Si è aperta una discussione nel Comitato delle Regioni, per via di un parere da formulare su di un documento della Commissione europea, sull’idrogeno. Il tema è complicato, ma decisivo per una realtà come quella valdostana ricca di produzione idroelettrica e, con CVA, pure attiva sul mercato delle altre rinnovabili prodotte con il vento e con il sole. L'idrogeno verde che si potrà produrre attraverso l’utilizzo di queste risorse rappresenta la variante pulita dell'idrogeno: non è presente in natura e si produce solo attraverso le fonti rinnovabili, a seguito del processo di elettrolisi. Idrogeno verde che nella successiva trasformazione produce energia e vapore acqueo, senza generare effetti inquinanti. Una scelta decisiva per ridurre le emissioni in atmosfera e contribuire, come tema cardine, a contrastare il cambiamento climatico. Tuttavia, non tutto l’idrogeno è pulito. L’unico sostenibile è quello appena citato, che viene identificato con l’appellativo di “verde”, in quanto si ottiene dall'elettrolisi dell'acqua usando solo elettricità prodotta da fonti rinnovabili, come il fotovoltaico, l’eolico o l’idroelettrico: si definisce “verde” proprio perché si distingue dall’idrogeno grigio e blu. Il grigio viene prodotto attraverso lo steam reforming del metano, un trattamento termico al alto impatto ambientale in cui il vapore ad alta temperatura viene utilizzato per dividere il gas metano ad alta pressione rilasciando grandi quantità di anidride carbonica. Il blu, invece, è ottenuto sempre attraverso lo steam reforming del metano, e dunque tramite un processo che utilizza fonti fossili, ma ha un minore impatto sull’ambiente perché implica la cattura - da quel che ho capito non è così banale - delle particelle di CO2 che non vengono così disperse nell’atmosfera. Aggiungo che ci sono anche l’idrogeno nero derivato da carbone e gasolio e quello viola dal nucleare, ma non mi dilungo. Insomma: per motivi ecologici e di buonsenso bisogna puntare su quello verde e valorizzarlo sul mercato per le sue qualità davvero green, come si dice con un termine alla moda. La Valle d’Aosta può essere in prima fila. Lo dimostrano due progetti finanziati dal PNRR. Il primo assegnato a due soggetti promotori: la Cogne nel settore siderurgico e l’altro a CVA sempre per produrre l’idrogeno verde. Si aggiunge la costruzione di un distributore per l’idrogeno nella zona dell’autoporto di Pollein. In un primo giro d’orizzonte cui ho partecipato l’interrogativo era: “Quali sono i principali ostacoli che impediscono agli enti locali e regionali di promuovere la produzione di idrogeno verde?” Io, in sintesi, ho risposto che bisogna che in Europa si lavori sulla filiera di “utilizzatori” da affiancare alla produzione di idrogeno verde da attivare. È necessario coinvolgere i potenziali utilizzatori e facilitarne la transizione (es. acquisto di automezzi a idrogeno; realizzazione di stazioni di rifornimento). Non bisogna nascondere il prezzo ancora troppo elevato dell’idrogeno verde rispetto agli altri vettori energetici (si può agire penalizzando l’utilizzo di fonti fossili, come avviene ad esempio in Svizzera, o agevolando con incentivi la produzione di idrogeno verde, o entrambe). E poi la normativa è ancora troppo complessa e non chiara in termini di autorizzazioni e di apprestamenti di sicurezza, che deve necessariamente avere un carattere comunitario. Infine - utile per i mezzi pesanti che attraversano le Alpi - vanno chiarite le regole nell’attraversamento dei trafori per ragioni dovute ai rischi legati all’idrogeno che è estremamente infiammabile e questo potrebbe essere penalizzante nell’obiettivo di creare dei “corridoi europei” per il trasporto a idrogeno dei TIR contro l’inquinamento ambientale. Ma le ambizioni valdostane nell’idrogeno rischiano di essere frustrate dai ritardi nelle scelte dell’Italia. Riporto quanto scritto da un esperto, Livio De Santoli, Presidente del coordinamento Free, che è il Coordinamento Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica raccoglie più di venti Associazioni: “Secondo uno studio condotto dal Rina (ndr: società specializzata nel settore energetico), l'installazione di elettrolizzatori pianificata in Italia è di venti volte inferiore rispetto agli obiettivi proposti dall'Europa per il 2025. Inoltre, in quei settori dell'economia dell'idrogeno in qualche modo attivati (come i distributori), si vorrebbe tormare indietro sottraendo le scarse risorse ad essi destinate dal PNRR per installare 40 distributori. Senza distributori non partirà la filiera della mobilità a idrogeno né nel trasporto pubblico (autobus, treni etc.) né in quello privato, nonostante la disponibilità sul mercato di ottimi autoveicoli come la Toyota Mirai o la Hyundai Nexo che a Parigi circolano normalmente per la cooperativa di radiotaxi Hype fin dal 2015 con 600 vetture. In mancanza di questi fonda-mentali, sarebbe pura teoria elaborare un piano per sviluppare tutta la filiera, quello che la strategia europea chiama l'ecosistema dinamico dell'idrogeno: utenze (taxi, flotte di autobus, flotte aziendali private ecc.), infrastrutture (distributori, impianti di produzione di idrogeno verde), tecnologie (aziende di produzione di elettrolizzatori, com-pressori, erogatori, sistemi di accumulo ecc.). Una filiera che darebbe nuova linfa al settore industriale italiano, in assenza di competitor organizzati stranieri, altro elemento contro la volatilità dei mercati del combustibili fossili”. Più avanti la proposta che le Regioni devono spingere contro l’inerzia del Governo: “Reiteriamo la nostra proposta: per l'Italia si potrebbero supporre i seguenti obiettivi: al 2024 (ma siamo già in ritardo) lin-stallazione di almeno 600 megawatt di elettrolizzatori per l'idrogeno rinnovabile e la produzione fino a 80-100 mila tonnellate di idrogeno rinnovabile e, tra il 2025 e il 2030, 3 gigawatt di elettrolizzatori per l'idrogeno rinnovabile e la produzione tra 800mila e un milione di tonnellate di idrogeno rinnovabile. Come si vede, occorre urgentemente individuare una strategia che introduca forme di Incentivazione nella produzione di idrogeno e comprenda la realizzazione di una domanda adeguata”. Già, senza domanda e offerta che si incontrano la strada si farebbe impervia. Spero di aver tratteggiato alcuni aspetti di una sfida rilevante per noi valdostani.