Quando in Valle d’Aosta si costruì il regime di Autonomia speciale, prima con i decreti luogotenenziali e poi con lo Statuto, la ricchezza derivante dall'energia prodotta con la forza delle acque attraverso le centrali idroelettriche fu un tema politico essenziale nei rapporti talvolta turbolenti con Roma. Questo avvenne grazie alla visione illuminata dei padri fondatori dell’Autonomia, tra l’altro con discussioni enormi anche nella politica interna. Le particolari prerogative ottenute vennero in larga parte disattese con la nazionalizzazione del settore elettrico con sentenze della Consulta contrarie alla Valle all'inizio degli anni Sessanta, che furono tombali e diedero vita al monopolio "Enel", durato per decenni e la responsabilità nel settore fu tutta nelle mani del potere politico romano con una logica colonialistica. Pian piano la liberalizzazione di fonte europea si affermò sino a quando questa leva della concorrenza consentì vent'anni fa - con la vendita degli impianti "Enel" - la nascita della "CVA - Compagnia valdostana nelle acque - Compagnie valdôtaine des eaux". Personalmente lavorai come deputato per chiudere questo disegno che fu certo oneroso per le casse regionali, che oggi per contro godono di cospicua tassazione, benefici da concessione e lauti dividendi che mostrano la bontà delle scelte assunte. Si trattava nel lavoro parlamentare di ridare vitalità a competenze statutarie che parevano perse per sempre e di facilitare le complesse negoziazioni con i diversi interlocutori. I frutti, come dicevo, oggi si vedono e si guarda giustamente al futuro. Sono passati per fortuna certi momenti grami, come avvenne con l’improvvido acquisto fatto a suo tempo delle turbine cinesi - mai ben funzionanti e oggi ferrivecchi arrugginiti - di cui mai nessuno ha di fatto pagato le colpe. Così come si è affrontata bene la recente crisi legata alla guerra d’aggressione in Ucraina, potenzialmente disastrosa per picchi di prezzo con esborsi milionari e ciò è avvenuto con abili operazioni finanziarie necessarie per salvaguardare gli equilibri di bilancio di CVA. Avendone avuto all’epoca la delega ho avuto momenti di sudori freddi. Ora le strategie europee in quel vasto programma riassumibili nella parola "green" chiariscono che per CVA, partecipata regionale, può significare sempre di più essere nel posto giusto al momento giusto con una politica forte nel proprio settore oggi in auge, quello delle energie rinnovabili. L'idroelettrico, l’eolico e il solare servono in più per ottenere idrogeno verde, combustibile del futuro, che può stoccare anche quanto oggi si perde. E la crisi idrica per il cambiamento climatico spinge verso investimenti proprio verso i parchi fotovoltaici e eolici per compensare i cali nella produzione idroelettrica. L’uscita dalle “gabbie” della legge Madia ha significato per la società poter fare investimenti nel resto d’Italia, rafforzando la propria posizione sul mercato. Lo scriveva bene ieri il Sole24 e approfitto della ottima sintesi di un piano di sviluppo CVA di recente presentato al Governo valdostano è così proposta ai suoi lettori dal giornalista Cheo Condina: “Il raddoppio della capacità installata a 2 GW, grazie a investimenti per 1,6 miliardi, per consolidare il ruolo di operatore energetico "pure green" e differenziare maggiormente il portafoglio delle fonti di generazione elettrica, crescendo in tutta Italia. È questo, in estrema sintesi, il nuovo piano industriale al 2027 appena lanciato da Compagna Valdostana delle Acque, già tra i primi player nazionali dell'idroelettrico, che ora punta sotto la guida del Ceo Giuseppe Argirò a consolidare la presenza su tutta la filiera delle rinnovabili dopo che lo scorso dicembre, in quest'ottica, era stato mosso un passo importante con l'acquisto di Sistemi Rinnovabili”. Ma sono importanti i dati che dimostrano lo sviluppo: “Numeri alla mano, il gruppo oggi può contare su 934 MW di idroelettrico (gli storici impianti in Valle d'Aosta, per alcuni dei quali il piano prevede un potenziamento), 54 MW di solare e 157,5 MW di eolico. In tutto, dunque, 1,2 GW già a terra, a fronte tuttavia di un portafoglio ben più ampio: 194 MW di progetti fotovoltaici autorizzati, oltre 1.100 MW in fase di sviluppo e una pipeline superiore a 3.100 MW. Questa sfilza di numeri si traduce al 2027, in circa 2 GW complessivi distribuiti in tutto il Paese. Il concetto chiave è la maggiore diversificazione, geografica e tecnologica: l'idroelettrico cala dal 79% al 48% del totale, il solare arriva al 35%, mentre agrivoltaico ed eolico si attestano rispettivamente al 5% e al 12%. Da piano è prevista anche la valorizzazione sul mercato di ulteriori 400 MW di rinnovabili già autorizzati. « L'idea è puntare molto sulla crescita endogena, ovvero mettere in piedi l'architettura di una business unit verde che ci consenta di presidiare tutta la catena del valore: origination, permitting, realizzazione e gestione impianti», fa notare Argirò, sottolineando come lo sviluppo di solare ed eolico consenta una cruciale «diversificazione del rischio delle fonti, raggiungendo un modello di offerta di generazione elettrica base load». In parole povere, il portafoglio di Cva consentirà di coprire la richiesta di elettricità in qualsiasi momento della giornata, che ci sia vento, pioggia o sole”. Ma anche i soldi contano e valgono molto per la Regione autonoma: “A livello di bilancio al 2027 è stimato un Ebitda di mezzo miliardo circa (dai 295 milioni di fine 2022), mentre l'utile atteso è di circa 250 milioni (da 164 milioni). Su arco piano tutti i profitti dovrebbero arrivare a 1,2 miliardi, di cui 470 milioni da destinare come dividendo alla Regione Valle d'Aosta, socio totalitario di Cva con il 100% del capitale. La posizione finanziaria netta, infine, si attesterà a 396 milioni, ovvero 0,8 volte l'Ebitda. A livello industriale Cva prevede anche il consolidamento e lo sviluppo della business unit relativa all'efficienza energetica e investimenti sulle reti, visto che l'obiettivo «è anche dare un rilevante contributo al contrasto al cambiamento climatico ed alla sicurezza energetica nazionale», conclude Argirò”. Certo bisogna in contemporanea giocare una partita importante con la scadenza delle concessioni ora prevista nel 2029, che potrebbe significare l’incognita delle gare, che molti Paesi europei hanno scelto scientemente di non effettuare a tutela di un settore strategico. Dappertutto si è sottolineato l’impatto assai rischioso di cadere in una sorta di lotteria nel settore idroelettrico assai inquietante per la sovranità energetica italiana ed europea (ci ragionino le autorità comunitarie!) anche per i territori come quello valdostano - Regione alpina per eccellenza - che hanno nelle acque una propria ricchezza.