Capire il passato più remoto non è mai facile. Chi si occupa di archeologia deve riuscire a ricostruire gli usi e costumi attraverso i ritrovamenti sommari con la pazienza indagatrice di uno Sherlock Holmes. Eppure più sono profonde queste radici e più sono affascinanti e ci permettono di capire chi siamo oggi, pensando alle civiltà che ci hanno preceduti. Uso sempre come esempio, perché sottostimata nella sua importanza e scarsamente visitata rispetto alle sue reali attrattive, l’area megalitica di Saint-Martin de Corléans nella città di Aosta. Ci sono dei resti, ormai ospitati in un museo coperto (purtroppo al momento chiuso), che sono pieni di mistero e suggestioni, oggetto di ricerche scientifiche e ricostruzioni storiche. Penso - solo per fare un esempio - ai solchi di un’aratura sacra propiziatoria (fine V millennio a.C.), ad una serie di pozzi allineati (fosse dalla forma cilindrica di varia profondità, fino a un massimo di 2 metri) sul cui fondo giacciono resti di offerte come frutti, cereali e grandi macine. Mi riferisco all’allineamento di 24 pali lignei totemici degli inizi del II millennio a.C. e non più conservati (dalla funzione religiosa-astronomica o di segnacolo) e alle 46 imponenti stele antropomorfe di pietra, capolavori della statuaria preistorica dalle sembianze umane. Ecco perché mi ha incuriosito moltissimo una recente scoperta di un passaggio dell’umanità ancora più distante nel tempo e che mi ha sempre affascinato. Su Internazionale è stato ospitato un articolo di Alison George dell’inglese New Scientist, che ci porta a scoprire i misteri delle grotte che ospitarono i primi sviluppi di noi uomini. Così premette: “Alcuni simboli misteriosi rinvenuti su manufatti e pareti di grotte in Europa, e risalenti a ventimila anni fa, durante l’età della pietra, fanno pensare che gli umani dell’epoca potrebbero aver ideato una forma elementare di scrittura per annotare le abitudini degli animali a cui davano la caccia. Se confermata, la scoperta sposterebbe di almeno diecimila anni la prima testimonianza nota di protoscrittura”. Poi spiega: “In Europa ci sono almeno quattrocento grotte, tra cui quelle di Lascaux e Chauvet in Francia e di Altamira in Spagna, con disegni realizzati da esemplari di Homo sapiens a partire da 42mila anni fa. Oltre a bisonti, cervi e cavalli ci sono simboli come linee, croci, punti e asterischi, il cui significato non è mai stato chiarito. Uno dei motivi ricorrenti è il disegno di un animale con una serie di linee e punti sopra o accanto, simboli che sono presenti anche su alcuni manufatti, tra cui ossa intagliate. Ben Bacon, un ricercatore indipendente di Londra specializzato in protoscrittura, ha avviato un’analisi di questi simboli. Dopo aver creato una banca dati di immagini di animali con i relativi simboli rinvenuti su pareti di grotte o manufatti databili tra ventimila e diecimila anni fa, ha cercato d’individuare schemi ricorrenti con l’aiuto di fogli elettronici e strumenti statistici. “Una volta individuati gli schemi si può cominciare a lavorare sul significato”, spiega”. L’esito è rivoluzionario: “Bacon ha notato che alcuni schemi si ripetono: ci sono per esempio 606 figure di animali con una sequenza di punti o linee. I cavalli hanno tre simboli, i mammut cinque. Ha anche scoperto che in 256 casi tra i simboli, di solito in seconda posizione, c’è una sorta di Y. Per interpretarne il significato Bacon ha riunito un gruppo di esperti, tra cui gli archeologi Paul Pettitt dell’università di Durham, nel Regno Unito, e Tony Freeth dello University college di Londra, noto per aver scoperto le funzioni chiave della macchina di Anticitera, il calcolatore astronomico degli antichi greci. Il gruppo ha analizzato eventuali corrispondenze tra gli schemi ricorrenti di simboli e i dati sulle abitudini riproduttive delle specie animali ritratte, tra cui cervi, mammut, cavalli e uri (bovini selvatici estinti), per esempio il mese in cui si accoppiavano e partorivano. È emerso che i segni componevano un calendario lunare che cominciava all’inizio della primavera, in cui ogni linea o punto rappresentava un mese. Il numero di segni di una sequenza indicava quanti mesi dopo l’inizio della primavera cominciava la stagione dell’accoppiamento di un certo animale, mentre la Y indicava il mese del parto”. In sostanza queste popolazioni di cacciatori-raccoglitori del paleolitico” seguivano la vita degli animali che erano le loro prede e potrebbe essere una sorta di calendario. Ancora afferma Petit: “Pur considerando lo studio un passo nella giusta direzione, Karenleigh Overmann dell’università del Colorado a Colorado Springs, negli Stati Uniti, esprime dei dubbi sul fatto che i segni grafici indichino un calendario. Secondo lei distinguere nella pittura rupestre di decine di migliaia di anni fa una Y da una linea è più complicato di quanto si pensi: “Individuare con precisione i simboli è molto difficile”. Se ulteriori indagini confermassero che si tratta di un calendario, dovremmo ricalcolare le origini della scrittura. Il primo sistema completo, quello cuneiforme, apparve intorno al 3500 aC e fu preceduto da una protoscrittura le cui radici risalgono alle pedine d’argilla usate per contare, circa diecimila anni fa”. Come capite le dispute non mancano già ora sulle interpretazioni così come esplicitate, ma è certo che ci troviamo di fronte a scoperte periodiche che confermano l’assoluta straordinarietà dello sviluppo della civiltà umana. Ancora troppo spesso c’è chi non si rende conto degli incredibili passi in avanti dell’umanità per la costruzione di un ruolo nostro ruolo determinante in questo mondo, che noi stessi oggi contestiamo in una bizzarra logica che discute il nostro stesso ruolo nella Natura. Certo ciò è avvenuto con metodi buoni e cattivi, ma i segni del passato mostrano la forza, già agli albori della nostra presenza cosciente, della genialità umana, che a Saint-Martin de Corléans si conferma in maniera più matura con una simbolistica complessa e piena di significati da scoprire.