La vicenda del Traforo del Monte Bianco e il suo destino, prima della recente emergenza con la chiusura del Fréjus per frana e la possibile chiusura dello stesso tunnel fra Courmayeur e Chamonix, ha avuto una forte risonanza in Italia. Fatto positivo per chi conosceva il caso e ha visto con piacere che a gettarsi sul dossier sono stati molti sinora silenti e distratti e che a breve torneranno ad esserlo. La questione ha avuto pochissimo peso sui media francesi rispetto al battage italiano e questo dimostra una diversa sensibilità sul tema, per usare un eufemismo. Dopo il rinvio saggio di un anno di lavori - ma con chiusure programmate per qualche messa in sicurezza inderogabile di cui già si sapeva - e accertate le circostanze, si tratta ora di inquadrare il futuro dei collegamenti fra Francia e Italia nel quadro ben più vasto delle strategie dei trasporti di livello europeo e questo è un punto nodale, perché i poteri comunitari sulla Rete Transeuropea dei Trasporti ci sono e sono decisivi. Non credo che sarebbe concepibile una logica di contrapposizione con i francesi con cui bisogna collaborare, così come le comunità locali - valdostani compresi - devono essere partecipi rispetto ad un tema complesso da negoziare. Sono due concetti elementari. Sul primo e cioè rapporti bilaterali non brillanti, specie per il post dichiarazioni del Presidente Giuliano Amato su Ustica, che sono state benzina sul fuoco della polemica con la Francia, la strada impervia era già stata segnata da una serie di tappe precedenti. Il Presidente Marcon e il Presidente Meloni (al maschile per sua scelta) si sembrano a tratti non capirsi e questo spiace, pensando agli spunti utili anche per la Valle d’Aosta di quel Trattato del Quirinale, che si chiama così, come il palazzo presidenziale di Roma, proprio per l’impegno del Presidente Sergio Mattarella. Ci sono state, giorno fa, parole sagge del valdostano geopolitologo (si potrà usare il neologismo?), che a Repubblica ha commentato in questo modo con sintesi efficace: ”La strage di Ustica è una tragedia nazionale che ha implicazioni geopolitiche, e in quanto tale richiede un lavoro memoriale comune insieme alla Francia”. Inquadrando poi questo casus belli in una considerazione più generale che condivido: “Riprendo l’immagine che una volta mi ha consegnato un diplomatico. Sostanzialmente ci sono due Paesi che hanno lo stesso biglietto di seconda classe, l’Italia e la Francia. Per una serie di ragioni storiche, un Paese pensa di viaggiare in prima classe mentre l’altro ha l’impressione di essere relegato in terza. Questo sentimento di superiorità da una parte e di inferiorità dall’altra è un meccanismo complesso da scardinare”. Lo si vede anche, evitando la banalità degli scontri calcistici, in certa ruggine popolare verso i cugini d’Oltralpe, che certo non mi appartiene, ma che in Italia emerge spesso in ambiti diversi. Gressani precisa: “Di certo esiste l’esigenza di articolare due spazi politici nazionali sempre più integrati. Da una ventina d’anni si è accentuata la convergenza tra Roma e Parigi. Se prendiamo le dieci priorità nazionali, più della metà sono comuni. Non si può dire la stessa cosa per la Francia e la Germania, e neanche per l’Italia con la Germania. Macron gioca già un ruolo nell’immaginario politico italiano, e lo stesso vale per Meloni in Francia. Ecco, forse le parole di Amato sono un’occasione per cercare di accelerare questo processo. Anche se, va detto, può essere difficile accelerare guardando nel retrovisore”. Un giorno, con calma, racconterò come le incomprensioni che oggi si manifestano sul raddoppio del Traforo del Monte Bianco già erano vive negli anni Cinquanta del secolo scorso, quando si scelse di deciderne la costruzione e molti mugugni e persino dei niet ci furono da parte francese. Sembra quello che sta avvenendo ora… Seconda osservazione: le comunità locali e il loro ruolo. Ho notato in certe dichiarazioni fastidio per il fatto che i valdostani rivendichino di dire la loro sul tunnel. Chi sostiene che si tratti di scelte che non devono coinvolgerci ha una strana concezione della democrazia e una punta di atteggiamento colonialista. Le discussioni e i confronti, che possono andare dal raddoppio sulla stessa direttrice ad un nuovo tunnel di base intermodale, servono proprio per evitare che le incomprensioni diventino proteste e perciò è saggio trovare i giusti equilibri. Altrimenti qualunque scelta si operasse sarebbe un azzardo.