni fondamentalismo ideologico-religioso l’odio profondo per la vita appare in assoluto primo piano. Nel caso della teocrazia la tesi teologica che lo fomenta è semplice e drammatica nello stesso tempo: la vera vita non è questa, ma è quella di un mondo al di là di questo mondo, di cui questa vita è solamente una pallida ombra. La mortificazione della vita — di cui le donne sarebbero l’incarnazione maligna — sarebbe, di conseguenza, la sola possibilità per accedere alla salvezza, il suo sacrificio l’obolo necessario per essere accolti nel mondo vero che si situa al di là del mondo del mondo falso. L’odio per la vita è, dunque, la sola possibilità di guadagnare il rimborso nell’al di là per le sue privazioni vissute nell’al di qua”. Poi il punto cruciale e convincente: “È lo spirito sacrificale che troviamo in tutti i totalitarismi. Ma è proprio in quelli teocratici che appare a volto scoperto: la Legge di Dio odia la vita perché non ci deve essere gioia in questo mondo. Per questa ragione il regime degli ayatollah non può esprimere alcuna tolleranza, pietas, capacità di ascolto. Mostrare la morte in piazza attraverso le impiccagioni significa piuttosto ribadire che la vita in quanto tale è un oggetto d’odio. Il Dio degli ayatollah è un Dio della guerra che combatte non solo contro le altre religioni, ma, innanzitutto, contro la vita stessa. Per questa ragione il maschilismo non è una appendice solo secondaria della teocrazia, ma un suo nucleo psichicamente più significativo: se la donna è l’incarnazione della vita e della libertà, l’odio per la vita impone il suo asservimento disciplinare, la sua sistematica mortificazione, la sua cancellazione”. Sembra incredibile, se solo ci si ferma a ragionare, eppure dimostra uno dei lati oscuri - e ce ne sono tanti altri - nel mondo in cui viviamo.