Anni fa avevo scherzato sulla scelta di avere in qualche Comune valdostano un Assessore alla Gentilezza nel solco di una proposta proveniente da un’Associazione culturale eporediese. Ora vedo che, con altro percorso, Courmayeur ha aderito ad un Manifesto su proposta di altro Movimento - che mi pare legato allo yoga e alle sue pratiche - che lo rende “Comune Gentile”. Vorrei riflettere sul tema, perché resta sempre interessante . Partirei dalla ”Lettera enciclica fratelli tutti di Papa Francesco sulla fraternità e l'amicizia sociale" si legge con chiarezza cristallina: ”La gentilezza è una liberazione dalla crudeltà che a volte penetra le relazioni umane, dall'ansietà che non ci lascia pensare agli altri, dall'urgenza distratta che ignora che anche gli altri hanno diritto a essere felici. Oggi raramente si trovano tempo ed energie disponibili per soffermarsi a trattare bene gli altri, a dire "permesso", "scusa", "grazie". Eppure ogni tanto si presenta il miracolo di una persona gentile, che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dire una parola di stimolo, per rendere possibile uno spazio di ascolto in mezzo a tanta indifferenza. Questo sforzo, vissuto ogni giorno, è capace di creare quella convivenza sana che vince le incomprensioni e previene i conflitti. La pratica della gentilezza non è un particolare secondario né un atteggiamento superficiale o borghese. Dal momento che presuppone stima e rispetto, quando si fa cultura in una società trasforma profondamente lo stile di vita, i rapporti sociali, il modo di dibattere e di confrontare le idee. Facilita la ricerca di consensi e apre strade là dove l'esasperazione distrugge tutti i ponti”. È significativo giocare ai sinonimi e contrari, perché in fondo alla gentilezza e alle parole in opposizione ognuno forse dà delle diverse sfumature che ampliano lo spettro. Cominciamo dai sinonimi: affabilità, affettuosità, amabilità, carineria, civiltà, cordialità, cortesia, educazione, fair play, garbo, urbanità. Si contrappongono: cafoneria, inciviltà, inurbanità, maleducazione, scortesia, scostumatezza, sgarbataggine, sgarbatezza, villania”. Sarebbe interessante discutere a fondo sullo scenario che abbiamo di fronte a noi. Credo che ci siano molte ragioni a questo proposito per manifestare un certo pessimismo, che per altro resta un sentimento che non mi appartiene. Tuttavia la vita quotidiana ci insegna come in effetti esista un’incapacità di avere in certi momenti quell’insieme di sentimenti che fanno da corona alla gentilezza. Lo si vede, in modo plastico e fattuale, nei dialoghi sui Social, dove il gradiente della violenza si manifesta come una scelta di imbrattare le comunicazioni. Ci sono professionisti del genere per attitudine personale e ci sono i troll, termine che una volta riguardavano solo, protagonisti nelle leggende scandinave, gli abitanti demoniaci di boschi, montagne, luoghi solitari, transitati oggi, nel gergo di Internet, nella definizione di una categoria di utenti di una comunità virtuale, solitamente anonimi, che intralciano il normale svolgimento di una discussione, inviando messaggi provocatori, irritanti o fuori tema. Questi ultimi - lo vediamo nella vicenda ucraina - sono organizzati con disegni veri e propri di disinformazione e vanno loro dietro pletore di stupidi e di maleducati a peggiorare la situazione. Sarà forse severo ma realistico Giovanni Soriano, quando scrive: “I social network non istupidiscono la gente, ma consentono di evidenziarne la stupidità con un’efficacia mai raggiunta dagli altri mezzi di comunicazione. Ciò mi pare ormai assodato. Anzi, uno dei più grandi pregi dei social network è proprio quello di consentire all’osservatore distaccato di esaminare senza neppure sporcarsi le mani − tutt’al più turandosi il naso − le formichine umane quando sono intente a esprimere le loro “non idee”, i loro luoghi comuni, i loro sproloqui. Non bisogna tuttavia tacere anche un aspetto un po’ increscioso, per non dire deprimente, di questo enorme carrozzone virtuale, che è la patetica esposizione di sé stessi, mediante parole e immagini, da parte di milioni di morti viventi, i quali, per il fatto di poter rendere pubblica la propria nullità, si illudono di esistere”. Gentilezza? Poca.