È interessante e parimenti tragico che a Firenze abbiano bloccato un Tizio che voleva bruciare la ex moglie, dicendole “ti faccio fare la stessa fine delle altre”. Esiste nel tragico susseguirsi di donne uccise, in una logica complessa in cui si sommano molte storie personali e l’evidente orrore verso chi ammazza, un processo imitativo che deriva anche dagli eccessi di narrazione di certi delitti. Così quella frase colpisce, perché il riferimento alle “altre” sembra aver inciso in chi ha deciso di ammazzare con un procedimento identificativo con chi ha già compito delitti simili verso mogli, compagne, fidanzate. Guardo raramente certa televisione, quella tipo “Chi l’ha visto?” e quei contenitori pomeridiani far sangue e melassa, la cui logica oscilla fra cronaca nera e cronaca rosa, processi fuori dall’aula dei Tribunali e indugio su particolari macabri, ma trovo che ci sia una specie di deriva, specie nella tv generalista che ha ormai tipologia di ascoltatori che amano il genere e, visto che sono sempre meno, vanno tenuti stretti, assecondandone i gusti. Lo psichiatra Vittorino Andreoli in un’intervista a La Stampa di qualche tempo fa, realizzata da Flavia Amabile sul caso di uno dei casi di uccisione, osservava acutamente: ”La morte ha perduto ogni dimensione del mistero, della sacralità, del punto interrogativo. (…) La morte è diventata un mezzo per sbarazzarsi di un ostacolo. Poiché questa ragazza gli creava dei problemi il fidanzato l’ha uccisa”. Riflessione che fa venire i brividi, cui lo stesso Andreoli aggiunge un aspetto rispetto ad un meccanismo di delitto che somiglia a certe violenze da videogioco: “I videogiochi spesso si fondano sulla quantità di eliminazioni di immagini umane. Però ci sono anche degli altri elementi da prendere in considerazione. Il tempo, per esempio. Come in un videogioco, la vita viene percepita come una serie di momenti distanziati l’uno dall’altro. Non si va oltre quello che interessa oggi o il fine settimana o, al massimo, le vacanze. Non c’è il futuro, c’è un empirismo esistenziale che è totalmente amorale. Il giovane, infatti, non percepisce l’etica la differenza tra un modo di vivere correttamente e un altro che non è accettabile, quindi non ha avuto la sensazione di aver fatto qualcosa che non avrebbe dovuto fare. Non prova alcun senso di colpa, ha solo eliminato un problema. Sono elementi purtroppo diffusi e comuni". In fondo una banalizzazione che accomuna la vita come la morte con una perdita di percezione della realtà, senza per questo rifugiarsi nell’alibi della follia o del raptus. È ancora Andreoli con un pensiero profondo: ”Si è persa completamente la percezione dell’amore. L’amore che noi definiamo come una relazione che aiuta a vivere è un’acquisizione nell’evoluzione delle specie, fa sentire il bisogno dell’altro ed è una prerogativa del genere umano. Tutto questo non c’è più, è scomparsa la cosa più straordinaria, la relazione d’amore in cui uno vuole fare tutto per l’altro, che prova piacere nel generare piacere nell’altro. Adesso, invece, è un’esperienza che non ha la dimensione del tempo ma quella del consumo. È un rito che si brucia in modo estremamente rapido, basta che si dica “mi sono fatto quella””. Infine la parte forse ancora più dolorosa: “La donna è evoluta in questi 20-30 anni, ha fatto passi straordinari dal punto di vista affettivo, del ruolo sociale e del pensiero. L’uomo, invece, non è andato avanti. Avevo un’amica meravigliosa, Ida Magli. Mi diceva: “Vittorino, se il movimento femminista resta staccato dall’uomo non si riuscirà mai a raggiungere la parità anche dei sentimenti”. Oggi abbiamo da una parte le donne che possono dire: adesso è finita. Dall’altra ci sono questi omuncoli che non sanno stare senza le donne e non sanno affrontare le difficoltà dei rapporti”. Temo che questi aspetti siano terribilmente veri e la proposta finale di Andreoli tutt’altro che semplice nella sua realizzazione: ”Bisogna fare presto e cambiare completamente i principi dell’educazione. Bisogna insegnare ad affrontare le emozioni a spiegare che non siamo un “io” ma siamo un “noi”, la parte di una relazione, perché abbiamo sempre bisogno dell’altro. Purtroppo, invece, se c’è un settore che non funziona è l’educazione, si preferisce riempirci di poliziotti invece che investire nella scuola”. Certo bisogna fare di più e anche saper mettere la sordina agli eccessi di un’informazione voyeuristica, che rischia di agire come una miccia. Nessuna censura, ma buonsenso per evitare catene di delitti.