Da ragazzo lessi - forse su quella bizzarra rivista che avevamo a casa, che si chiamava Selezione dal Reader's Digest - la storia del famoso medico di Lourdes, Alexis Carrel, premio Nobel della medicina. Era agnostico, ma divenne cattolico fervente, perché - come scrisse nel suo libro più famoso firmato Lerrac (Carrel al contrario) - era stato testimone di veri e propri miracoli avvenuti su malati in visita nel celebre santuario dedicato alla Madonna, dopo le ben note apparizioni. Quando sono stato a Lourdes in visita, pieno di racconti di conoscenti che ci erano stati, sono rimasto impressionato dai luoghi e dalla forza mistica della devozione popolare. Il commento più acuto, però, lo fece il piccolo Alexis, fresco di catechismo, che - nelle vie piene di negozi con cianfrusaglie al limite del kitsch - se ne uscì con candore, dicendo: “Ma Gesù non voleva cacciare i mercanti dal Tempio?”. Per curiosità in quello stesso periodo mi ero letto varie cose sul fenomeno ancora vivo di Međugorje, località dell’Erzegovina, anch’essa nota per apparizioni mariane e di fatto tollerata da un Vaticano pieno di dubbi sugli eventi e per certi business. Leggo in queste ore l’acuto Mattia Feltri sulla sua rubrica quotidiana, legata all’ultima storia di Trevignano che eccitano i tragici contenitori televisivi, amati dalle ormai anziane casalinghe di Voghera o meglio di Catanzaro. Scrive Feltri: “Mi ricordo Madonne piangenti a Firenze, a Catania, a Civitavecchia, a Subiaco, a Castrovillari, e ne ricordo in Belgio, in Canada, in Irlanda. In Scusate il ritardo, film del 1983, Massimo Troisi suggeriva alla Madonna di ridere, così gli scienziati non avrebbero spiegato le lacrime col legno che trasuda per un improvviso cambiamento di temperatura. Quarant'anni dopo siamo ancora lì, ma da molto tempo non mi va di irridere chi si mette in fila per assistere al miracolo, sempre il solito, sempre nuovo. L'uomo ha bisogno di credere a qualcosa di prodigioso che si manifesti a riscattare tanto insensato dolore: si crede alle lacrime della Madonna perché sono le lacrime nostre. Quando vedo le foto di quell'umanità, ordinatamente in attesa di trovarsi faccia a faccia con la speranza, tutto penso fuorché sia ridicola. Piuttosto mi fa dispiacere pensare alla disillusione, il giorno in cui il loro profeta se la svignerà col malloppo”. Trovo irresistibile l’immagine della Madonna sorridente e non, da stereotipo, piangente e lo faccio con rispetto, pensando al profondo e partecipato culto mariano in Valle d’Aosta. Ma Trevignano è altra cosa e inerisce la credulità popolare e un uso grottesco della fede, che deve far riflettere. A trafiggere l’ennesima santona ci pensa un pezzo magistrale Matteo Matzuzzi): “La storia è nota, da sette anni la signora Gisella (nome d’arte di Maria Giuseppa Scarpulla, già imprenditrice da tempo trasferitasi nel Lazio) sostiene che sulla collina che domina il lago di Bracciano appare, ogni 3 del mese, la Madonna. Che le parla e piange sangue, affidandole messaggi (quasi mai positivi) per l’umanità. La curia è sempre stata prudente, fino a quando gruppi di credenti si riunivano recitando il rosario andava pure bene. Ma quando entrano in scena le “donazioni spontanee” alla onlus costituita dalla “veggente”, le cose si complicano. Il problema è che a Trevignano si recano regolarmente migliaia di cattolici, da tutta Italia per ascoltare i messaggi e guardare da vicino le lacrime (umane o suine? Sul punto è aperta una contesa, ma finora dati certi non ve ne sono). La vicenda, in attesa del verdetto vescovile, denota una grassa e disarmante ignoranza dei fondamentali del catechismo tra quanti pure si definiscono cattolici. Basta mettere in mezzo al prato una statua della Vergine, quattro panchine, una croce, un rosario ed è fatta: ecco la Medjugorje italiana, almeno secondo le intenzioni di Gisella”. Ma le cose, spiega il giornalista, sono degenerate: ”Che però ha fatto il passo più lungo della gamba, condendo la storia (sua e del suo santuario) con dettagli trash, non a caso ripresi dai programmi pomeridiani che mescolano il sacro con il profano, i rigorosi toni monacali con le paillettes. La presunta veggente, infatti, ha raccontato che davanti ai suoi occhi e di alcuni suoi amici si sarebbe verificata la moltiplicazione di una teglia di pizza – “Era per quattro persone e ne hanno mangiato in venticinque” –, di un coniglio e perfino di “un piattino di gnocchi”. Altro che pani e pesci di Galilea, il cristianesimo s’è adeguato al menù dei comuni mortali del Terzo millennio. Non serve a niente che il Papa abbia avvertito che la Madonna non è una postina che recapita a certe ore programmate i suoi messaggi come se fosse il capo di un ufficio telegrafico. Basta la statua di Maria e il fedele accorre, in qualche caso aprendo pure il portafoglio. Cosa resta, in tutto questo, tra pizze moltiplicate e onlus, della pura e bella devozione mariana? Niente. Attenti, avvertiva qualche tempo fa il predicatore della Casa Pontificia, il cardinale cappuccino Raniero Cantalamessa: va bene onorare Maria, e ci mancherebbe altro, ma ricordiamo sempre il suo “ruolo subordinato rispetto alla Parola di Dio, allo Spirito Santo e a Gesù stesso”. Qui, invece, si crea il cortocircuito perfetto per cui a moltiplicare il coniglio non è più neppure Gesù, ma – si presume – sua madre. E nonostante un quadro con non pochi elementi degni della miglior commedia, in tanti che si professano cattolici, accorrono”. Ed è una vera tristezza e anche una pochade irrispettosa verso il cattolicesimo.