Fatevi un giro sui diversi siti che si occupano della maternità surrogata nel mondo o, come più esplicitamente espresso da alcuni, con la dizione da brivido “utero in affitto” e si capisce di più. Roba che non solo impressiona, smontando tutta la retorica sulla generosità delle operazioni di nascite su ordinazione “per affetto”, ma dimostra la tragicità di un mercato, in più solo chi è abbiente. Leggevo, giorni fa, sul Foglio un’intervista di Annalisa Chirico ad Anna Finocchiaro, presidente di Italiadecide, già ministro delle Pari opportunità e dei Rapporti con il Parlamento, che conobbi bene e la cui serietà e l’appartenenza all’area progressista sono fuori discussione. Dice Finocchiaro: ”Già alcuni anni fa proposi una messa al bando politica di questa pratica, e non certo l’introduzione del cosiddetto reato universale, proposta tanto suggestiva quanto inutile. La mia contrarietà non si fonda solo sull’inaccettabilità dello sfruttamento del corpo di una donna, poiché non si può ignorare che esistano donne che, fuori da condizionamenti economici, sessisti o familiari, decidano liberamente di portare avanti una gravidanza per altri. Io lo trovo inconcepibile, ma accade e avviene sulla base di relazioni personali e fuori dal mercato. La mia ostilità si fonda sul fatto che assai più spesso la maternità surrogata è finalizzata alla produzione di corpi destinati allo scambio commerciale: bambini prodotti da madri surrogate, su commissione, per essere destinati al mercato dei richiedenti, che pagano per questo”. Chiede poi la giornalista: ”La destra è contro, la sinistra non si sa bene”. Risponde Finocchiaro: ”Non è proprio così. Nella sinistra è in corso un dibattito aperto. La segretaria Schlein ha espresso la propria opinione personale sul tema ma altre e altri nel partito la pensano diversamente. Preferisco una discussione aperta rispetto a una ipocrita o opportunista. Senza un confronto, non c’è una presa di posizione politica e questa battaglia non può essere oggetto di propaganda ed essere lasciata alla destra”. E aggiunge: ”Politicamente, come premessa, auspicherei una condanna unanime contro il mercato costituito dalla produzione di esseri umani destinati allo scambio economico, perché mi pare questo il punto della questione. Oggi il mercato esiste in alcuni paesi, dall’Ucraina ad alcuni Stati americani passando per la Grecia: ci saranno pure dei casi di donazione generosa, puramente altruistica, ma il più delle volte si tratta di uno scambio su commissione. Ci sono agenzie, avvocati, medici, assicuratori, pubblicitari… diciamo le cose come stanno”. La riflessione finale è ancora più profonda: “Oggi non riusciamo più a porci il senso del limite. Lo disconosciamo, lo neghiamo. Io domando: in una società altamente innovativa, dove la tecnologia consente ogni giorno di superare traguardi un tempo giudicati inarrivabili, non è il caso di ripensarlo, e ritrovarlo, un nuovo senso del limite? Guai a fermare la scienza, la ricerca è fondamentale, lei pensi ai progressi nel campo medico, alla rapidità delle connessioni, alle frontiere dell’intelligenza artificiale. Eppure il nostro senso del limite ha bisogno di essere aggiornato in una realtà enormemente mutata. Ci sentiamo quasi travolti dalla marea di innovazioni ma la nostra capacità di adattamento non può prescindere dall’esigenza di preservare l’essenza dell’umano”. Ha detto il cardinal Matteo Zuppi, vescovo di Bologna e presidente della Cei e serve di certo al dibattito, anche per chi è laico: ”Sull'utero mi dispiace, io non penso che essere contrari all'utero in affitto sia medievale. E non penso che sia modernità far fare il figlio a una donna e poi glielo compri con i soldi. Non trovo niente di moderno in questo. Nella sostanza vuol dire l'arroganza di uno che ha i soldi e compra qualcosa".