Il cambiamento climatico è un tema da mantenere in cima ai nostri pensieri, quando si ragiona sul futuro delle Alpi e naturalmente della Valle d’Aosta. Ricordo alcune conseguenze di questo fenomeno, che mai ha avuto una velocità così terribile e un’incidenza umana così rilevante ed evidente in barba a chi continua ad essere negazionista per ignoranza. Il cambiamento climatico sta avendo diverse conseguenze sulle Alpi, molte delle quali sono già visibili e altre potrebbero manifestarsi in futuro. Ecco alcune delle principali questioni. Riduzione dei ghiacciai, visto purtroppo con i miei occhi, dove sono salito con tamponi oggi è pietraia. A causa dell'aumento delle temperature, le calotte glaciali delle Alpi stanno perdendo massa in modo significativo. Questo ha per cominciare un impatto sulla disponibilità di acqua, sull'habitat degli animali e della flora che dipendono dai ghiacciai come riserva di acqua. Vi e poi la serie degli eventi meteorologici estremi: mai avrei pensato di vedere i vecchi temporali trasformati in simil monsoni. Questo aumento di eventi meteorologici estremi innesca inondazioni, valanghe in zone mia viste, frane che minacciano zone abitate e vere e proprie tempeste. Questi eventi possono causare danni alle infrastrutture, alle comunità locali e all'ambiente naturale. Assistiamo poi all’impatto sulla vegetazione e l’incisione sugli ecosistemi. Le temperature più elevate influenzano la distribuzione e la composizione della vegetazione alpina e lo ai vede dalla vite e dagli ulivi, per citare due casi. Le specie vegetali che dipendono da condizioni di freddo e umidità specifiche potrebbero trovarsi in difficoltà, mentre altre specie invasive se non persino pericolose su stanno espandendo. Questo può alterare gli ecosistemi e la biodiversità sulle Alpi con scomparsa anche di specie animali, tipo la sofferenza di stambecchi e difficoltà per pernice bianca o lepre variabile. Vi è poi il tema dei corsi d'acqua e, nel caso valdostano, l’alimentazione dei Ru che servono alle zone dell’Envers. Questo perché - come dicevamo - l’aumento delle temperature provoca lo scioglimento dei ghiacciai contribuisce all'aumento del flusso d'acqua nei fiumi alpini e in prospettiva al rischio di periodi di prosciugamento. Questi cambiamenti nel regime idrologico, avranno conseguenze sulla disponibilità di acqua per uso umano, agricoltura e sulla produzione di energia idroelettrica e per questo fa bene la nostra CVA a puntare fuori Valle su eolico e fotovoltaico a vantaggio dei finanziamenti per la Valle derivanti da queste produzioni di energia pulita. Segnalo ancora l’impatto sull'agricoltura e sull'economia locale. Come già accennato, i cambiamenti climatici possono influenzare le attività agricole e l'economia delle regioni alpine. Le colture possono essere soggette a nuove sfide, come periodi di siccità o piogge intense, che possono compromettere la produzione agricola e influenzare pratiche tradizionali estive come l’alpeggio. Inoltre, il turismo alpino, che è una fonte importante di reddito per molte comunità locali, potrebbe a certe quote risentire degli effetti del cambiamento climatico, ad esempio a causa della riduzione delle nevicate invernali e su questo bisogna lavorare senza drammatizzazioni, perché alle quote più elevate la neve ci sarà. Questi sono solo alcuni esempi delle conseguenze del cambiamento climatico sulle Alpi. Dovendo sintetizzare in slogan persino troppo alla moda: è importante adottare misure per mitigare l'impatto e adattarsi a queste sfide, riducendo le emissioni di gas serra e implementando politiche e pratiche sostenibili sin da ora e non inseguendo le emergenze al loro apparire. In questo modo si vola alto e se esistono responsabilità personali nel proprio stile di vita, ce ne sono anche per le comunità come la nostra e quelle di tutte le Alpi, ma senza una politica globale le temperature aumenteranno con esiti sempre peggiori. E la macchina del cambiamento ormai è destinata a non arrestarsi, anche se si prendessero ora le misure più drastiche possibili. Per cui spetta a noi oggi e non domani assumere le decisioni per prepararsi e adattarsi, sperando naturalmente che il mondo intero acquisisca consapevolezza dei rischi. Ne abbiamo discusso qualche ora fa in un incontro a a Macugnaga con il mio vecchio amico, il climatologo Luca Mercalli, mischiando il tema con l’altrettanto, tema sconvolgente per la montagna, crollo demografico. Luca segnala un’opportunità che può pure diventare un pericolo senza politiche adatte. Le grandi città della pianura padana avranno fra 30 anni temperature pazzesche nelle stagioni calde, arrivando - secondo le previsioni - a punte di 35-40 gradi, se non peggio (già viaggiavamo in queste ore in pianura sui 33!). Intanto le zone costiere saranno gravemente erose, creando zone inabitabili ad esempio in vaste zone sull’Adriatico. Le montagne, con temperature meno terribili e spazi vitali meno compromessi, potranno essere oggetto di spostamenti di popolazione a compensare gli abbandoni avvenuti nel tempo in molti paesi in montagna e il crollo delle nascite. Ma come regolare questo fenomeno? La questione, in modo previsionale e con le opportune azioni e contromisure, si gioca pensandoci oggi e non rinviando a quando avverrà. Senza drammatizzare ma con realismo, si tratta nel caso valdostano di una sfida epocale da affrontare nel rispetto delle comunità locali e della nostra autonomia.